Diciamocelo: se una recensione inizia con “il peggior pasto degli ultimi diciott’anni, di tutta la mia carriera” ci facciamo attenti.
Se a scriverla è Jay Rayner, il critico del Guardian, tra i più arguti e accreditati del pianeta (in Italia è uscito da poco il suo “I dieci comandamenti del cibo”) siamo ancora più curiosi.
E se la vittima, soprattutto, è un tre stelle di Parigi – La Cinq, dentro al Four Seasons George V – allora corriamo a leggerla.
Le recensioni cattive piacciono sempre. Il sarcasmo è divertente. Le bastonate sono catartiche, come insegnava Pulcinella.
E se indirizzarle verso vittime indifese come fece Edoardo Raspelli definendo “il peggior piatto della mia vita” una capasanta preparata da un giovane cuoco in un tranquillo ristorante di provincia suona come un abuso di potere, quando invece sfida i grandi allora ci piace.
Se non avete voglia di leggervi tutto il pezzo uscito domenica scorsa (ma dovete farlo!) o se non masticate l’inglese, vi offro un paio di passaggi che hanno fatto scalpore.
Di un amouse bouche “sferificato” il Nostro scrive “sembra un impianto di silicone per le tette della Barbie” e la sua commensale commenta “pare di mangiare un profilattico abbandonato sul banco sporco di un verduriere”.
Di un piatto amaro, Jay dice “mi ha fatto arricciare le labbra come il culo di un gatto” e di un altro “ha l’aspetto nero, come gli incubi, ed è appiccicoso, come il pavimento a una festa di ragazzini”.
Infine, perfidia delle perfidie, Rayner affianca alle foto dei piatti fornite dal locale, tutte scintillanti, quelle fatte da lui col telefonino (cosa che gli era stata curiosamente proibita) con un esilarante effetto: “il prodotto raffigurato sulla confezione potrebbe non corrispondere a quello reale”.
Ha fatto bene? Ha fatto male?
Io penso che il sarcasmo sia un’arma pericolosa, ma capisco che se paghi 300 euro a cranio e hai tutti gli strumenti, come certo Rayner ha, per dire che hai mangiato di merda, servito di merda e ti senti preso per il culo, la brandisci come un’ascia.
Il mio amico Marco, che mi ha segnalato l’articolo, suppone che sia un’operazione perché in Francia sta per uscire il nuovo libro di Rayner e questa recensione attira l’attenzione su di lui.
Io non saprei: conosco Rayner abbastanza bene da poter dire che non scriverebbe mai qualcosa che non pensa ma che è astuto come una volpe, e magari i tempi non sono scelti a caso.
Quel che è certo è che vi consiglio di leggerla: al di là di tutto, fa scassare dal ridere.