Da bambino c’erano i cremini, i pinguini, i ricoperti di cioccolato, poi il concertino e il croccantino: praline a ricoprire fiordilatte che nascondeva un cuore di sciroppo denso all’amarena. Il Magnum è venuto dopo, con tutta la carica lussuriosa della copertura che faceva crock tra le labbra di angelinejolie con i capelli al vento. Croccantino di foie gras e aceto balsamico tradizionale 40 anni, così lo chef Massimo Bottura ha chiamato un non-gelato, ponte spazio-temporale tra infanzia e presente, tra innocenza e peccato, tra nord e sud passando per la sua Modena. Croccantino, attenzione, non magnum: la perversione si nasconde dove meno te lo aspetti.
Da bambino cercano di insegnarti che non si chiudono gli occhi mentre si mangia: ma ti viene spontaneo se addenti quel croccantino e chissenefrega se gli altri ti hanno visto, o forse hanno chiuso gli occhi anche loro. Dolce salato, morbido croccante, ossimori gustosi che non ti avvertono, stramaledetti, dell’aceto balsamico che ti scapriola la memoria spaparanzandola sul letto sfatto del tuo sistema limbico, amigdala e ippocampo compresi. Riapri gli occhi, reset: hai uno stecco in mano.
Da bambino cercano di insegnarti che non si succhia lo stecco del gelato e tantomeno che lo si possa usare per drenare un piatto malauguratamente solcato da straordinarie striature balsamiche. Da grande lo fai, senza ritegno.
Da bambino cercano di insegnarti la coerenza: non ami il foie gras, non apprezzi certi metodi, speri che siano adottati sistemi incruenti e rispettosi. Ebbene non sono stato coerente, lo ammetto… ma qualcuno mi spieghi come cavolo potevo fare per arrivare al cuore, dolce e vellutato, dell’aceto balsamico e della mia sfrontata felicità.
Immagine: La grande abbuffata