Se pensate che i ristoranti siano tutti impegnati a formulare il menu di Natale perfetto vi sbagliate. Alla fine dell’anno i ristoranti pensano a come fare le scarpe alla concorrenza nell’anno a venire, anticipando un paio di mode e garantendosi la possibilità di sfottere per dodici mesi i colleghi che si ostinano a pagare dei camerieri camerieri, e a far attendere i clienti per un’ordinazione.
Se anche voi lanciate sempre il cuore oltre l’ostacolo potrebbero farvi comodo le tendenze gastronomiche dell’anno prossimo. Perché una cosa è sicura: il cibo cambia aspetto e contenuti ma non smetterà di essere al centro della scena. Instagrammato, raccontato, consumato con la bocca o col pensiero.
1. APP ETITO HI-TECH
La carta dei vini sull’Ipad che mi hanno portato alle Calandre è il ricordo di un passato paleolitico, se penso alle applicazioni importune che ti avvisano quando sei vicino a un ristorante e ti sollecitano con la sirena delle offerte. E poi posti già assegnati, ordinazioni fatte in anticipo dal cellulare prima di arrivare al ristorante, persino il conto recapitato sulla carta di credito senza passare dalla cassa.
Pizza Hut, la più grande catena di pizzerie degli Stati Uniti usa un software per tablet che permette ai clienti di scegliersi le aggiunte sulla pizza mentre sono in coda, accelerando il processo di consegna e azzerando quasi l’errore. E nel frattempo prepara il tavolo del futuro. La conseguenza di tutto questo è che i camerieri lavorano sempre meno, vedono ridursi le loro mance e il più delle volte vengono completamente sostituiti dalla signorina con la voce metallica che vive dentro l’applicazione.
2. TELECHEF BISTRONOMICO
Si fa sempre più largo la moda del ridotto, il ristorante del grande chef dove si spende poco o relativamente poco, in un ambiente informale, quasi da gomiti sul tavolo. La chiamano bistronomia. Potrete anche vantarvi di essere andati a mangiare da uno chef tristellato, anche se al massimo vi siete pappati una carbonara e un piatto di uova strapazzate.
Ma sappiamo tutti che l’unico motivo che mi spinge a spendere 50 euro per un pranzo che in una buona trattoria avreste pagato la metà è la possibilità di vivere di rendita nel cuore dei miei amici di Facebook.
3. COUPONMANIA
Se la crisi morde alle caviglie la soluzione è la cena scontata col coupon: so già quel che mangio, so già quanto spendo, non aggiungo nemmeno un limoncello per non far salire il budget. Eppure…
Eppure il ristoratore mi guarda sottecchi per tutta la sera, sperando che la mia avarizia sia solo una trascurabile faccenda temporanea, e che la prossima volta che tornerò da lui esprimerò tutto il mio animo scialacquatore a suon di portate.
4. UM’AMI?
Poco importa che sia dolce o salato, aspro o amaro, il gusto del futuro è l’umami. La relativa rivalutazione del glutammato e quindi del dado da brodo in quadretti sarà una conseguenza inevitabile.
A me sembra solo che sarà un sapore terribile a cui dovrò abituare le papille gustative una volta di più. Dopo quel saporino di pesce dimenticato sul bancone per troppi giorni che ha la zuppa di miso, dopo l’inconfondibile olezzo di Viakal del wasabi, ora aspetto con ardore il momento in cui quel saporino viscido e salato non si produrrà in ogni felice piatto della cucina branchée.
5. VERMEPORN
Prima o poi qualcuno finirà per convincerci che l’insetto è imprescindibile nell’alimentazione mondiale, e di conseguenza usciranno una serie di studi opinabili su come una cucina a base di vermi e cavallette salverà il genere umano dall’estinzione.
Vedo già gli allevamenti di lombrichi nutriti a insalata biologica e cresciuti a sinfonie di Beethoven fino alla mattanza finale, per surgelamento.
6. INGREDIENTE FETICCIO
Dopo la carne Wagyu, il sale dell’Himalaya e il lievito madre chissà se ci sarà spazio per un nuovo totem della gastronomia. Qualunque cosa sarà, probabilmente si andrà sul semplice ed economico.
Mi sembra che ultimamente il borsino delle acciughe del Cantabrico sia salito parecchio, ma che riguardo alle uova esista una vera e propria ossessione. Colpa di Masterchef che ci insegna che chi non sa girare l’omelette col colpo di polso deve nascondersi, e che il cuoco si riconosce dall’uovo alla coque.
7. PIU’ ESTETICA CHE ETICA
Per alcuni anni fu “la julienne”: tutto doveva essere tagliato così. Poi venne il carpaccio, in cui si sostituiva a piacere alla carne il pesce, le verdure e addirittura la frutta. Alla fine venne la tartare, termine impropriamente utilizzato per qualsiasi cosa cruda e a cubetti venisse impilata in forma cilindrica.
Per il 2015 il nuovo taglio saranno i cubetti colorati assemblati nel piatto come un cubo di Rubik.
8. RISTORANTE-SUPERMERCATO
Farinetti ha dato il via con Eataly, e adesso il mercato è esploso: dalla libreria alla macelleria non c’è un posto dove si facciano acquisti che non si vanti di avere il proprio ristorante da intenditori. Perché più cari sono gli acquisti più buona sarà la pietanza (o almeno così dicono).
Poi ci sono i riposizionamenti. Ancora nel 2013 Lidl era l’ultimo degli hard discount, ora parla solo di gourmet e critici gastronomici.
9. NEUROGASTRONOMIA
Avevano cominciato con le essenze da spruzzare e ci avevano promesso che ci saremmo saziati di cioccolato con il solo profumo, senza prendere un etto. Hanno continuato facendoci sniffare il cibo dal piatto, come dei gastronomi eroinomani. Bisogna sapere che l’attuale guru della neurogastronomia è Charles Spence della Oxford University.
Come funziona? L’azienda Diageo, che produce e distribuisce ogni tipo di bevanda nel mondo, ha scoperto che mettendo in un bar dell’erba vera in vaso e facendo sentire il canto degli uccellini in sottofondo la birra single malt assume un sapore più fresco e “di erba”. Questo perchè il gusto che percepiamo è legato al contesto in cui immergiamo il cervello.
[foto crediti: ahar, businessweek, scattidigusto, il tocco glam, food52, cervelliamo]