Antonella, una lettrice di Dissapore, ci manda il suo interessante commento a un post di qualche tempo fa: “I bambini al ristorante sono un problema vecchio che non invecchia veramente mai“.
Rivelazione! Comincio col dire che all’età di 31 anni, ancora, non ho figli. Che di per sé, immagino rappresenti un buon motivo per convincere molti genitori a cliccare sul pulsante “INDIETRO” del browser borbottando il classico: “prima provare poi parlare”. Cliccate pure, genitori ipocriti! C’è sicuramente un lattante nel vostro soggiorno, e lo sta distruggendo in questo preciso momento, occupatevene forza, e sia detto senza rancore. Non ho figli, è vero, ma ci sto pensando. Spesso. Negli ultimi anni, ho consumato tutta la forza degli ormoni con un solo obiettivo in mente: produrre bambini. E ora che ho incontraro l’uomo con cui farlo (ma non subito! Non fatevi viaggi, gente) l’argomento è diventato ancora più pertinente.
Purtroppo, e per questo devo ringraziare anche Dissapore e i suoi lettori, secondo una miriade di fonti, avere bambini è il modo più rapido per scivolare in un oblio proverbiale. Niente più sonno! Niente più libertà! La perdita completa dello stile di vita che noi, e per “noi” intendo soprattutto “giovani professionisti della classe medio-alta con la laurea e abbonamento al Gambero Rosso”, (okay, abbonamento non rinnovato), apprezziamo con vigore. Finiti per sempre i weekend alcolici, le maratone di Sky Calcio Show, e i pellegrinaggi bi-settimanali nei ristoranti consigliati da Stefano Bonilli. Proibite per sempre le libertà e le comodità e le indulgenze della vita moderna.
Le spese! Non dimentichiamo le spese! Ci costerà centinaia di migliaia di euro, se non milioni, crescere anche un solo bambino — soldi che dovrebbero spingerci a non procreare, soldi che (gasp!) potremmo spendere in innumerevoli cose, tipo qualche superfluo gadget di Apple, o una stanza piena di uova di Parisi. O semplicemente non guadagnarli affatto, fingendo di credere che “la vera ricchezza” sia “il tempo libero” come vorrebbe farci credere la stentata economia che ci è toccata in sorte. Tra mancate agevolazioni fiscali per i genitori e aumento dell’inflazione i potenziali fabbricatori di bambini rischiano tutti di vedere le loro finanze sparire, puff, per colpa della gestazione di un feto.
E naturalmente c’è la fatica di prendersi cura del sopraccitato essere umano che all’inizio manderà segnali attraverso i suoi bisogni più elementari. Accudirlo, nutrirlo, lavarlo, fargli fare il ruttino, ecco cosa rimpiazzerà la serenità della spesa da Eataly, o gli stimoli di una discussione su Dissapore. In quanto genitori del bambino (siamo nell’era della collaborazione tra sessi, vero?) realizzeremo che cambiare pannolini sottrae molto tempo alla lettura dei blog o a preparare ricette a base di quinoa.
E poi verranno quel disperato bisogno di sentirsi dire “hai fatto bene”, l’inevitabile abbonamento a Disney Channel, la stupidaggine dell’adolescenza, la possibilità concreta di crescere un perfetto idiota.
Sì, ci sono miriadi di ragioni per non procreare. Eppure miliardi di noi continuano a farlo. E quelli di noi che leggono e scrivono blog come questo il più delle volte lo fanno volentieri. Perché?
Dimenticano forse che “i bambini non sono costruiti per stare a tavola delle ore”, come si diceva da queste parti, e quando andiamo al ristorante non dobbiamo “imporli agli altri”? E in definitiva che certi posti sarebbe bene dimenticarli perché tanto “i bambini al ristorante sono un problema vecchio che non invecchia veramente mai specie d’estate quando fa caldo”.
Beh, io ho deciso di correre il rischio, andrò nei posti che amo con il mio bambino rischiando di prendermi qualche accidente. Perché voglio partecipare a un gioco più grande, e iscrivermi alla continuazione della specie. Dopo tutto, anche noi siamo solo bambini cresciuti.
[Fonti: Dissapore]