La Ciociaria era una delle zone preferite dai romani che volevano andare “per tagliatelle”. I piatti abbondanti spingevano molti buongustai ad arrampicarsi su queste colline per la classica gita fuori porta. Nel 1988, ad Acuto, piccolo paese a settecento metri di altezza fra i monti Ernici, Salvatore Tassa ha preso per mano la trattoria di famiglia, trasformandola da meta preferita dei camionisti di passaggio nella zona a punto di riferimento della ristorazione laziale. In questa antica casa di campagna Salvatore tradisce la sua vocazione di architetto, “mancato” per pochi esami, mescolando con sapienza arredi classici e pezzi contemporanei. Sopra lo splendido pavimento in cotto, originale del settecento, corrono simmetrici due lunghi steli di lampade “Flos” che disegnano due grandi archi d’acciaio. Salvatore Tassa è stato fra i primi in Italia a regalarsi una fiammante cucina “Molteni”. Ora è di gran moda solo che lui l’ha pagata in lire. Personaggio istrionico, mancato architetto, filosofo, sassofonista, è soprattutto un “cuciniere”, come ama definirsi.
Orgoglioso delle sue origini ciociare, la cucina del ristorante affonda le sue radici nella semplicità contadina pur strizzando l’occhio, di tanto in tanto, a sapori e cotture di luoghi lontani. In sala ci sono i suoi due figli, Giovanni e Walter. Il primo accompagnerà il mio pranzo con una selezione di vini provenienti da piccoli produttori locali. L’acqua? della vicina Fiuggi chiaramente.
Due menù degustazione in carta, da 75 e 90 euro. Si comincia con una sfoglia di polenta croccante che mi viene servita in attesa dell’antipasto che si materializzerà ben presto in un gustoso ”bon bon di cipolla con zafferano dell’Aquila”, cui seguiranno dei “ravioli di pinoli e brodo aromatico di rosmarino”, precisa lo chef: “cucinati con i prodotti del mio orto”. Si cambia continente, le cotture del lontano oriente approdano in Ciociaria con “i gamberi rossi thay con erbe locali”, l’unica vera nota stonata del mio pranzo. I gamberi, così come le erbe, perderanno notevolmente di consistenza a causa di una cottura troppo prolungata.
“Il cioccolatino di lingua e acciuga”, invece, riporterà il mio indice di gradimento verso l’alto. Sono in arrivo i due piatti da non perdere alle “Colline ciociare”. Il primo è “la cipolla fondente cotta nel sale”, mangiata tutto d’un fiato fino a ritrovarti con il cucchiaino a grattare la parete interna della cipolla che la cottura ha reso rigida. L’altro piatto spiega, senza possibilità di replica, perché questo ristorante è uno dei migliori indirizzi laziali. I “cannoli di polenta con ricotta e gelato di polenta” non è un piatto facile soprattutto perché gioca con ingredienti dalle temperature diverse. Lo sa Salvatore Tassa, infatti si avvicina al mio tavolo con un sorriso sornione. Anche la carne non delude. Il “trancio di fagiano con il suo brodo ai pistacchi verdi” supera la prova del sapore.
Una bella trovata il pre-dessert, non il solito banale sorbetto, ma una “granita di mela verde, assenzio, crema di olio d’oliva e zucchero di canna”. Dei due dolci la “crema di caki e gelato alla vaniglia tahiti” è quello che riordinerei.
Dal mio tavolo, vicino alla grande vetrata, si ha una suggestiva veduta dall’alto sulle colline ciociare, luoghi ricchi di storia. Si sono scritti tanti libri su questa terra, si sono prodotte pellicole che hanno fatto la storia del nostro cinema. Moravia e De sica su tutti hanno ben raccontato questi luoghi ma la pagina più bella della ciociaria gastronomica l’ha scritta Salvatore Tassa da Acuto, professione “cuciniere”.