Via abbiamo detto quali sono i 20 migliori formaggi italiani, pareri personali, si capisce. Ci siamo spinti a elencare i ristoranti italiani della guida Michelin con il migliore carrello dei formaggi. Per dire di tutte le volte che vi abbiamo portato a Cheese, la bellissima rassegna che ogni due anni Slow Food dedica ai formaggi artigianali.
Oggi coccoliamo la nostra evidente ossessione per i formaggi provando a fare di voi, lettori di Dissapore, dei piccoli nerd del settore, preparatevi a sapere tutto di forma, crosta, pasta, profumi, sapori, abbinamenti e conservazione del formaggio. Che ha i suoi riti, le sue cerimonie e le procedure per una degustazione degna di tale nome, capace di valorizzarne la produzione e il risultato.
Ecco alcuni suggerimenti per godere il più possibile e ottenere degna soddisfazione da questo trionfo di grassi e proteine.
FORMA
Si parte dalla forma; certo, non sempre possiamo osservare e scoprire la forma di un formaggio, specie se ne gustiamo solo una porzione o una parte, ma le forme principali dei formaggi includono la classica forma a ruota, come il parmigiano; forme tonde ma più schiacciate e basse, come tome o fontina; piccoli cilindri o barilotti, tipici dei formaggi di capra; forme ovoidali o tonde, come le mozzarelle e provole; rettangoli spiattellati, come il taleggio, e varietà “informi” come la ricotta o lo stracchino.
[related_posts]
Dalla forma, con le dovute eccezioni, possiamo intuire la consistenza e la solidità di un formaggio, e anche la sua provenienza.
Forme più minute solitamente provengono da latte di capra, mentre le mega-forme, stile ruota di copertone, derivano sovente da latte vaccino.
Quando acquistate un formaggio, se possibile, osservate sempre la forma di provenienza.
CROSTA
Per lo più vista come materia di scarto, la crosta – nei prodotti che ne hanno una – è molto importante per il formaggio, non solo perché crea l’involucro che ne consente la stagionatura interna, ma perché influenza anche il gusto della pasta, e il bilanciamento complessivo delle proprietà organolettiche.
“Del formaggio non si butta via niente” di potrebbe dire, ma in realtà non è così: in molti casi la crosta non è edibile perché trattata con sostanze a rischio igienico sanitario, così come territorio per lo sviluppo di batteri.
Nonostante questo, anche le croste meno “masticabili” come quella del parmigiano possono rivelarsi veri assi nella manica in cucina: da far sciogliere in una salsa o in una zuppa, permettendo il rilascio di grassi e aromi unici, capaci di regalare un accento imprevedibile alla pietanza.
In altri casi, la crosta è edibile, anzi, deve essere mangiata, perché parte integrante del gusto e delle sensazioni insite nel formaggio.
Il caso più conosciuto è quello del Brie, la cui crosta è in grado di aggiungere una nota “felpata” al gusto della pasta; esistono però moltissimi formaggi la cui stagionatura avviene sfruttando aromi o prodotti naturali a contatto con la crosta, come foglie di tabacco, erbe aromatiche, mosto d’uva, pepe, fieno, frutti e molto altro.
In questo caso rimuovere la crosta sarebbe come rimuovere le acciughe dalla bagna cauda.
PASTA
La pasta è l’anima del formaggio e la sua espressione gustativa più profonda e sincera. Le caratteristiche principali della pasta sono il colore e la consistenza.
I colori possono essere influenzati da molti ingredienti aggiuntivi da immettere durante il processo di lavorazione, come ad esempio l’annatto, il colorante naturale che dona il tipico colore arancione al cheddar. Per i formaggi stagionati i due colori principali sono comunque giallo e bianco
La pasta gialla è di solito proveniente da latte vaccino, molto più ricco di grassi rispetto al latte di capra, per esempio, e caratterizzato dalla presenza di beta carotene, che dona il tipico colore giallognolo.
La pasta bianca è più tipica del latte di capra, latte meno ricco di grassi; dal latte di pecora, molto ricco di grassi ma non di beta carotene, si ricava una pasta di un colore quasi beige, quasi a metà strada fra il formaggio vaccino e il formaggio caprino.
Non dimentichiamoci poi del blu, il colore che caratterizza i formaggi erborinati, come il gorgonzola o il già citato blue stilton, cromatismo ottenuto attraverso lo sviluppo di muffe “coltivate” all’interno del formaggio stesso, in grado di donare un sapore caratteristico.
Dopo il colore arriva la consistenza della pasta, tipicamente divisa in pasta molle, semidura e dura.
