Souvenir gastronomici: 20 dolci italiani da comprare in vacanza

Souvenir gastronomici: 20 dolci italiani da comprare in vacanza

Diciannove del mese, primo lunedì dopo il weekend di Ferragosto. Non ci si crede: siamo già ai pensieri consolatori per la fine delle vacanze. La nostra specialità, manco a dirlo, sono i souvenir gastronomici.

Dopo tutti i malanni da aria condizionata sopportati, le febbri da jet-lag, il caro-benzina, le meduse attaccate al braccio del pupo sempre smarrito in prossimità dei bagni, almeno consoliamoci con una serie di “cose che come le fanno lì…” di cui l’Italia è piena. Tassativamente da portare a casa.

Nota di redazione: questo post, inizialmente pensato in maniera generica, ha subito una virata verso il dolce. Non si conoscono le cause dell’evento, ma è realistico supporre che la dieta della presente collaboratrice abbia influito considerevolmente.

Sentitevi liberi di fare le vostre aggiunte, dolci o non dolci.

pere martin sec

1. VALLE D’AOSTA – PERE MARTIN SEC

Mai provate le martin sec al vino rosso? C’è chi dice che sono i chiodi di garofano a fare tutto il lavoro. Altri tirano in ballo la cannella. Buonissima anche la versione al cioccolato.

In realtà questo frutto dalla buccia ruvida, color ruggine e polpa granulosa è il protagonista assoluto di questo tipico dolce. Per consumarle crude, invece, si suggerisce di aspettare 15-20 giorni dalla raccolta, la polpa è più aromatica.

Nocciole Piemonte

2. PIEMONTE – NOCCIOLA DEL PIEMONTE

La “tonda gentile trilobata”, coltivata nelle province di Asti, Alessandria, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Vercelli, è il simbolo dell’arte dolciaria piemontese.

Caratterizza un vasto numero di produzioni, dal gianduia alla torta di nocciole senza farina. Ma ce n’è una verso la quale nutro un debito affettivo: i “brüt e bun”, brutti ma buoni, piccole meringhe alle nocciole che si fanno in tutta la regione, ma originarie, pare, di Borgomanero. Anche in Langa le fanno buone, comunque!

Michette di Dolceacqua

3. LIGURIA – MICHETTE DI DOLCEACQUA

Inventate si dice, per disprezzo dello Ius primae noctis (diritto delle prime notti, ve lo ricordate Braveheart?) con questo biscotto dalla forma maliziosa che ricorda l’organo riproduttivo femminile, le donne di Dolceacqua volevano simbolicamente affermare il diritto di scegliere a chi concedersi.

La festa della michetta, celebrata ancora oggi, ricorre il 16 agosto.

Graffioni di Cremona

4. LOMBARDIA – GRAFFIONI DI CREMONA

Sono simili a dei boeri ma la ciliegia è rigorosamente la moretta di Vignola, seguono: cioccolato fondente purissimo, zucchero e liquore maraschino.

La diffusione del maraschino nel cremonese risale all’esodo degli storici produttori di Zara, che durante la II Guerra Mondiale trovarono rifugio in Italia, tra il Veneto (la storica Luxardo, e la Drioli, chiusa negli anni ’70) e l’Emilia (la distilleria Vlahov, poi ceduta alla Casoni). Dal modenese, la tradizione dell’uso del maraschino per i dolci sarebbe poi passata anche all’area di Cremona.

shuttelbrot

5. TRENTINO – SHUTTELBROT, PANE DI SEGALE CROCCANTE

La base è la farina di segale, ma lo shüttelbrot della Valle d’Isarco non sarebbe nulla senza finocchio, cumino e trigonella.

Dopo la prima infornata viene steso nella forma tradizionale e ri-cotto fino alla biscottatura. Da provare, nella versione dolce, con una dose abbondante di marmellata di albicocche, o di miele. Ma anche con lo speck ha il suo perché.

fregolota

6. VENETO – ROSEGOTA, FREGOLATA O SBRISOLONA

Tre nomi per la stessa torta, semplicissima, a base di farina, uova, burro e zucchero. L’origine è in realtà mantovana, dove sono previste anche le mandorle tritate.

E’ un dolce basso, non lievitato, gustoso e molto friabile, che deve il suo nome alla tradizione di non tagliare questa torta, ma di romperla con un pugno leggero in modo che formi delle “briciolone” da mangiare con le mani, accompagnate da un “vinaccio” rosso da contadini, come il grinton che faceva mio nonno.

gnocchi di susine

7 FRIULI – GNOCCHI DI SUSINE

Specialità triestina che mette di buonumore solo a vederla: le susine belle mature vanno denocciolate e lasciate macerare qualche ora con zucchero e cannella.

A parte si prepara un tradizionale impasto da gnocchi a base di patate lesse. Vanno poi formate delle palline d’impasto, all’interno delle quali inserire la susina. Una volta lessati, gli gnocchi vengono conditi con pangrattato rosolato in padella, burro abbondante e il sugo di macerazione della frutta.

mistuchine

8. EMILIA ROMAGNA – MISTUCHINE

Se vi piacciono le castagne, siete a cavallo…anzi a Bagnocavallo, in Bassa Romagna.

