Anche se “de gustibus non disputandum est”, l’anarchia del sapore è ancora una chimera. L’ho pensato dopo aver letto l’ennesima polemica sulle ricette tradizionali oltraggiate, questa volta è il turno del pesto genovese al burro di Davide Oldani.
Eppure, a differenze del segretario generale dell’Accademia italiana della Cucina, Paolo Petroni, che è praticamente insorto, mentre leggo quello che lo chef del D’O di Cornaredo Oldani ha dichiarato all’Ansa, sulla fronte mi spunta la ruga della perplessità: il burro non sembra un ingrediente improponibile.
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Ho in mente tre immagini:
a) Le dosi impegnative di parmigiano e di pecorino che normalmente si aggiungono al pesto
b) La signora di Cairo Montenotte (che non sarà Genova, ma è comunque Liguria) che aggiungeva una cucchiaiata di formaggetta per dare cremosità
c) L’agghiacciante serialità del pesto nei banchi gastronomia dove il verde del basilico fa capolino in un bianco oltraggioso (frutto, quando va bene, di margarina a quintali).
@dissapore @DAVIDEOLDANIDO #pestoallagenovese nel talismano del 1949 a pag 138… pic.twitter.com/HGjm6MQSrl
— Debora Tomeucci (@cuochincasa) 12 Febbraio 2015
Sono interessata a capire da dove viene l’idea di Oldani.
Sta bene che lo abbia letto in un vecchio libro di ricette (forse “Il talismano della felicità” di Ada Boni, lo stesso che ci ha segnalato la lettrice @cuochincasa?), sta bene che collezioni La Cucina Italiana da tre generazioni e abbia in casa le annate complete dal 1930 come neanche una biblioteca, ma, alla fine:
cosa vuole ottenere?
“Visto che è pesto, almeno che sappia di basilico”, è il concertato di quello che Oldani mi ha risposto al telefono.
Dunque il sillogismo è semplice: l’ingrediente principale del pesto è il basilico, e quello deve essere il sapore, tanto che si è fatto costruire un mortaio ad hoc, con delle scanalature all’interno, per pestare le foglie senza lavorarle a lungo.
Infatti la notizia non è tanto quello che Oldani aggiunge al pesto – il burro – ma quello che toglie: aglio e parmigiano.
Ecco: “E’ un pesto per milanesi”, è così che mi dice al telefono Roberto Panizza, genovese, presidente dell’associazione Palatifini e organizzatore nientemeno che del campionato mondiale del pesto (se non lo sapete il pesto è la seconda salsa più popolare nel mondo, dopo la maionese).
In verità non lo dice lui, ma lo fa dire allo scrittore e giornalista Vittorio G. Rossi, che a proposito del pesto senza aglio disse (negli anni Cinquanta) che si trattava di “Obbrobriosa manteca, adatta alle morbide bocche dei milanesi”.
Panizza, dal canto suo, aggiunge altre due affermazioni tra il sardonico e il poetico: “Il pesto è una salsa maleducata che sa di aglio” e “non è scritto da nessuna parte che debba essere cremoso e vellutato”.
Quando smettiamo di ridere sotto i baffi, Panizza conferma che nell’Ottocento il burro si aggiungeva, oggi non si fa più perché siamo più ricchi e possiamo comprare il parmigiano e il pecorino. Lo stesso motivo per cui un tempo si usavano le noci e i pinoli e ora si usano solo i pinoli.
Insomma Oldani più che un pesto tradizionale fa un pesto filologico.
PESTO ALLA GENOVESE: la ricetta di Davide Oldani
150 gr di foglie di basilico genovese,
30 gr di olio di olive taggiasche (lui usa Carli),
20 gr di burro,
20 grammi di pecorino,
pinoli e noci sbucciate (per ridurne l’amaro).
PESTO ALLA GENOVESE: la ricetta di Roberto Panizza
Democraticamente, Panizza ritiene che il pesto ufficiale sia quello che fanno la maggioranza delle massaie genovesi, dunque per le dosi si va a occhio e a gusto.
Basilico genovese d.o.p.,
olio ligure,
pecorino e parmigiano (di solito in abbondanza),
aglio,
pinoli,
sale.
PESTO ALLA GENOVESE: MANTECATURA
Tutto l’arrovellarsi sul burro di Oldani non riguarda tanto la ricetta, quanto il momento cruciale della mantecatura. Lo chef del D’O scola la pasta, la lascia intiepidire un po’ e aggiunge il pesto al burro per avere una pasta legata bene e molto profumata di basilico.
A Panizza, il vate del pesto, abbiamo capito che la pasta legata non fa gola di per sé, anche se ci ha fatto notare un dettaglio: a Genova col pesto si condiscono gli gnocchi, le trenette, le trofie o i mandilli de saea, tutta pasta fresca che in cottura rilascia molto amido ed è con quello che si lega il pesto, seguendo l’arcinoto trucco della massaia che prevede l’aggiunta di un po’ di acqua di cottura alla salsa.
Da qui discende l’evidenza: se con il pesto condisci gli spaghetti aggiungi pure il burro.
[foto crediti: Flickr@Gioviben Flickr@Patrizia Ferraglioni, Flickr@MoritzP]