Sono da mesi sul punto di scrivere un post nel quale riversare tutto il mio sdegno verso i localini del quartiere San Lorenzo di Roma. Tipico quartiere universitario, San Lorenzo ha vissuto la storia in prima persona, ed oggi si fregia ancora dei segni dei bombardamenti, mentre una fascia di popolazione ricca e pseudointellettuale avanza veloce nelle insolite unità abitative dai prezzi proibitivi. Usciti dal portone, la sera, potete vedere una folla dall’idioma meticcio e sgrammaticato riversarsi nelle strade seguendo un pifferaio magico: l’aperitivo. Aperitivi a 8 euro, comprensivi di cocktail, o bevande in genere. Il ragionamento di convenienza del localaro (così chiamiamo a Roma quelli che vogliono arricchirsi senza fare attenzione alla qualità) è acuto ma non troppo, ma basta loro per arricchirsi il giusto. Anzi, l’ingiusto.
Pensiero dello sciacallo: “Se io propongo una cena a 10 euro invece dei 20/30 di una normale trattoria, trovandomi davanti uno scenario di guerra in cui dei poveracci devono mangiare il più possibile al minor prezzo possibile, straccerò tutti ed avrò molti più clienti”. Non importa se il cous cous alla fine assurge alla qualifica di piatto tradizionale di San Lorenzo, se il concassé (concassé… vabbè) di pomodoro ha i bordi macerati e l’odore di acido. Se quelle dita gonfie e bianche, sporche di pesto immortale, in realtà sono penne cotte tre ore prima. Se la menta del monito mojito è nera. Se poi mi sento male. Se la baguette del Todis, come il cous cous, oramai è una dop sanlorenzina. Se l’olio usato somiglia per viscosità all’olio abbronzante delle tardone in spiaggia al primo sole. Per non parlare delle tartine, quelle degli anni ’80. Proprio quelle di trenta anni fa: mummificate e con la maionese (hanno il coraggio di chiamarla così) traslucida. Nessun pericolo di salmonella, no, perché dell’uovo ha solo delle tracce.
La cosa che più mi faceva incazzare, fino a stamattina, erano i ragazzi che tutti i giorni si producono in mille complimenti per la mia cucina.”Grandi! Grande qualità” e bla bla bla. Dentro di me pensavo: si, si, tutti bravi, poi andate a fare l’aperitivo a tre soldi da quei mentecatti. E’ colpa vostra, meritate la merda che vi danno. Non capite un ca**o di cibo. Se voi la smetteste di finanziare questi mostri, loro sarebbero costretti a cambiare rotta.
Poi mi sono imbattuta in un articolo, nel quale è possibile leggere uno degli assurdi annunci di affitto indirizzati agli studenti:
“Offro a ragazza italiana max 30 anni posto in camera doppia. Vicinissimo all’università. Servizi saltuari da concordare. Sono un giovane sano e pulito”. Pulito? Sano? Questi dettagli mi inquietano, e a giusta ragione: la stanza si affitta in cambio di sesso.
Ecco, ho pensato che se esistono annunci così, e non è l’unico del (de)genere, tutto è possibile. E sperare di cenare con gli amici a 10, che dico, 8 piccoli euro, per passare la serata dopo un esame all’università, mi sembra del tutto legittimo. Mangiare all-you-can-eat a 8 euro, dopotutto, non è niente se lo confrontiamo con chi ha dei rapporti sessuali in cambio di una stanza in cui dormire e studiare. Per i localari è come offrire un tozzo di pane ammuffito per poco prezzo a dei bambini poveri.
E certo, l’altra faccia della medaglia d’altro canto, è che gli studenti non sono gli unici ad affollare questo genere di aperitivi. O di apericena, per l’esattezza: vogliamo parlare della facilità con la quale si creano neologismi abominevoli? L’ultimo che ho letto è: shottineria. Dicevo, la negazione dell’aperitivo, che una volta aveva il compito di prepararti alla cena, è all’ordine del giorno. Come se bastasse scrivere aperitivo fuori dalla porta per attirare le persone come mosche sulla merda. Sempre più spesso mi sembra così, non ci vedo solo studenti squattrinati in quei gironi infernali.
E voi? Lo fate lo sforzo di cercare un aperitivo che non voglia essere una cena? E dove andate? Oppure trovate l’aperituttounpò (tiè, senti che ho creato) una soluzione accettabile per le vostre esigenze? Non so come la pensiate ma in questi crogiuoli di munnezz’ non ho mai mangiato bene, e questo mi sembra comunque un dato non trascurabile.
[Fonte: Salpetti]