Siamo sopraffatti da un universo di cuochi spignattanti che ci incantano con il loro mondo di padelle firmate, sughetti voluttuosi, candide mise o divise total black.
Normale, quindi, che aumenti il numero di coloro che il cibo non si accontentano solo di “vederlo” o di raccontarlo ma che vorrebbe viverlo in prima persona. Aprendo cioè un ristorante.
Ma tant’è: se aprire un ristorante è il nuovo sogno della nostra era, urge mettervi in guardia dalle molte insidie.
Ecco dunque le cose da sapere prima di imbarcarsi nell’attività: “voglio aprire un ristorante tutto mio”.
Il ristorante è un business.
1 – L’ultimo motivo per cui aprire un ristorante è l’incontenibile desiderio di nutrire le persone, di creare uno spazio caldo, ospitale, elegante dove gli amici possano venire e trovarsi bene.
Un ristorante è un business. Si deve lavorare per far soldi, non baldoria con gli amici. Dovete conoscere alla perfezione il vostro menù, vi sorprenderebbe sapere quanti ristoratori non conoscono il costo del loro menù.
Il ristorante è un posto di lavoro.
2 – Un ristorante non è un teatro (o un cinema). E’ un’azienda. Alcuni pensano che la sala sia il set di un film, i clienti il cast e loro i registi. Non è così, la sala da pranzo è un posto di lavoro. Il prodotto non è il cibo; il prodotto è il cliente.
La cosa che deve fare un ristorante è renderli il più possibile sazi e felici. Per fortuna, da qualche anno i ristoranti italiani hanno smesso di essere repliche sbiadite delle sale da pranzo dei nobili o copie imbellettate dei refettori universitari.
Gli architetti e i designer cominciano a capire che un ristorante non è una bella tavolozza ma una complicata serie di ingranaggi a incastro.
Nel ristorante ogni cosa che può andare storta va storta.
3 – L’eterna, costante e immutabile verità è che i ristoranti sono fatti da mille parti in movimento che bisogna aggiustare di continuo. Ogni cosa che può andare storta va storta se non è tenuta costantemente sotto controllo.
Gli chef non mangiano i piatti che cucinano.
4 – E’ un settore delirante. Le persone che capiscono meno di ristoranti sono quelle che ci lavorano. Quasi mai gli chef mangiano le cose che cucinano. Difficilmente si siedono al tavolo per ordinare 3 piatti dal loro menù, e non pagano mai il conto di tasca propria.
Anzi, è raro che gli chef mangino come si dovrebbe; è possibile che siano stati nei ristorante meno volte dei loro clienti.
Pochi camerieri possono permettersi di mangiare il cibo che servono. E i ristoratori non hanno idea di cosa significhi essere clienti del loro ristorante. Ci sono decine di ristoratori che si lamentano delle recensioni negative, ne conosco pochissimi che dicono “ho avuto una recensione negativa perché i piatti erano pessimi”.
Nei ristoranti tutti rubano a tutti.
5 – Tutti rubano a tutti. Quando ai cuochi non era richiesto di portare il cappello fuori dalla cucina chissà dove nascondevano tartufi e filetti. Non è un segreto che gli chef dei grandi alberghi chiedono e ottengono tangenti dai fornitori. Anzi, più questi accontentano le loro richieste più vengono scelti.
I camerieri si rubano reciprocamente le mance e i portafogli.
I proprietari rubano a chi ci mette i soldi, alle banche, alle assicurazioni e naturalmente, sottopagando il loro staff.
La prima cosa che un ristoratore deve fare è rendere lo chef (più il direttore e il barman se ci sono) parte del business, con una quota di partecipazione agli utili e una nominale. E’ quasi impossibile sorprendere un bravo barman a rubare e ditemi, perché dovreste assumerne uno meno che bravo?
Chi vuole aprire un ristorante deve capire che gran parte del personale di sala è più furbo di lui mentre in cucina capita di trovare pezzi di carne meno stupidi dello staff.
Tutti i fornitori cercheranno di fregarvi perché devono rifarsi dell’ultimo ristorante che non ha pagato i debiti. Ogni fornitura va controllata e la merce non conforme alle richieste sostituita. Qualcuno deve prendersi la briga di controllare tutte le mozzarelle, tutti gli scampi, tutti i ceppi di insalata e contare tutti i cartoni di birra.
I fornitori lo sanno. Sanno che gli chef sono pignoli, ma anche che hanno molto da fare. Una consegna che arriva in ritardo ha meno probabilità di essere controllata, ecco come si spiegano tutti i parcheggi in doppia fila del pescivendolo, sempre il venerdì, e sempre alle 12:30.
Nei ristoranti si spreca un sacco di tempo.
6 – E’ una regola che il tempo e le energie dedicate alle decisioni siano inversamente proporzionali alla loro importanza. Passerete centinaia di ore discutendo della carta intestata, niente in confronto al tempo che ci vorrà per trovare il nome giusto.
Conosco un ristoratore che la settimana prima di aprire controllava uno a uno i campioni di stoffa per l’uniforme dei camerieri, ci teneva, avendo speso un capitale nell’arredo. Ma ancora non aveva considerato né assaggiato uno straccio di menù.
Nonostante sia risaputo che nessuno dei 10 piatti cucinati dallo chef per la prova-menù riusciranno mai più così bene.
A cosa servono davvero Pr e uffici stampa?
7 – Non si è mai visto un PR che faccia la differenza nella storia della ristorazione. E nemmeno un singolo tavolo verrà occupato perché vi siete rivolti a 3 bionde un po’ slavate che favoleggiano di ostriche e champagne. Però vi costeranno il 5% del fatturato.
Conosco un PR che prima legge una qualsiasi recensione positiva, poi telefona al ristorante per far sapere al proprietario che siccome conosce il critico è stato lui a metterci una parola buona, ma come favore personale sia chiaro.
E se per caso vogliono incontrarsi per un drink o per discutere progetti futuri, capita che lui sia libero proprio quel pomeriggio. Guarda caso.
Il posto dove si trova il ristorante vuol dire poco o nulla.
8 – Il posto, il posto. Il posto vuol dire poco o nulla. Fateci caso, quanti dei vostri ristoranti preferiti sono in posizioni spettacolari e quanti invece in strade piccole, senza parcheggio o sperduti in qualche campagna?
Di solito i piatti dei ristoranti con vista sono terribili. Di solito i piatti dei ristoranti con vista che hanno tavoli all’aperto sono terribili e il servizio da dimenticare.
A volte il duro lavoro non basta.
9 – Anche il duro lavoro sembra fare poca differenza. Conosco persone con ristoranti infernali che lavorano quanto altre persone con ristoranti paradisiaci.
Nessuno sa se un ristorante diventerà un successo.
10 – La verità è che occupandomi di ristoranti da un po’ ho imparato a conoscerne gli errori e molti dei pregi che, a posteriori, li hanno resi famosi. Ma ancora non riesco a dirvi cosa, precisamente, li rende buoni o di successo (che non è la stessa cosa). Direi un’alchimia sfuggente e capricciosa.
“I ristoranti sono per gli anni ’80 ciò che il teatro era per gli anni ’60” recitava uno dei protagonisti del film Harry ti presento Sally. Il solo paragone possibile tra ristoranti e teatri (o cinema) è che nessuno sa cosa diventerà un successo. Nessuno.
[Immagine: Pierre J]