Non c’è Dukan, problema mentale, riflesso d’infelicità, raccomandazione del nutrizionista o altre simili facezie: noi di Dissapore mangiamo il pane con sfacciataggine. No, diciamolo, si può immaginare alimento dal più favorevole rapporto costo/beneficio? Dunque, ecco la domanda rivolta allo staff questa settimana: qual è la prima cosa che mettete nel pane? Una e una soltanto. Dolce o salato, anche spalmato, raffinato e gourmet o confortevolmente semplice. Queste le nostre risposte, ora aspettiamo le vostre.
FABIO CAGNETTI.
La versione low cost, da svezzamento adolescenziale e post-adolescenziale, è inevitabilmente pane di Lariano e porchetta di Ariccia. Poi uno cresce e scopre che può scofanarsi di pizza bianca di Roscioli e Pata Negra Joselito Gran Reserva, portafogli permettendo…
GIOVANNI CORAZZOL.
Pane, burro e zucchero. Viene da un patetico legame irrisolto con la fanciullezza spensierata, da un’arcadia dei sapori buoni che nessun dietologo o blogger da strapazzo potranno mai derubare. La fetta di pane da una pagnotta fresca la cui crosta non sia gommosa, non per irritanti motivazioni qualitative, bensì per l’osceno spettacolo offerto dal recupero affannato dei brandelli mal tranciati dai vostri incisivi. Il burro deve essere appena uscito dal frigo, dovrete faticare a tagliarlo e soprattutto a spalmarlo. Non fatevi venire la paura proprio ora, eccedete. il burro dovrà essere spesso e sciogliersi in bocca, non sul pane. Zuccherate a piacere, cominciando con poche spolverate fino a quando non troverete la vostra soglia di sopportazione del dolce e stucchevole. Attrezzati di tutti i sensi di colpa versatevi infine un bicchiere di vino rosso; e puciate, puciate selvaggiamente.
LEONARDO ROMANELLI.
Rosetta svuotata, lampredotto con salsa verde, sale e pepe.
ADRIANO AIELLO.
Pane casereccio di Lariano con rivoltino di San Daniele e fior di latte. Rigorosamente con olio extra vergine sopra. Se vi avanza e lo fate seccare (il pane) e ci stendete sopra un San Marzano maturo con sale, olio e abbondante origano, si può godere grassamente.
ANDREA SOBAN.
Ragioni di sentimento mi costringono a scegliere il panino con il Pastin (impasto di carne tritata grossa e speziata di maiale e manzo, tipica del Bellunese, che noi locali consumiamo anche crudo). Specie nella versione del Titta, leggendario macellaio di Dont di Zoldo che ahimé ha appeso i coltelli al chiodo, cioè cucinato alla griglia nella variante “solenne” con una fetta di formaggio alla piastra, magari di Dobbiaco, in mezzo a due fette di pane del panificio di Zoldo Alto, a Fusine.
CRISTIANA LAURO.
Ferrara. Coppia, ricciola o crocette ancora tiepide con la mortadella. Quel pane con quattro corna. Spezzi un cornino e giri la fetta sottile intorno. Sorridi, mangi e godi. La risposta è sintetica per questo.
EMANUELE GIANNONE.
La classica Semmel o una Brezn – che trattandosi di Baviera è più corretto di Brezel – mangiata insieme al Bayerischer Leberkäs, condito con salsa di senape.
FRANCESCA CIANCIO.
Freselle integrali olio evo ottimo pomodori succosi e basilico carnoso.
RICBRIG.
Pane toscano e olio (nel mio caso Canino per campanilismo), gustato al frantoio nel periodo spremitura, quando l’olio è ancora piccante, mentre si aspetta di ritirare le provviste di olio per l’anno.
— La scelta dello staff altri episodi: Qual è, gastronomicamente parlando, la vostra stagione preferita?
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