Come scrivere di ristoranti, cosa dire e cosa no

Proprio quando un’altra sbadigliosa richiesta di consigli per critici in erba (“ciao, sono estremamente appassionato di ristoranti, frequento il master in giornalismo gastronomico tal dei tali, volevo chiedervi come si scrive la recensione di un ristorante, qual è il metodo”), intasava la nostra casella di posta, bang! — la folgorazione. Perché non imbastire un post della serie “il blog è un socialcoso”, lasciando decidere a chi legge cosa scrivere di un ristorante e cosa no? Il “te lo dico io time” di Dissapore è organizzato in 6 punti, al vostro buon cuore aggiungerne altri.

1) Rece negative. Sì o no.
2) Scrivere responsabilmente. Sì o no.
3) Anonimato. Sì o no?
4) Eccesso malato e pornografico di dettagli. Sì o no?
5) Il voto. Sì o no?
6) Autorevolezza. Sì o no.

IL RAPPORTO CON GLI CHEF TIPO RED E TOBY NEMICIAMICI

Rece negative. Sì o no?
(1 A) Metodo Allan Bay, (meritatamente) noto per una fortunata serie di libri di cucina for dummies, che scrive solo recensioni positive, cioè, semplicemente, segnala solo locali che gli sono piaciuti.
(1 B) Oppure metodo Valerio Visintin, reporter dai ristoranti per il Corriere della Sera, che scrive spesso recensioni negative, a volte feroci, e invariabilmente spassose.

Scrivere responsabilmente. Sì o no?
(2 A) Rispettiamo le persone che lavorano dando il massimo, dal ristorante dipende il loro sostentamento. Se sbagliano non usiamoli come bersaglio, offriamo una seconda possibilità.
(2 B) Però scusate, io non vi capisco, se mi trovo male in un posto che costa come una manovra economica perché non ho il diritto di scriverlo? Anche un film è business, dalla sua sorte dipende il futuro del regista, eppure le stroncature sono all’ordine del giorno.

Anonimato. Sì o no?
(3A) Essere sconosciuti o rendersi irriconoscibili per giudicare un ristorante senza il cerimoniale di attenzioni riservato ai critici, questo conta. Ritorna in scena Valerio “Primula Rossa” Visintin, l’uomo che ha fatto presentare la sua guida da 5 signori con baffoni finti pur di non svelare la sua identità.
(3B) Fregarsene di queste pratiche tribali, incluso il vezzo di usare nomi farlocchi al momento della prenotazione. Questa è l’era dell’Internez, con il tasso di feisbucchismo alle stelle e le foto segnaletiche dei critici nelle tasche del personale, perché persone sane di mente dovrebbero autoinfliggersi una vita di sotterfugi e ridicoli travestimenti?

Eccesso malato e pornografico di dettagli. Sì o no?
(4A) Va bene l’era dell’Internez, ma non staremo esagerando? Prima di vivisezionare ogni istante della cena chiediamoci come si sentono i vivisezionati. E l’effetto sorpresa dei piatti? Praticamente azzerato. Ci sarebbe poi il fastidio dei commensali, precipitati da telefonini e fotocamere in una specie di set cinematografico. E insomma, qualcosa nelle recensioni dei foodblogger, i grandi colpevoli, deve cambiare.
(4B) Vi ricordate quando alla eonesima descrizione di un piatto, il nostro ormone impazzito chiedeva alle guide di carta almeno una foto, anche minuscola, per capirci qualcosa? Preistoria! Dalla bellezza dell’informazione boccone dopo boccone non si torna indietro. Per fortuna!

Il voto. Sì o no?
(5A) Ufficialmente non lo ama nessuno, ma santa pace, chiedetelo a chi deve vendere le guide dei ristoranti: tira più un voto che ennemila parole.
(5B) Piantiamola, i ristoranti non si votano, si raccontano. Storie, descrizioni, atmosfere, impressioni, non qualche stupido numero che impedisce al lettore di fare il suo mestiere: leggere. (Lui invece si fa bastare il voto).

Autorevolezza. Si o no?
(6A) Scrive solo chi conosce Larousse Gastronomique cottura per cottura. “Pretendi di parlare di me”, chiede fleshato il ristoratore appena stroncato dal foodblogger, “allora dimmi cos’è un poulet de Bresse? Lasciate la critica ai critici e studiate, piccoli parvenù”.
(6B) Ma lo avete sentito Gaber? Libertà è partecipazione. Lo avete letto Rifkin? Questa è l’era dell’accesso. Documentatevi voi, chef permalosi, e fanc**o il poulet. Con licenza parlando, eh.

[Crediti | Link: Dissapore, Mangiare a Milano, Wikipedia, immagine: Flickr/Yougdoo]