La farina di castagne va impastata con acqua, zucchero, semini d’anice, un filo d’olio, scorze di limone e di arancia e poi lei, la sapa – o saba, mosto cotto dolcissimo che conferisce a questo dolce contadino una particolarità aromatica tutta sua. Chi va in vacanza sulla costa ne fa incetta per i rigidi inverni.

Schiacciata all'uva

9. TOSCANA – SCHIACCIATA CON L’UVA

Un “dolce non dolce” tipico del periodo della vendemmia. L’uva non deve essere da tavola: nel senso che servono uve da vendemmia, con acini piccoli e un po’ asprigni, tipo i grappoli del canaiolo o del sangiovese.

L’impasto è a base di semplicissima pasta di pane: se ne stende uno stato spesso sul fondo di teglie rettangolari, poi si farcisce con abbondante uva e una spolverata di zucchero, ma poco. Si ricopre il tutto con un altro strato di pasta di pane, infine si decora con i chicchi rimanenti e un’altra manciata di zucchero.

Lonzino di fico

10. MARCHE – LONZINO DI FICO

Dolce tipico dell’area dei Castelli di Jesi e della Vallesina. Nella versione originale si fa con alcune varietà di fichi (dottati e brogiotti) purtroppo coltivati sempre meno perché delicati o poco produttivi.

Ma essendo succosi reggono bene l’essicazione, mantenendo una polpa carnosa e aromatica che viene impastata con noci, mandorle e semi di anice stellato, tutto amalgamato con la già citata sapa, oppure con il mistrà (un liquore all’anice tipico delle Marche e del Lazio). L’impasto è poi avvolto stretto in foglie di fico, a forma di salame – da qui il suo nome, lonzino- e legato con spago o fil di lana.

Crescionda di Spoleto

11. UMBRIA – CRESCIONDA DI SPOLETO

Data la “ricchezza” degli ingredienti, possiamo agilmente considerarlo un dolce carnevalesco che si fa ormai tutto l’anno.

Prevede l’impasto di latte, uova intere, zucchero, amaretti sbriciolati, scorza di limone e cioccolata fondente grattugiata, tutto cotto in forno in teglie tonde. Al taglio sono nettamente distinguibili tre starti: la base più dura, la parte intermedia chiara e simile a un budino, quindi lo strato superiore bello brunito.

Casata Pontecorvese

12. LAZIO – CASATA PONTECORVESE

Torta originaria di Pontecorvo, in provincia di Frosinone. Pare riscuotesse successo nell’ambiente ecclesiastico perché i colori dei suoi strati ricordavano la bandiera dello Sato Pontificio: giallo dell’uovo e bianco del formaggio.

L’impasto della casata, nome dovuto all’abbondante presenza di formaggio (cacio), è a base di uova, formaggio di pecora senza sale, cioccolato – ingrediente successivo, introdotto dopo la scoperta dell’America, ovviamente – cedro e cannella. Occorre essere abili nella disposizione degli ingredienti, della “capata” cioè, per ottenere due strati dai colori ben distinguibili. Nella foto una casata con ricotta.

fiadone

13. ABRUZZO – FIADONE

Specialità abruzzese con più varianti del baccalà. C’è l’impasto dolce, più diffuso nell’entroterra, oppure salato, tipico delle aree litoranee. C’è la forma, che varia dalla torta unica alle “monoporzioni” tipo ravioli, a mezzaluna nel molisano, oppure tondeggianti.

L’impasto è sempre a base di farina, uova, vino bianco e lievito. Invece il ripieno varia, appunto, a seconda della zona e della categoria dolce o salato: si passa dal pecorino, alla salsiccia, all’uvetta alla ricotta, …

Ostie ripiene

14. MOLISE – OSTIE RIPIENE

Nel periodo natalizio (ma non solo) ad Agnone, cittadina d’elezione di questa ricetta, si sviluppa un mercato nero delle ostie che non ha eguali in tutto l’alto Molise. Perché la ricetta del ripieno (a base di miele, noci, cioccolato fondente, cacao amaro e zucchero caramellato – con poi mille varianti familiari) è patrimonio segretissimo di ogni famiglia agnonese che si rispetti.

Mentre le cialde, eh…quella è un’altra storia: la loro preparazione, a fuoco diretto con piastre calde, richiede una grande manualità, che ormai solo poche anziane conservano.

Melanzane al cioccolato

15. CAMPANIA – MELANZANE AL CIOCCOLATO

Frutto di un accostamento azzeccato e antico, sono diventate un piatto estivo, non esattamente leggero, tipico della costiera amalfitana. Fino a un certo punto la preparazione è la stessa delle melanzane alla parmigiana (prima frittura nell’olio semplice, passaggio sull’uovo, quindi seconda rifrittura).

