1,1 per cento. Questa è la percentuale di Pil che l’Italia investe nei Beni Culturali.
Pochino, in confronto al 3 per cento medio del resto d’Europa. E dire che, tutto sommato, qualche chiesa, piazza, museo o sito archeologico l’abbiamo. Ecco allora che uno si arrangia come può, no?
Per esempio: affittando l’anfiteatro di Pompei per una cena privata.
Ennesimo capitolo di una delle saghe più popolari al momento in Italia: “noleggia anche tu un monumento di pregio”.
- Cominciata con il Ponte Vecchio affittato per una sera dalla Ferrari alla modica cifra di 120.000 euro.
- Proseguita con la notizia dei 5000 euro per una cena privata al Tempio di Segesta, finiti nelle casse della Regione Sicilia.
- E con il chiringuito tra le guglie che porterà (sempre che si faccia) mezzo milione di euro per il restauro del Duomo di Milano.
A organizzare la cena, i partecipanti al decimo congresso del gruppo agenti Fondiaria-Sai (sulla carta un consesso di umoristi). Scopriamo così che cenare nello splendido splendore della splendida cornice [pluricit.] dell’anfiteatro costa “solo” ventimila euro – a cui aggiungere, certo, le spese per catering e attrezzature. In questo caso, gazebo, tavoli bianchi e sedie di legno: almeno così si vede nelle immagini pubblicate dal sito Youreporter, che hanno fatto divampare (è verbo di cattivo gusto, parlando di Pompei?) la polemica.
L’Osservatorio Patrimonio Culturale ha scritto un pesante j’accuse al ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, ma sarebbe bastato chiamare Vittorio Sgarbi:
“È’ il modo giusto per valorizzare gli scavi e fare incassare qualche migliaio di euro alla soprintendenza o piuttosto, è il modo peggiore per svendere e ridicolizzare un bene pubblico tutelato dallo Stato e riconosciuto dall’Unesco quale patrimonio dell’umanità?”
Bray ha replicato che al Ministero sta lavorando a una commissione per “valutare le regole del rapporto tra bene pubblico e privati”. Rapporto che in Italia è regolamentato solo dall’articolo 106 del codice dei Beni Culturali, che prevede la possibilità di ”uso individuale di beni culturali”.
Il Corriere di oggi pubblica una lista di monumenti che non solo sono affittabili, ma sono anzi regolarmente affittati, senza che ogni volta scoppi un caso stampa:
gli spazi di Palazzo Barberini a Roma costano dai 6 ai 20.000 euro,
la Reggia di Capodimonte minimo 20.000 euro, e così via.
Ma prima di gridare allo scandalo del patrimonio culturale svenduto al miglior offerente, forse faremmo meglio a leggere le parole di Sandrina Bandera, Soprintendente di Brera (affitto del Loggiato: dai 3 ai 5mila euro).
“Sono scelte alle quali sono costretti tutti i più grandi musei del mondo. Siamo chiari. I soldi pubblici non ci sono. Punto“.
E qui torniamo all’inizio, a quell’1,1 per cento.
O si impediscono cene e feste private nei monumenti storici – e conseguentemente si rinuncia ai lavori di restauro e manutenzione finanziati dai suddetti eventi. O ci si tura il naso e si sopporta la vista di gazebo bianchi nell’anfiteatro di Pompei, pensando che quei soldi andranno nel restauro di una domus della città.
Conoscete una terza via? (O almeno se gli agenti Fondiaria-Sai hanno mangiato bene?).
[Crediti | Link: Dissapore, Corriere del Mezzogiorno, YouReporter, immagini: YouReporter, La Nazione]