Una saliera. Un macinapepe. La forchetta da pesce. Un bicchiere con l’iniziale. Quando i ristoratori parlano dei “collezionisti” si notano forti analogie con la trama di Alien vs. Predator. I “collezionisti” sono… ehm, siamo noi, noi che sentiamo l’insopprimibile desiderio di rubare portar via cose non nostre. E attenzione: senza il minimo rimorso. Qualche giorno fa a Torino mi hanno raccontato un episodio illuminante. Un ristoratore salutava alcuni clienti quando dalle tasche del più giovane son caduti cinque (5!) cucchiaini da caffè in argento. Imbarazzato, ha provato a dire qualcosa ma il cliente lo ha preceduto spiegando che era tutto a posto: “Sa, sono un collezionista”. Niente scuse, niente di niente.
Ammettiamolo: accusare un cliente che ha appena pagato il conto del furto di 5 cucchiaini è una situazione delicata. Se lo cogli in flagrante è diverso. Ma anche in quel caso come ti comporti? Non puoi ispezionare le borse dei clienti che escono dal ristorante, non puoi interrogare tutti gli ospiti, non puoi dire: “scusi signora, non so come, ma al momento la nostra saliera si trova dentro la sua borsa”.
Ma tornando a bomba, perché portiamo via dai ristoranti cose che non sono nostre? Forse il fatto di pagare il conto ci autorizza a credere che tutto sul tavolo sia a disposizione, un po’ come per gli asciugamani degli alberghi. Forse pensiamo che il posacenere con l’iniziale del ristorante sia un oggetto pubblicitario.
Nonsò, non è facile da spiegare.
Immagino le fantasie dei ristoratori, che come in un episodio di Law & Order, sognano di trascinare i clienti in tribunale per confessare in lacrime che sì, sono stati loro a rubare il macinapepe. Senza che nessun avvocato riesca a salvarli dalla pena di ripagarlo, collezionista o no.
PS. Attendesi fiduciosi confessioni di piccoli-medi furti, incluse spiegazioni pseudo-sociologiche sul perché e percome rubiamo al ristorante.
[Immagine: Viaggiatore Gourmet]