“Heston Blumenthal, profeta britannico della cucina molecolare, ha inserito l’area di servizio Chianti, la prima dopo l’uscita Firenze Sud in direzione Roma, nella top ten delle migliori d’Europa pubblicata dal Guardian”. Se n’è parlato sul Corriere Fiorentino e sul blog Papero Giallo. Ma nessuno si è preso la briga di andarci di persona a parte Gaia Rau, giornalista di Repubblica Firenze. Che ne ha ricavato un ritratto da tempio del goloso poco in sintonia con i miei ricordi di 36enne nato e pasciuto a Firenze.
Così a controesodo in corso, approfitto del rientro quasi intelligente (mercoledì), e mi infilo nel presunto autogrill gourmet—qui trovate le foto in sequenza— la cui notorietà a Firenze è dovuta più che altro al cappuccino post-discoteca Antella (si entrava usando la porticina blindata con il filo spinato). La prima impressione è ottima. Ti ringraziano per averli scelti con un tot di cartelli e se qualcosa non va a loro puoi dirlo, perché tanto ti ascoltano. Infatti trovi ovunque carta e penna. Puoi lamentarti se è il caso, commentare o chiamare uno dei numeri di servizio.
L’area negozio è proprio come la descrive Gaia Rau su Repubblica Firenze, compreso l’altare votivo a Hello Kitty e le gallerie delle specialità, scontate dal 30 al 50%. Si sale di un piano per raggiungere la gourmet-zone. Sono elettrizzato.
Vengo accolto da una graziosa cameriera che subito mi impone di spegnere la fotocamera perché, dice: “è vietato fare fotografie”. Gasp! Non mi è capitato nemmeno alla Francescana di Massimo Bottura. La sala è presidiata dal camino centrale, molto scenografico. Ho l’impressione di non essere in Italia, si muovono tutti con precisione teutonica, ordinatissimi. Il banco delle insalate è impeccabile, mette appetito. Quello dei dolci ha un bell’aspetto, mi avvicino. Tutto tranne che freschi o fatti in casa come sembrava leggendo la Rau (“i tiramisù sembrano palpitare di vita propria”). Nell’isola della pasta sono in bella vista i primi piatti per celiaci (preconfezionati). Gli altri lasciano a desiderare, il riso è poco invitante, i carciofi buttati lì, la pasta molto asciutta, e il sugo appiccicato con la colla. Totem e scaffali pieni di vino, assortimento curato ma nulla che possa scatenare il gourmet che è in me. Molte mezze bottiglie in fresco.
Eccomi al cospetto della carne così tanto (troppo?) piaciuta a Blumenthal. La vetrinetta è un po’ triste, con le bistecche alla fiorentina (che un fiorentino chiamerebbe braciole) e i pezzi per la tagliata ingrigiti nell’attesa della griglia. Griglia? Quale griglia, forse quella del Burger King adiacente all’autogrill, uno dei pochi ristoranti italiani appartenenti alla catena. Contrariamente a quanto scritto su Guardian e Repubblica, qui la griglia non c’è e non è nemmeno vero che qualcuno si scomodi a chiederti quale taglio preferisci, o almeno, non è capitato. La mia fettina è andata dritta su una bella PIASTRA dove è rimasta a sfrigolare per un po’. “Che cottura preferisce”? La preferisco al sangue e nel frattempo mi accomodo al tavola. Arriva il piatto, addento. Il risultato è modesto, la carne è stopposa e il sapore non conquista. Per 13,95€ mi aspettavo di meglio.
Il pane riscaldato come viene è di qualche giorno prima e soprattutto si paga a parte. E pensare che su Repubblica avevo letto: “non abbiamo scorte, tutto a partire dal pane è freschissimo”. Con la macedonia di frutta configurabile a piacimento (melone, kiwi, mela, banana) va decisamente meglio. Per il caffè si torna al piano di sotto. E siamo ai tristissimi livelli di qualsiasi autogrill italiano: marchio della torrefazione inesistente, sottoestratto, senza persistenza e corpo, davvero robetta. Per una bottiglietta d’acqua, una tagliata con due salse , la macedonia e il caffè spendo 21,10 €.
Finito? No.
Riprendo l’ascensore e per consolarmi decido di mangiare la carne alla griglia di Burger King. Che non è proprio poco ma è tutto abbastanza gustoso, con un discreto hamburger alla GRIGLIA e bei cetriolini a 2,40€ e un Summer Chicken casereccio a 4,2 € .
In conclusione, non voglio dire che all’area di servizio Chianti si mangi male, soprattutto se consideriamo il livello medio degli autogrill italiani, veramente infimo. Ma di qui a parlare di sosta per gastrofanatici ce ne passa. Di diverso ci sono il sorriso del personale (deciso chissà, da un trust di cervelli del marketing) e in genere, l’attenzione verso il cliente. E se state rientrando dalle vacanze, non fermatevi appositamente per la carne, è tutto tranne che speciale. Al massimo: “nice”, come c’è scritto sul Guardian, ma forse la giornalista Gaia Rau di Repubblica Firenze ha letto male.