Nei commenti al post introduttivo a questa nuova rubrica sui viaggi gastronomici – dove consigliavo alcune utili regole per mangiare bene in viaggio – mi è stata rimproverata una certa tendenza a tenere tutto sotto controllo (sono volati paroloni tipo “ansiogena”).
Prendo atto delle critiche e decido quindi che questa serie sarà improntata al viaggiare rilassati, senza per forza dover fare percorso netto, prendendo di tanto in tanto decisioni infauste, delle quali nemmeno ci si pente perché si è così spensierati, così rilassati, così autenticamente vacanzieri da dirsi che importa, in fondo?
Quindi getto alle ortiche format che richiedono di sincronizzare gli orologi come “Cosa fare in 36 ore nel tal posto” e “10 cose imperdibili qua e là”. Perciò di seguito ecco “Alcune Cose Che Potrebbe Andarvi Di Fare In”, cominciamo con la Valtellina, regione lombarda alpina a nord-est del Lago di Como.
Magari queste cose non vi tentano affatto e preferite farne altre a vostra discrezione, come andare in un night a Tresenda o pranzare in un all-you-can-eat di Sondalo.
Bravi! Scegliete le vostre scelte! Qui nessuno vi giudica.
Mangiare il Bitto Storico proprio nella Cantina di Affinamento del Bitto.
Il Bitto Storico, di professione formaggio, non è la stessa cosa del Bitto DOP. Se mangiate quest’ultimo io penserò male di voi.
(Err, scusate, per un momento la mia natura giudicante ha preso il sopravvento. Ritento)
Il Bitto Storico non è la stessa cosa del Bitto DOP, ma se a voi per caso piace quello, benissimo! Buon per voi. Importante però sapere che le differenze sono sostanziali: il Bitto Storico viene prodotto solo in alpeggio nei mesi estivi, con un misto di latte di vacca e di capra orobica, specie autoctona della Valgerola.
Nota a margine: i locali provano fortissima affezione nei confronti della capra orobica, cfr.
I produttori di Bitto Storico sono ormai solo 12, il che è terribile perché è uno dei formaggi migliori d’Italia, con un potenziale d’invecchiamento straordinario: dopo 5 anni è superlativo.
Visitando il Centro del Bitto a Gerola Alta potrete ammirare la cantina in cui riposano fino a 10 anni le forme personalizzate per festeggiare eventi speciali – anniversari, nascite, persino matrimoni (il romanticismo degli autoctoni è così affine al mio che sono risoluta a sposare un indigeno).
>Visitare una cantina di vino (ad esempio, Arpepe o I Dirupi).
Le pendici delle erte montagne valtellinesi sono punteggiate di vigneti di uva Chiavennasca (è Nebbiolo sotto altro nome, ma si sa cosa diceva Shakespeare della rosa) e lavorarli è molto faticoso: “viticoltura eroica”, qui, non è un modo di dire.
Da tempo si prova a ottenere il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco, ma per convincere le Nazioni Unite bisognerà forse nascondere i capannoni che deturpano la valle con le stesse pecette che hanno messo sugli edifici incompiuti a Milano in questo periodo di Expo.
Tra i produttori della regione che amo di più ci sono Arpepe, i cui vini invecchiano a lungo nella bella cantina che volentieri vi lasceranno visitare se date loro un po’ di preavviso, e I Dirupi, micro-cantina a Ponte in Valtellina, all’interno di un palazzo storico del XVI secolo.
Mangiare la bresaola, quella vera, senza pensare a Dukan.
Vi ricordate di quando siete stati tutti molto sgarbati con me perché la dieta iperproteica vi rendeva folli? Lo so, da quando avete abbandonato la Dukan non volete più sentir nominare la bresaola. Finché parliamo di quella in vendita in tutti i supermercati, fatta con la carne sudamericana congelata, non ho obiezioni.
Anche in Valtellina, dove quella locale è protetta da IGP, non è poi così facile trovarne di ottima, ma la vostra paziente ricerca sarà premiata: indirizzi affidabili sono la Macelleria Emilio Pozzi a Sondalo o i Fratelli Ciapponi a Morbegno.
Già che siete in macelleria, non dimenticate di provare anche il Violino di Capra della Valchiavenna: questo salume prodotto con la coscia e la spalla della capra ricorda lo strumento musicale sia nella forma sia nella modalità di taglio – lo si imbraccia come a suonare il violino.
Macabro ma gustoso.
Andare alle Terme Bagni Vecchi di Bormio (o in una delle pozze d’acqua termale nei boschi).
Piscine all’aperto con una vista che toglie il fiato (ma forse è la pressione bassa, c’era scritto sul cartello di non stare in sauna più di 20 minuti), le antiche vasche dei Bagni Romani, un complesso termale in una struttura che sembra il Grand Budapest Hotel dei tempi d’oro.
A mollo nella tiepida tinozza, mentre la brezza alpina vi rinfresca il viso, vi domanderete perché non venite alle Terme Bagni Vecchi di Bormio più spesso.
Ricorderete improvvisamente che da Milano a Bormio ci vogliono tre ore, perché in Valtellina c’è una sola strada. Pazienza: quando il tempo si trova, è un’esperienza bellissima.
In questa regione l’acqua è davvero termale – non come, poniamo, alle Terme di Milano, sovraffollate piscinone. Nelle montagne circostanti l’area di Bormio l’acqua caldissima fa capolino qua e là, in piccole polle le cui coordinate geografiche solo i locali conoscono.
Il problema è che le condividono malvolentieri: un po’ come chiedere ai cercatori di funghi i posti migliori. Vi ho appena fornito una seconda buona ragione per sposare un indigeno, dopo la forma di Bitto matrimoniale.
Bere il Braulio Riserva.
L’amaro valtellinese Braulio, immortalato nell’ode all’ubriachezza “Kamell” del cantante comasco Van De Sfroos (qui tutta la canzone):
Sun fö , sun fö cume un camell
hoo scambiàa una vanga per un restrellDamm anca un braulio che tant l’è stess
(ovvero “Sono fuori, sono fuori come un cammello / ho scambiato una vanga per un rastrello / Dammi anche un Braulio che tanto è lo stesso…)
Fu creato da un farmacista di Bormio nel 1826 e veniva prodotto con piante officinali, frutti, radici e bacche spontanee raccolte alle pendici del monte omonimo. Il Braulio è sponsor ufficiale della gara di amari alla fine dei matrimoni degli amici (si dice per ridere, ufficio stampa! Io bevo sempre Braulio responsabilmente e anche voi dovreste fare lo stesso).
Mentre il Braulio normale si trova un po’ ovunque, in Valtellina è possibile trovare il Braulio Riserva, che invecchia più a lungo e ha gusto più intenso, e comunque la parola “Riserva” è sempre una bella leva di marketing.
RACCOMANDATO.
[Crediti | Link: Dissapore, Formaggio Bitto, Slow Food, You Tube. Immagini: Slow Food]