Sole: Come ci si difende dalle trappole per turisti

Sole: Come ci si difende dalle trappole per turisti

Due rette parallele, noi e le trappole per turisti, un giorno decidono di incrociarsi. Purtroppo. Capita a tutti, non facciamo i grossi. Mica solo ai crucchi in giro per Milano, agli inglesi a Roma, o come abbiamo visto ieri, ai romani che si ritrovano sul conto 42 euro di supplemento musica in un caffè di Venezia.

E’ una vita meravigliosa, insomma, sino a quando non incrociamo la sola.

Io stessa, se permettete, che pure mi ritengo abbastanza scafata, potrei parlarvi delle patatas bravas ordinate a Barcellona. Semplici (e tra l’altro maleodoranti) patate fritte con il ketchup. O della feta di Corfù ormai passata a miglior vita eppure cara quanto il volo da Bologna a Ferragosto, tasse comprese. O ancora, della Heineken tiepida spacciata per adorabile birra locale in un pub di Edimburgo.

Ma temo che la lista sia destinata ad allungarsi, e non di poco, con le vostre disavventure.

E se tirassimo fuori un po’ di vita sommersa a beneficio degli altri? Se cioè, in una specie di inedito servizio pubblico alla Dissapore, ci dicessimo quali sono gli indizi, i segnali, le avvisaglie della sola?

Beh, a forza di prendere fregature il fiuto s’è perfezionato. Ci sono intere categorie di locali dai quali giro al largo quando sono all’estero e anche in qualche città turistica italiana.

1. Il ristorante prezzemolino. Quello che compare in ogni guida, ogni forum, ogni sito per turisti. E manco a farlo apposta ha oltre cento recensioni su Tripadvisor (con florilegio di BUONISSIMO! e DA NON PERDERE!).

2. Il ristorante con menù turistico. Quaranta pagine, debitamente plastificate, con il menù tradotto in italiano, tedesco, francese, castigliano e swahili. Di solito corredato da terribili foto dei piatti, disposte a tutto pur di essere instagrammate.

3. Il ristorante che lascia il dépliant nella hall dell’albergo. Non stiamo neanche a spiegare perché. Non ci andate, e basta. La sola esistenza del dépliant dovrebbe mettervi in guardia.

4. Il ristorante vicino alle principali attrazioni turistiche. Sotto la Tour Eiffel, davanti al Partenone, fuori da Pompei si possono fare molte cose. Inclinare la testa, tenendo il telefono leggermente sopra la linea dello sguardo, e darci dentro di Selfie (autoscatto). Avere un improvviso mancamento per il troppo scattare. Litigare con il marito della turista giapponese sopra cui si è svenuti. A quel punto darsi al planking. Una cosa però non va mai fatta: mangiare. Pretendere di farlo, e bene, al cospetto di qualche meraviglia planetaria è un peccato di dabbenagine da scontare pagando quaranta euro per una birra e un sandwich scaldato al microonde.

Il ristorante delocalizzato. La paella nei Paesi Baschi, la ratatouille in Normandia, l’haggis in Cornovaglia: tutti posti con pietanze tipiche sul menu, ma di amene località a centinaia di chilometri di distanza. Pensateci: mangereste una pizza fritta a Milano?

Il ristorante sfacciatamente tradizionale. Avete presente la taverna tirolese dove anche i servizi sono in legno, al centro della sala troneggia un grande camino, le teutoniche curve della cameriera sono strizzate in un ridicolo costume locale, e all’ingresso la banda del paese in pantaloni alla zuava intrattiene gli avventori? Ecco, le salsicce che mangerete le hanno comprate al discount.

Il romanzo che vi invitiamo a scrivere nei commenti non prevede la possibilità di scartare le immagini malriuscite, anzi, si nutre di quelle.

Come vi difendete dalle trappole per turisti? Andate allo sbaraglio o vi consigliate con l’amico autoctono? Vi fidate dell’esperto? Controllate telefonino alla mano guide o siti di riferimento? Da quali posti girate programmaticamente al largo?