Poi diventa un dolce: ancora calde vanno cosparse di poco zucchero, cannella, e scorza di limone. A parte, si prepara la crema a base di cacao amaro in polvere, acqua e zucchero, in alcune ricette compaiono anche mandorle tostate e cedro candito. Dopodiché, si dispone come la parmigiana: prima un po’ di salsa di cioccolato, poi lo strato di melanzane, e così via. I turisti di solito ne fanno incetta durante l’ultimo weekend di agosto, a Maiori, in occasione della sagra della mulegnane c’a’ ciucculata, appunto.

Sanguinaccio dolce

16. BASILICATA – SANGUINACCIO DOLCE

Dolce legato alla tradizione di ammazzare il maiale in casa. Ora, com’è noto, del maiale non si butta niente, nemmeno il sangue, che è protagonista di una antica tradizione di sanguinacci. Se ne ritrovano in tutte le regione, le ricette variano dal dolce al salato, accomunate dalla scarsa conservabilità (a eccezione degli insaccati).

Il sanguinaccio dolce è riconosciuto come prodotto tradizionale della Basilicata, gli ingredienti previsti dalla ricetta originale sono: sangue di maiale, zucchero, sugna (strutto), cioccolato fondente, cacao, caffè, aromatizzato con chiodi di garofano e cannella, e arricchito con uva passa e pinoli. Si consuma spalmato sul pane o con biscotti secchi, tipo savoiardi.

Mandorle per il biscotto di Ceglie

17. PUGLIA – BISCOTTO DI CEGLIE

Pare che nel brindisino, a Ceglie Messapica per la precisione, fossero coltivate oltre 40 varietà di mandorle. Un patrimonio agronomico messo in ginocchio dalla diffusione della mandorla californiana, più facile da lavorare.

Il biscotto di Ceglie, il piscquett’l, è un dolcetto di forma cubica, a base di mandorle in parte scottate in acqua in parte tostate e quindi finemente macinate. Sono poi impastate con uova, zucchero, miele, scorzetta di limone e bagnate con rosolio di agrumi. Raggiunta la giusta consistenza, l’impasto è tirato a strisce di lunghe e strette, che vengono condite su di un lato con confettura di ciliege o di uva e quindi chiuse ripiegando l’altro lato su se stesso. Si procede tagliando tanti quadratini che andranno cotti in forno e eventualmente glassati (la cosiddetta gileppatura).

Pitta di San Martino

18. CALABRIA – PITTA DI SAN MARTINO

Come intuibile dal nome, la preparazione di questo dolce era dedicata all’estate di San Martino, periodo che convenzionalmente va dall’8 all’11 novembre, anche se ormai si trova tutto l’anno. Gli ingredienti sono: pasta di pane, uova, strutto, zucchero, cioccolato amaro fondente, fichi secchi, noci sgusciate, uva passa, mosto o vino cotto.

Una volta mescolate le noci tritate, i fichi e l’uvetta, l’impasto viene aggiunto al cioccolato, sciolto a bagnomaria. Tutto è poi coperto di mosto cotto, e lasciato “tirare” a fuoco basso. La pasta di pane è stesa in tortiere di piccole dimensioni, all’interno viene spalmato il ripieno, coperto dai lembi di pasta ripiegati. Dopo una breve lievitazione, si cuoce il tutto in forno. La decorazione è la tradizionale glassa bianca.

Gelu muluna

19. SICILIA – GELU MELUNA

E no, non è melone, bensì anguria che in siciliano si dice muluna, ecco spiegato il misunderstanding. Tipicamente consumato a Ferragosto, ma più che godibile tutta l’estate, questo dolce al cucchiaio prevede che si parta da angurie succose e buonissime, come se ne trovano solo in Sicilia.

Allora: la polpa viene “tritata” finemente, magari anche passata al setaccio. Poi, a fuoco molto lento, sono aggiunti zucchero semolato e poca farina. Una volta raggiunta la giusta consistenza, la purea viene messa in stampini e lasciata raffreddare in freezer, infine è servita con una manciata di granella di pistacchio e cioccolato fondente, una variante prevede la decorazione con zucca candita.

Torta alla ricotta con abbamele

20. SARDEGNA – ABBAMELE

Se del maiale non si butta niente, in Sardegna la regola vale anche per il miele. In particolare, dopo la smielatura, i favi sono tenuti da parte per essere sottoposti a una ulteriore bollitura, in maniera da recuperare miele polline residuo.

Se ne ricava una soluzione acquosa, che viene filtrata due volte con teli di lino e poi passata in caldaia per la bollitura di raffinazione, durante la quale si procede a eliminare eventuali altre impurità. A questo punto sono aggiunte bucce d’arancia o di limone, che conferiscono all’abbamele, o abbattu, un aroma molto particolare.

[Crediti | Immagini: Flickr/Lyudavitaya, Flickr/Fico e Uva, Flickr/Maison della nocciola Piemonte, Elisa-Stefano, Flickr/La terra dei violini, Flickr/d Range, Flickr/Ponte delle paste, Flickr/Claudio Bertocchi, Dove, Marca Anconetana, Flickr/Le Pappe Kitchen, Angela Molle, Flickr/David Santori, Flickr/Giardino di Zenzero, Flickr/Snekse, Flickr/Italia Sergiacomi, Flickr/MarcusCalabresus, Afsf, Flickr/Brad Lauster]