Meglio che vedere sullo schermo i baffi pungenti di Chef Rubio, c’è solo vedere i baffi pungenti di Chef Rubio che si aggirano per la tua città.
Questa settimana Unti e Bisunti si è fermata a Bologna, e per l’occasione hanno chiesto a me, bolognese purosangue, di raccontarvi le incursioni del cuoco rivelazione nel cibo di strada del capoluogo emiliano.
Chissà se almeno a lui riuscirà di sfatare il cliché secondo cui a Bologna si mangia male.
“Qua non se scherza, se magna. E’ una trasferta tosta, va affrontata scientificamente“.
Piazza Maggiore, mattino di sole. Per caricarsi Rubio sbrana un pezzo di panone, politicamente scorretto come da copione, visto che di solito si mangia a Natale. Ammirazione.
Ci si sposta nelle quattro strade del Mercato di Mezzo, pieno centro storico, dove “c’è la massima concentrazione di cibo al mondo”. Se lo dice lui ci credo. Si inizia dalle basi: il tortellino classico, ovviamente, “colonna portante della cucina emiliana”.
Rubio elenca gli ingredienti del ripieno: mortadella, prosciutto crudo, parmigiano, lombo, noce moscata. Salto in piedi sul divano ad applaudire. Li afferra a manciate, crudi, e se li lancia in bocca (a un ritmo impressionante anche per me, che da bambina li mangiavo per merenda).
“Aoh, come caramelle“.
Ma non trascura neanche il tortellone, con ripieno di ricotta, parmigiano e prezzemolo. Epressione di estasi pura (la sua, e pure la mia).
Sortita in quella che ha tutta l’aria di essere la cucina di un centro sociale, dove Rubio fa la conoscenza della torta di tagliatelle: avanzi di tagliatelle fritte con limone e zucchero impastate con uova, burro e altri ingredienti glicemia friendly.
E poi anche con Lei, la crescenta, una focaccia impastata con strutto e, tanto per gradire, anche ciccioli. “Perché lo volemo sentì ‘sto maiale“. Welcome to Bologna, Rubio.
Passeggiata per il quartiere universitario. Rubio tira fuori un erbazzone (“non er bazzone, ma erbazzone tutto attaccato”, specifica): torta salata impastata con strutto e ripiena di bietola e parmigiano. Il mio cuore manca un colpo: l’erbazzone? Ma Rubio specifica subito che è “tipico dell’Emilia”, non di Bologna. Tiro un sospiro di sollievo e torno a rilassarmi. Non ne sbaglia una.
Tappa in salumeria. Si comincia, ovviamente, con la mortadella. Niente pistacchio, come specifica orgoglioso l’anziano e gioviale salumiere. “Te la mangeresti a frusta” commenta Rubio, mentre ingurgita voluttuosamente fetta su fetta. Si prosegue con il salame rosa e la galantina di pollo: pollo, parmigiano, fagiolini, una vera chicca per intenditori. Testa girata all’insù, Rubio la fa sparire in bocca. Mai desiderato tanto essere un salume.
Ecco il cucoco all’Osteria del Sole, classe 1465, l’unico posto a Bologna dove si beve e basta: il cibo bisogna portarselo da casa. Rubio schiaffa sul tavolo il suo carico di salumi, e decide di fare tigelle e companatico. Tigelle, sorta di pagnottine fatte di “farina, acqua e strutto”. Tanto per fartelo sapere, Rubio, io nell’impasto ci metto anche il vino e vengono decisamente meglio. Nel caso volessi provarle, dico.
Arrivano anche le crescentine, pasta di pane fritta. “Mazza quanto suda questa aoh, manco dopo ‘na partita di calcetto“. Ne prova una con la mortadella. “Glie devo fà ‘na vestaglia di mortazza“.
Si ritorna in zona universitaria. Siamo davanti all’Osteria dell’Orsa, meta prediletta dagli studenti fuorisede per prezzi bassi, servizio spiccio e cucina verace. Rubio incontra chef Claudio, che gli fa conoscere altre due specialità con cui accompagnare le tigelle.
Una è un misto di lardo, rosmarino, aglio, parmigiano, il pesto “alla bolognese”. Qui lo chiamano tutti pesto alla modenese, ma siam mica qui per fare la punta alle matite, o ai baffetti di Rubio.
L’altro è il friggione, uno dei pochi piatti bolognesi vegetariani: cipolla, pomodoro e strutto. Ho detto vegetariani? Ops, scusate.
Arriva Lucio il camionista, che sfotte bonariamente Rubio perché si mangia un piatto così leggerino, e gli propone di portarlo a mangiare “roba da camionisti, un po’ pesa”. Si va fuori porta, per la precisione a Calderara di Reno, in una di quelle trattorie da camionisti che sono tra le poche attrazioni della bassa emiliana.
In cucina c’è Marisa, bionda, procace e con una gloriosa esshe bolognese. Lei e Rubio si scambiano sguardi che pieni di sottintesi e sottintesi, ho già detto sottintesi? Brivido di gelosia lungo la spina dorsale. Ma anche, per la prima volta (finalmente), una donna rivale di Rubio.
Però la gelosia aumenta, perché Marisa gli mette davanti le vere protagoniste dell’episodio a parte lo strutto: le rane.
Prima fritte. Rubio le scrocchia tutte con intima soddisfazione. Marisa alza il tiro e gli propone altro.
“Guarda che non me spaventi“.
“Neanche tu“.
“Damme de più“.
Sguardi un po’ languidi, un po’ di sfida, un po’ de tutto, direbbe Rubio. Solo io inizio a sentire caldo? Si prosegue con le rane alla piastra, infine con quelle in umido.
“Un piatto acsé non l’ha mai magné lui qui“. Basta un assaggio per decidere che saranno quelle l’oggetto della sfida. A giudicare, una giuria di camionisti presieduta da Lucio.
Il nostro va alla ricerca degli ingredienti: aglio, pomodoro, prezzemolo, cipolla, e ovviamente rane. Siparietto di Rubio alla ricerca degli animaletti di notte, armato di calze di nylon e attrezzatura varia. E’ figo pure con le galosce da pescatore.
Giorno della sfida. Rubio si sveste per mettersi il grembiule sotto lo sguardo lubrico della Marisa (anche il mio, anche il mio). Ma siamo ancora in fascia protetta o sbaglio? Momento preparazione, masnada di camionisti che arriva strombazzando, assaggio delle rane in umido di Rubio e Marisa con mugoli di apprezzamento e bocche impiastricciate d’unto.
Marisa stravince la sfida, i camionisti la portano in trionfo.
Scena finale, Rubio e Marisa. Lei scarpetta nel suo vassoio di rane, si riempie le dita di sugo e poi le caccia in bocca a Rubio. “Niente male, eh?” “Affatto” risponde lui. Con il tono di voce e quello sguardo assassino il già elevato tasso erotico dell’episodio s’impenna ulteriormente.
Titoli di coda. Grande assente della puntata, il ragù. Se torni a Bologna, Rubio, prometto di fartelo assaggiare. Se ti ha imboccato Marisa… e io con l’aria condizionata ho pure l’ascella asciutta.