Le definizioni in questo caso si sprecano, ma la classificazione può essere fatta anche “a coltello” ovvero: se riuscite a spalmarlo (come lo stracchino), è a pasta molle; se riuscite a tagliarlo (come il pecorino toscano) è a pasta semidura; se riuscite solo a scalfirlo (come il parmigiano) è a pasta dura. Lo so, è una semplificazione, ma rende l’idea.
Esistono poi altre classificazione della pasta, come la pasta filata (mozzarella) la pasta fusa (le famigerate sottilette) o la pasta pressata, che non dipendono tanto dalla consistenza del prodotto ma dal tipo di lavorazione subita dal formaggio.
E’ fondamentale confrontarsi nell’assaggio con la consistenza e il colore della pasta, per preparare la propria predisposizione gustativa ad assaporare una certa tipologia di prodotto.
PROFUMO E SAPORE
Dopo averlo osservato e martoriato per verificarne la consistenza, finalmente è giunto il momento di assaggiarlo, non prima di averne assaporato il profumo. Ci sono decine di componenti aromatiche, dirette e indirette, responsabili del gusto e dell’aroma di un formaggio, il profumo è il primo canale espressivo per farsi un’idea delle sue caratteristiche.
Sentori di acidità, pungenti, oppure dolci, delicati, fruttati, basici, o “burrosi”, tipici di quel retrogusto da fattoria: dalle mie parti si dice che il formaggio “sa di vacca” quando trasuda quel profumo artigianale e intenso che si può ritrovare anche nel burro.
Sensazioni che si esprimono poi in bocca, dove è d’uopo ricercare una corrispondenza fra ciò che abbiamo appena riscontrato nel profumo e nell’aroma, e ciò che mastichiamo. Non resta che fermarsi e riflettere sui gusti, cercando corrispondenza fra ciò che stimola l’olfatto e il gusto.
Colore, forma, crosta (se presente) e consistenza costruiscono e ampliano in bocca le proprietà organolettiche dell’assaggio, in cui possiamo riscontrare quattro grandi classi principali di sensazioni: dolce, salato, amaro e acido, pronte a dimenarsi fra le nostre mascelle.
Importante infine il retrogusto, il sapore con cui termina l’assaggio e che si sviluppa spesso solo poco prima o poco dopo la deglutizione, la parte finale, la ciliegina sulla torta della goduria, in grado di rivelare note di colore e accenti inaspettati nel sapore.
In pratica il colpo di scena di un film thriller, che si conclude con l’happy end; per questo è importante non soffrire di deglutizione precoce, o vi perderete il meglio.
ABBINAMENTI
Le ultime mode sembrano ormai imporre di accompagnare i formaggi con miele, confetture, composte o intingoli di ogni genere.
Ammetto che in alcuni casi gli abbinamenti sono interessanti e in grado di valorizzare il gusto di una qualità di formaggio, ma non sono sempre necessari e possono portare alla confusione gustativa, impedendo di godere appieno di ogni sfumatura contenuta nel prodotto “nudo”.
Il miglior accompagnamento – parere personale – è un bicchier d’acqua e qualche fetta di pane (meglio in questo caso il pane senza sale), in grado di fare da base per gustare al meglio le caratteristiche del formaggio. Sia chiaro, un buon bicchiere di vino o anche una birra possono essere una scelta ottima per chi è alla ricerca di accoppiamenti vincenti.
Ma il formaggio è il formaggio. Merita il palcoscenico del vostro palato per esibirsi in un indimenticabile assolo.
COME SI CONSERVA
Oggi i buoni formaggi sono piccoli investimenti: proteggiamoli!
Prima cosa: tenersi alla larga dagli involucri di plastica. Per qualcuno potrebbe essere una sorpresa, ma il formaggio è una cosa viva. Traspira. Invecchia. Traspira di nuovo. Avvolto in un involucro di plastica non riceve l’ossigeno di cui ha bisogno, detto in breve, soffoca, assumendo uno sgradevole e plasticoso sapore di ammoniaca.
Per questo, se il formaggio che avete acquistato al supermercato è avvolto nella plastica, liberatelo da quella costrizione non appena arrivate a casa. Voi sapete perché.
E’ tempo di avvolgere: cosa vi serve. Carta pergamena (se non la trovate anche della semplice carta da forno), forbici, nastro adesivo, un pennarello e ovviamente il formaggio da avvolgere. Dopo di che fate così:
Avvolgete il formaggio nella carta pergamena (o carta da forno).
Richiudete un lato e piegate
Fate la stessa cosa con il lato opposto, avendo cura di chiudere ermeticamente la confezione
Piegate ogni lato della carta avvolgendo il formaggio
Ecco fatto
Scrivete il nome del formagiio e avete concluso l’operazione.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini di come si conserva il formaggio: Food 52]