La storia è ordinaria. In previsione di una gita fuori porta lunga 4 giorni, il gastrofanatico preciso, scorre la sua lista dei desideri e si appresta a prenotare in 2 o 3 posti che si è segnato anzi tempo e che non vede l’ora di visitare.
Lui è sistematico e organizzato, quindi un paio di settimane prima chiama o scrive una mail per prenotare. Scrive una mail per abitudine al mezzo o se sta prenotando dalla sua scrivania nel bel mezzo di un open space e non vuole essere licenziato per “fancazzismo da food mania”.
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Il ristorante in questione risponde solerte che la prenotazione per domenica 10 novembre alle ore 13, per due persone, è confermata.
Tutto a posto, bravi, veloci, moderni. È paradossale, ma non è detto che alla prenotazione via mail, segua sempre solerte risposta. In questo caso tutto bene.
Arriviamo alle 13 in punto, che alla fine questa storia del milanese imbruttito e puntuale, ha colpito anche me. Mai stata puntuale in vita mia. Un grande numero di auto con molti “abitanti” per vettura arrivano insieme a noi. Entriamo quasi in coda.
All’ingresso una signora di giovane età ci saluta e sorride come sulla scia di un benvenuto già dato, sorrido a mia volta e dico: “Noi non siamo insieme ai signori – guardando la lunga fila di persone entrata prima di me – abbiamo una prenotazione per due persone alle 13 a nome… “ La signora risponde secca “Impossibile”. Ecco serpeggiare nella mia mente tutte le possibili disgrazie avvenute, in serie: ho sbagliato giorno, ora o mese. Sbagliato ristorante, luogo, regione, comprensorio, provincia. Caso di omonimia da ristorante. Nebbia mentale causata dal troppo stress.
Eppure il sistematico gastrofanatico ha studiato luogo, sito, menù, recensioni di altri. In alcuni casi, duole ammetterlo, sa già cosa mangiare. Ha prenotato dopo aver salivato di fronte al monitor.
Rispondo quieta: ho mandato una mail, alla quale avete risposto. Lei meno convinta di prima, ma sempre ferma, dice ancora: “Impossibile. Oggi abbiamo un matrimonio con 40 persone.” Io: “Ah, ecco. Bene.” dico sempre tranquilla, con un sorriso metà ironico, metà rassegnato. “Quando ha prenotato?” chiede lei.
“Due settimane fa”.
“Impossibile, rispondo io alle mail”.
Mumble mumble, il dubbio di essere dinnanzi a una pessima figura per aver sbagliato mese, diventa certezza.
Tiro fuori dalla borsa lo smartphone e cerco la mail, rassegnata già al fatto che sarei tornata a casa, a 4 ore di distanza s’intende – non dietro l’angolo, a bocca asciutta. Rimaneva da capire per colpa di chi. Mea culpa o della signora senza dubbi.
Nel frattempo lei continua “Sappiamo da agosto di questo matrimonio, sono in 40 e noi di solito non facciamo queste cose. Siamo anche in difficoltà per il numero, non siamo abituati. Non saprei neanche dove mettervi”.
Cerco la mail, la trovo, la leggo, la studio. Prenotazione corretta, risposta affermativa che ribadisce gli estremi della prenotazione.
La mostro alla signora, che guarda esterrefatta il monitor e dice: “La ragazza deve essersi sbagliata (sdoppiamento della personalità, non era sempre lei che rispondeva?), mi dispiace infinitamente.” Ecco che sei lì a 4 ore da casa, sotto la pioggia, con il pensiero dell’astice che ti avevano detto di mangiare sotto il palato e una giovane signora (ndr la proprietaria insieme al altri soci) in imbarazzo e in difficoltà. Non dico nulla, ho il tempo di dispiacermi quasi con lei. Nel frattempo la mia accompagnatrice sbuffa, infastidita dal numero degli “impossibile” che ci erano stati propinati, ma io mantengo incredibilmente la calma. Sorrido comprensiva. Lei ci saluta dicendo “Mi dispiace davvero, non so cosa dire. Tornate a trovarci presto”. Non resisto e dico “da Milano?” Lei ci rimane male, non aveva capito. Noi andiamo.
Con l’amaro in bocca e alcune ipotesi in testa.
- Forse la prenotazione via mail non è connessa al grande cervello delle prenotazioni, semplicemente distrae.
- Il ristorante in questione, di cui non citerò il nome perché non è quello che conta, è uno dei ristoranti più quotati nel panorama delle novità, non uno qualsiasi. La giovane età dei gestori incide con l’organizzazione e la poca fantasia nel risolvere una situazione spiacevole?
- Se avessero improvvisato un tavolo ricavandolo in un angolo del locale forse sarebbe andata comunque male. Ci saremmo trovate in mezzo al matrimonio di gente sconosciuta, quindi nella situazione peggiore in assoluto e probabilmente il ristorante non sarebbe stato pronto a servire i piatti del normale menù.
- Un numero inferiore di “impossibile” da parte della signora avrebbe aiutato la sua immagine. L’assenza di dubbio è sempre tanto pericolosa, strana anche.
Dopo poche ore, mentre siamo in viaggio verso casa, arriva una mail:
Buonasera, ci scusiamo infinitamente per l’accaduto. Non era mai successo e capiamo il disagio che vi abbiamo arrecato. Se mai volesse nuovamente darci fiducia, saremo lieti di offrire a lei e la sua ospite un pranzo o una cena a sua discrezione. Sperando di vederla presto le porgiamo ancora le nostre scuse e i nostri più cordiali saluti.
Lo staff.
Tra un anno, quando forse mi capiterà di tornare, che faccio? Arrivo e dico: sono quella del matrimonio sòla, mail, prenotazione, bla bla bla? So che non lo farò. Andrò, sorriderò e pagherò. Ma forse meglio una telefonata.
Eppure torno a casa con l’amaro in bocca e il pensiero di come avrei reagito io se fossi stata nei panni della giovane signora. Non so, forse avrei messo un tavolo in cucina e via. Oppure queste cose in un ristorante di un certo livello non si improvvisano e non si fanno? O magari episodi come questi succedono e basta, bisogna solo metterli nel capitolo “esperienza”, servono per farsi le ossa?