Diciamo la verità, alla fine il gelato “fatto come una volta” di Grom –in realtà a base di miscele surgelate e poi distribuite ai vari punti vendita– ci ha delusi, è come se ci fossimo bruscamente risvegliati da un sogno popolato da pascoli alpini e abbondanza di alberi da frutto, e ci fossimo resi conto di aver sempre gustato degli onesti gelati, spesso anche molto gradevoli, ma che dopo gli inizi eroici di “artigianale” avevano ben poco. E ci siamo arresi.
Arresi ai gelati “simil-artigianali” delle altre gelaterie, vale a dire prodotti utilizzando in parte basi semilavorate.
Ci sono poi quelli in vendita nella catena di gelaterie “La Romana“. Gelati le cui basi (in polvere) provengono tutte dalla casa madre di Rimini, per poi essere smistate nei vari punti vendita. E per i quali, ormai da mesi, si formano inaspettate code chilometriche di persone in trepida attesa, tutte diligentemente in fila aspettando di poter gustare il loro cono di morbido gelato.
Ma cosa è successo, cosa ha alzato un’improvvisa onda di consenso per il gelato servito negli affiliati della nota catena riminese?
“Catena”, attenzione, non “punti vendita in franchising”. I titolari de La Romana, infatti, diffidano chiunque a utilizzare il termine “franchising”, timorosi evidentemente di richiamare alla mente processi di lavorazione standardizzati e conseguente prodotto anonimo o dozzinale: “Prima di tutto non siamo un franchising!“, affermano a chiare lettere i titolari, “non esistono né un franchisor né un franchisee; parlerei piuttosto di partner che investono direttamente”.
Peccato che, andando a spulciare sul sito, leggiamo ad altrettante chiare lettere che “La qualità che preferiamo nella scelta di nuovi franchisee è la volontà di crescere attraverso […]”.
Sia ben chiaro, non c’è nulla di malvagio o disonesto nel gestire una rete in franchising, ma la discrepanza tra quanto doverosamente indicato nel sito e quanto invece ribadito a voce dai titolari indica una politica aziendale non molto chiara.
Assodato quindi che pare di franchising si tratti, c’è da dire che i punti vendita sono veramente caldi e accoglienti, con mobilio in legno e arredi curati, uno stile che vuol rimandare esplicitamente al concetto di genuino e del fatto come una volta.
I banchi a pozzetto e l’abbondanza di gusti, ben 44, dai nomi antichi e rassicuranti quali il torrone ‘antico’, lo zabajone ‘come una volta’, o il croccante ‘della nonna’, serviti con sottofondo di una musica discreta e rilassante, contribuiscono a creare nel cliente che entra uno stato d’animo disteso e una più che buona disposizione verso il prodotto che andrà a gustare.
Ma basta un locale confortevole e dei commessi cortesi per spiegare l’improvviso successo di una gelateria presente sì dal 1947 come artigianale, ma poi evolutasi nel tempo fino a diventare una rete in franchising con punti vendita in tutta Italia e anche all’estero, con prodotti a base di semilavorati che si accompagnano gli ingredienti freschi?
Basta una gran varietà di gusti dai nomi ammiccanti e che si rifanno ai bei tempi andati per spiegare il gradimento verso gelati che contengono al loro interno, secondo il cartello che loro espongono, ingredienti quali aromi e frutta liofilizzata –che cozza un po’ con l’affermazione dei titolari secondo cui ‘I nostri gelati alla frutta contengono un’alta percentuale di frutta fresca perciò vengono realizzati rispettandone la stagionalità”.
O dove il frutto fresco, come accade per il cocco, è presente solo nella misura del 10% mescolato a grassi vegetali, o ancora dove, vedi la “crema del 1947”, troviamo come ingrediente non le pregiate bacche di vaniglia ma il loro succedaneo economico e sintetico, la vanillina?
E anche le granite, prodotto dalla ricetta molto semplice, contengono aromi, coloranti (naturali) e frutta liofilizzata?
Evidentemente sì
Ormai assuefatti a pubblicità ammiccanti e a claim accattivanti, non ci facciamo più nemmeno troppe domande o meglio, non ci poniamo più obiettivi troppo ambiziosi, in tema di ricerca di artigianalità, di “fatto come una volta”.
Ormai, sappiamo già tutto. Siamo scafati, conosciamo le strategie di marketing e ne teniamo il debito conto. Ci basta gustare un gelato che percepiamo come buono, che sia gradevole al nostro palato, senza stare lì a chiederci se sia veramente genuino o no.
Un piccolo piacere per piccole aspettative.
Questo è il gelato de La Romana. Queste, purtroppo, sono ormai le nostre aspettative. Verrebbe quasi da dire: aridatece Grom.
[Crediti | Link: Gambero Rosso, immagini: Puntarella Rossa]