Chiedetevi qual è il libro che dovete tassativamente leggere nel 2013 e rispondetevi marzullianamente Salt sugar fat (Random house 2013, in Italia per Mondadori dal prossimo autunno) di Michael Moss, giornalista del New York Times già premio Pulitzer per un articolo sul batterio Escherichia Coli.
Perché? (A parte l’anticipo record ricevuto dall’autore, uno dei più alti nella storia editoriale americana).
Dunque, avete presente il croc delle patatine? Quel rumorino delizioso che fanno quando le spezziamo sotto i denti? In gergo tecnico croc significa punto di rottura. Quello perfetto, che ti invoglia a mangiarne un’altra, poi un’altra, poi un’altra ancora, avviene sotto una pressione di 276 millibar. Ovviamente i produttori lo sanno.
Ecco, il libro di Michael Moss è pieno di aneddoti come questo raccolti in quattro anni di ricerche, colloqui con dipendenti e dirigenti delle grandi industrie alimentari, nutrizionisti e sociologi. Se un tempo abusare di bacco tabacco e venere non era educativo, oggi la triade letale è composta da sale, zucchero e grassi, e Salt sugar fat racconta dei milioni di dollari spesi dalle lobby alimentari (i soliti noti: Nestlè, Kraft, Coca Cola … ) per rendere i loro prodotti irresistibili – attenzione, non “più buoni”, che è un concetto diverso, meno importante per snack confezionati e piatti pronti rispetto a essere irresistibili. Non a caso, un altro termine caro all’industria alimentare è sazietà sensorio-specifica, gli stimoli gustativi troppo marcati attenuerebbero il desiderio di assumerne ancora. I giganti del cibo calcolano con precisione il punto di massima beatitudine provocato dallo zucchero, il cosiddetto bliss point, o la consistenza che deve avere il grasso per darci la sensazione di sciogliersi in bocca. Insomma, ogni genere di trucco che aumenti la nostra dipendenza dai loro prodotti.
E siamo al punto. Visto che negli USA un adulto su tre è obeso, mentre in Italia sono un rispettabile 10% della popolazione, è corretto parlare di dipendenza? Sì, secondo David Kessler. Intervistato dal settimanale Internazionale, che, Washington Post a parte, ha dedicato 8 pagine alla presentazione di Salt sugar fat, l’ex direttore della Food Drug Administration (l’Agenzia americana per gli Alimenti e i Medicinali) ha spiegato che per stimolare la produzione di dopamina e attivare nel cervello i centri di piacere che rendono difficile resistere, certe merendine o patatine aromatizzate al bacon basta guardarle. La sola differenza con le droghe o il tabacco –precisa Kessler– è che il cibo non si può demonizzare.
Quando le iniziative per limitare il consumo di cibi grassi e bevande zuccherate falliscono (anche in Italia) sotto il peso della libertà di scelta reclamata dai cittadini, gli effetti si riverberano –scrive Moss nel libro– su tre categorie: poveri, persone meno scolarizzate e bambini. Perché quando fumiamo troppo o esageriamo con il vino siamo coscenti dei rischi che corriamo.
Ma quanti di noi, svuotando il sacchetto, leccandosi le dita e beandosi per l’ultimo croc, sanno davvero di essere dipendenti?
Ecco perché Salt sugar fat è il libro che dovete tassativamente leggere nel 2013.
[Crediti | Link: Washington Post, Dissapore. Internazionale]