La notizia è un catalogo dei prodotti che Slow Food ha salvato da fine (quasi) certa, i famosi presidi italiani e internazionali, fotografati da Oliviero Toscani. C’era un tempo in cui vedere una campagna pubblicitaria con un prete e una suora che limonano duro faceva impressione, sconvolgeva le anime dei benpensanti, suscitava un sentimento misto di trasgressione e difesa dei diritti umani che poteva far discutere e pensare.
A quei tempi Oliviero Toscani si è fatto un nome che ancora oggi per molti è sinonimo di super-fotografo (?).
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Passare da Benetton a Slow Food è un gioco da ragazzi per uno che ha sempre infarcito di “etica” o simil-etica la sua arte. E dalle immagini shock siamo passati per l’appunto a quelle da catalogo gastronomico dei presidi. Passare dai condannati a morte ai cibi in pericolo di estinzione è un viaggio breve per uno che, gli si può dire tutto, ma non che non abbia uno spirito attento a quello che è trendy.
Branza de Burduf dei monti Bucegi, Romania. Formaggio a latte crudo misto, vaccino e ovino, che nasce solo d’estate, nel periodo di alpeggio, quando i pastori portano le greggi nelle stâne (malghe), tra i 1600 e i 1800 metri di altezza.
Sale di canna del fiume Nzoia, Kenya. Uno dei pochissimi sali ancora ricavati dalla canna attraverso un particolare metodo di estrazione da una pianta acquatica.
Cola di Kenema, Sierra Leone. È un frutto della stessa famiglia del cacao, le Streculiacee. Se è vero che esistono circa 150 specie di cola, in Africa le più consumate sono due: la Cola acuminata e la Cola nitida.
Gelso del Pamir, Tajikistan. Nel Pamir esistono più di 60 varietà di gelso, Il pikht è usato come dolcificante nel tè, nel latte fermentato o nella panna acida oppure, mescolato alla ricotta, è ingrediente di torte ripiene.
Il risultato è un progetto, esposto a Torino in Piazza Carignano dall’8 al 31 ottobre, dunque anche nei giorni del Salone del Gusto 2014, che racconta per immagini i cibi del mondo ormai rari e che rischiano l’estinzione. È qui che interviene Carlo Petrini fondatore di Slow Food e supereroe per salvare dall’oblio il rarissimo cuscus salato di miglio dell’isola di Fadiouth in Senegal.
Le fotografie sono basiche e pulite, ritraggono gli alimenti spesso su fondo neutro bianco, sono semplici e chiare.
Pomodoro regina di Torre Canne, Puglia. Pomodori coltivati nell’alto Salento tra Fasano e Ostuni, raccolti a luglio. In parte venduti freschi in parte maturati in cassette sino a settembre quando, dopo lo raccolta del cotone, vengono appesi legati da ramasole per essere consumati nei mesi che mancano ad aprile.
Caffè selvatico della foresta di Harenna, Etiopia. Nella foresta di Harenna, a 1800 metri, una delle più grandi dell’Etiopia, cresce spontaneamente un caffè arabica con straordinarie potenzialità qualitative.
Cuscus salato di miglio dell’isola di Fadiouth, Senegal. Il cuscus salato di miglio dell’isola di Fadiouth nasce dall’incontro tra i cereali tradizionali, da tempo immemorabile coltivati nell’entroterra dell’isola, e il mare.
Manna delle Madonie, Sicilia. Si incide la corteccia dei tronchi di frassino per estrarre una sostanza resinosa che, esposta al sole torrido, si rapprende formando bianchi bastoncini di manna, un dolcificante naturale a bassissimo contenuto di glucosio e fruttosio.
Il messaggio è, in questo caso, mooolto più subliminale che in passato, dove le immagini volenti e nolenti parlavano da sole. Oggi, infatti, di cibo in fotografia è piena la Rete, ma anche i social, le gallerie dei nostri smartphone… Toscani ha scelto la strada del minimal, che oggi non è del tutto appagante.
Dove sono i sentimenti? Dov’è la provocazione che deve farci riflettere sul fatto che le industrie alimentari stanno cancellando le abitudini alimentari ataviche di piccoli angoli del mondo? Stanno nelle facce dei produttori ritratte che, sì, raccontano storie, ma esattamente come se ne vedono ogni giorno?
Marocca di Casola, Toscana. Pane di farina di castagne che grazie alla piccola percentuale di patate contenuta nell’impasto si conserva bene anche per molti giorni.
Noce di barù, Brasile. Leguminosa di grandi dimensioni, il cui frutto contiene una mandorla dal sapore delicato: la castanha de baru.
Slatko di fichi selvatici, Macedonia. Frutti verdi e a forma di piccola pera raccolti a un grado di maturazione molto precoce, lavorati dopo una lunga e laboriosa preparazione in composta secondo una ricetta gelosamente conservata.
Sale marino artigianale di Cervia, Emilia Romagna. Da quindici anni, ogni giorno, le acque della salina di Cervia producono un sale integrale “dolce” dalle caratteristiche superiori.
Vaniglia della Chinantla, Messico. Un frutto carnoso, di colore verde brillante e lungo dai 15 ai 25 centimetri che contiene un’enorme quantità di minuscoli semi.
Insomma, dov’è l’Oliviero che ci aspettiamo tutti noi? Slow Food ha inibito l’artista con il suo taglio low profile?
Se anche voi volete chiederglielo, fatevi un giro al Salone del Gusto: lui sarà stanziale al padiglione dedicato all’Arca del Gusto dove farà ritratti ai delegati della rete che sbarcheranno a Torino da tutto il mondo.
[Crediti | Link: Repubblica, Corriere, Slow Food. Foto: andsoda, salonedelgusto, fondazioneslowfood]