Aspettando che il 5 novembre venga presentata a Milano la prima guida Michelin del dopo-Arrighi (l’ex direttore), abbiamo sommato i punteggi di Gambero Rosso ed Espresso come un anno fa, per scoprire quali sono i migliori ristoranti della penisola in questa graduatoria combinata.
Non potrebbe essere più salda la leadership dell’Osteria Francescana, anche se il Gambero Rosso assegna lo stesso punteggio a Vissani, che complessivamente si piazza al quarto posto.
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Il podio viene completato da altri due intoccabili tristellati come la Pergola dell’Hilton e Piazza Duomo.
E’ una classifica che, soprattutto nelle prime posizioni, denota una certa staticità. Fra i primi cinque l’unica variazione è l’inversione di Piazza Duomo (fresco dell’assegnazione della terza stella avvenuta appena un anno fa) e Calandre, i migliori sette ristoranti d’Italia sono gli stessi dell’anno scorso.
Alla latitanza di novità risponde fugacemente il nordest (Agli Amici e Antica Osteria Cera), Trussardi rientra in classifica ma la vera new entry è S’Apposentu, unico ristorante sardo in lista, su cui il Gambero Rosso si è sbilanciato, non seguito tuttavia dall’Espresso.
Chi sale (e non sta male).
Due soli ristoranti hanno un punteggio più alto rispetto al 2013 su entrambe le guide: Vittorio a Brusaporto, che continua la sua irresistibile ascesa nell’olimpo dei ristoranti italiani, e Lorenzo a Forte dei Marmi. Due ristoranti di lusso nel senso più classico del termine, che curano al massimo ogni dettaglio di sala e servizio, i cui chef non ricorrono a effetti speciali preoccupandosi piuttosto di esaltare ingredienti di qualità assoluta. Due ristoranti poco modaioli, aggiungerei.
Vanno forte a seguito di un sostanzioso update dell’Espresso il St.Hubertus di San Cassiano e il Laite di Sappada, i due ristoranti di riferimento delle Dolomiti, mentre “il miglior autogrill del mondo” (come scherzosamente chiamo il Devero per la sua adiacenza all’uscita autostradale di Cavenago/Cambiago) guadagna ben quattro centesimi per il Gambero Rosso, consolidando il trend di un Enrico Bartolini, lo chef, sempre sugli scudi.
Chi scende (e forse un po’ se la prende).
Il capitombolo che ha fatto più rumore è quello di un Mauro Uliassi che si è visto togliere le tre forchette dalla guida del Gambero, nonostante il consenso unanime sulla forma smagliante di cui gode la sua cucina; tuttavia, numericamente è un aggiustamento di entità contenuta, che ha destato scalpore per il merito, più che per l’entità.
Un altro rimandato illustre è Cracco, che anni dopo avere perso le tre forchette si ritrova anche valutato al ribasso dall’Espresso: oggi il ristorante del più televisivo dei nostri chef si ritrova alle spalle più di due dozzine di locali. Come se non bastasse, va registrato l’addio di Matteo Baronetto, che ha generato non pochi interrogativi su chi ne raccoglierà l’eredità diventando de facto lo chef di Cracco.
Chi continua a mancare (opinioni non richieste).
La Trota di Rivodutri, a mio avviso tra i primi dieci ristoranti d’Italia. All’Oro, che già come qualità della cucina era gomito a gomito con Heinz Beck e per giunta si è trasferito in un ambiente di più ampio respiro, all’interno dello sfavillante hotel The First dietro piazza del Popolo. Atman, visto che in quel di Pescia il maestro Igles Corelli continua ad attraversare una seconda giovinezza.
Cosa succederà con la Michelin (boccia di cristallo).
Per la prima volta da anni non penso “quest’anno la Michelin deve assssolutamente dare la terza stella a _________ !” (puntate precedenti: Don Alfonso, Vissani, Osteria Francescana, Piazza Duomo).
Villa Crespi continua a sembrarmi il candidato più plausibile, anche se la recente prolungata chiusura e gli impegni televisivi del pur formidabile chef Cannavacciuolo potrebbero penalizzarlo.
Continuo a percepire il magic moment di Vissani come passato, un po’ come il Nobel per la letteratura a Umberto Eco che non è arrivato nel momento in cui l’assegnazione era più probabile e probabilmente non arriverà più. Inoltre dagli ultimi assaggi mi sembra difficile dire che questo sia il momento di massima ispirazione e splendore del ristorante di Baschi.
Il Pellicano ha una struttura che facilmente può aspirare al terzo macaron, ma credo che la cucina di Antonio Guida debba ancora percorrere l’ultimo scalino prima della consacrazione definitiva.
Uliassi sarebbe un riconoscimento meritato e una bella cartolina al Gambero Rosso; per la Torre del Saracino il passaggio alle tre stelle sarebbe una sorpresa, anche se forse nessuno potrebbe etichettare il riconoscimento alla cucina di Gennaro Esposito come immeritato.
Non credo né a doppi salti da una a tre stelle, né a seconde promozioni consecutive, e insomma, ho il presentimento -mi auguro sbagliato- che rimarremo a secco di nuovi tristellati. Chi vivrà vedrà, intanto noto che, dei quattro ristoranti più importanti promossi dalla Rossa nel 2013, Piazza Duomo è salito sul podio della classifica di questo post e altri due (Agli Amici, Antica Osteria Cera) sono nuove entrate. Mi ripeto: manca La Trota!
Tendenze (tentativi di ottenere una figura unendo i puntini).
La cucina classica cresce più di quella contemporanea. La ristorazione d’albergo gode di un momento di grazia. Andare in televisione fa quadrare i conti, ma non apporta vantaggi con le guide. Mi pare di percepire un “effetto Expo” di cui curiosamente non beneficia il locale più celebre di Milano, Cracco, e neppure Vinciguerra che però è stato premiato in tempi recenti. Ma la ristorazione milanese e lombarda continuerà a crescere in questo biennio, e questa crescita verrà registrata.
Si avverte comunque un certo scarseggiare di nomi nuovi, e probabilmente la crisi gioca un ruolo non indifferente.
Sperando che fra dodici mesi si possa dire che i nostri grandi ristoranti sono pieni come non mai; nel frattempo ci coccoliamo i campioni del Made in Italy, Massimo Bottura incontestabilmente a portare la bandiera.