Avrei voluto parlarvi della pasta di Arcangelo. Gli spaghetti migliori d’Italia, dice, e lo dico anche io assai indegnamente: quelli di Benedetto Cavalieri, a Maglie. Avrei forse voluto parlarvi del guanciale di Arcangelo, o del pecorino leggermente affumicato e affinato su misura. O del pomodoro a pezzi nella matriciana. Avrei forse dovuto parlarvi della colossale cantina, della bicchieraggine a cui puoi accedere a richiesta, con scelte di commovente integrità.
Avrei potuto parlarvi del pane, o addirittura del pane col pomodoro: pasta acida, la leggendaria farina di Marino, la lievitazione biblica. O probabilmente vi interesserebbe che vi parlassi di Arcangelo: un istrione di naturale, contagiosa empatia, travolgente gusto per le cose buone. Per l’immedicabile tensione alla ricerca, a costo dell’esasperazione. Potrei infine raccontarvi di Fiume, il piatto d’apertura: che a casa sua – di Arcangelo – vuol dire “figlio mio”, e che invece qui significa animelle cotte intere senza pudore alcuno, aringhe affumicate e buondì motta al posto del panbriòs.
(a proposito: per la pasta, ha ragione lui: va cotta poco. Pochissimo. Meno. Se non ci credi provala, e ascolta la botta di grano crudo nelle gengive, quando addenti. Ricorda la spiga raccolta nei campi, che raccoglievo nei campi quando avevo sei anni che, trebbiata e liberata dalla pula a mani nude, diventava una ciùingam fatta in casa)
Invece parlerò della trippa: bianca e soda, vellutata. La trippa in misura colossale, quasi una marea di sapore, una gelatina ricamata al tombolo, quasi un pizzo all’uncinetto. Quasi trasparente, così tremula da raccogliere il sugo setoso ed abbracciarlo, guidarlo. Esaltarlo. E una fogliolina di menta che s’infrange sulle grassezze naturali, rendendole leggere. Parlerò di una trippa scolpita nell’alabastro, allagata di un sugo svasato e largo, solo sottilmente speziato. Una trippa che rievoca giornate faticose di braccia e lombi, e promette ebbrezza e torpore, sazio come un rombo di timpani.
Da abbandonarsi e soccombere, senza farla lunga.
…………………………………………………………………………………………………………………………
L’Arcangelo
Via Gioacchino Belli 59, Roma
063210992
Degustazione Classica di cinque piatti, 50. Alla carta, di più. Con il fuà grà, ancora di più
Chiuso il sabato a pranzo e la domenica
………………………………………………………………………………………………………………………….