In una città come Milano, che macina mode, talenti, prodigi annunciati, e, dopo un po’ di chiasso, dimentica per passare ad altre imprescindibili novità, il caso di Amaltea e del suo giovane chef Gabriele Faggionato è anomalo perché non è diventato “trendy” e questo probabilmente lo salverà, permettendogli una crescita progressiva ed equilibrata.
Ecco gli elementi sul piatto: abbiamo un quartiere in crescita vorticosa, che se non fossimo in Italia parrebbe Oriente, tanto veloce è la modificazione dello skyline. È l’Isola, che col suo misto di nascenti grattacieli e vecchie botteghe artigianali mantiene un’identità umana e confortevole.
Abbiamo un ristorante col nome di una capra, Amaltea, che il mito vuole nutrice di Zeus: chi possiede le sue corna può ottenere tutto ciò che desidera (cornu copiae).
Abbiamo poi la sede di Amaltea, luogo carico di storia ristorantizia della città: in passato ospitò Gianni e Dorina, locale di cucina pontremolese che contribuì alla nascita della cucina di qualità di Milano.
E poi abbiamo Gabriele Faggionato: dopo aver lavorato da Carlo Cracco, dopo un’esperienza parigina sulla Rive Gauche, nella stellata cucina fusion di Ze Kitchen, eccolo alla conduzione di un ristorante. La sua proposta è la più concreta che ci sia: “cucina del territorio metropolitano”, l’ha definita.
Piatti ideati con tutte le materie prime a disposizione nei mercati cittadini, che ovviamente offrono anche ingredienti esotici, utilizzati nelle cucine della moltitudine di nuovi milanesi che arrivano da ogni parte del mondo. Arricchimenti e contaminazioni tra sapori conosciuti e altri più inconsueti, quali tamarindo, coriandolo, papaya verde, manioca, curry rosso…
In pratica, una cucina non spettacolare, in cui capisci cosa stai mangiando, però curiosa, allegra, che divulga sapori e accostamenti senza puntare allo shock o all’artificio.
La caponata di verdure è davvero squisita. Così pure la tartare di pesce del giorno, con cubetti di avocado e sedano rapa. Va provato il riso croccante con patate e cozze, che emancipa questo piatto tradizionale dal problema del riso stracotto, sfarfallato. Amerete il “Riso Milano Shangai”, risotto giallo con tamarindo e curcuma, e troverete irrinunciabile la pancia di maiale confit, verza e salsiccia: una miscela di cassoeula e “crispy pork belly”, tipico piatto della cucina cinese.
Il pane, tutto fatto in casa è assai gustoso: grissini con cumino, panetti al latte e con semi di sesamo, focaccia di farina integrale. Per tre portate, conto sui 45 euro.
Ristorante Amaltea, via Guglielmo Pepe 38
Tel. 02 606340, Milano.
http://www.ristoranteamaltea.it
[Crediti | Dalla rubrica “Cibo e Oltre” di Camilla Baresani su Sette, inserto del Corriere della Sera]