Rene Redzepi è il prototipo degli chef diventati filosofi, che parlano nei simposi e ti mettono le formiche nel piatto, con grande emozione dei teneroni di Twitter, sull’orlo della crisi mistica per le prodezze aforistiche del loro guru-chef. Per cui, ora che l’eremitico cuoco ha creato davanti al Noma di Copenhagen, il migliore ristorante del mondo, un orto abbellito da rocce laviche disposte a guisa di scogliera, con tanto di arnie per le api perché il Km Zero è una roba seria (dalle arnie al piatto), hanno tutti fatto: “Ohhh” e subito dopo depennato dalle loro Moleskine i ristoranti senza orto.
E figurati se Dissapore, intercettato il trend, non si metteva a fare la classifica dei migliori ristoranti italiani muniti di orto.
L’immagine del fulgido guru ha generato la solita febbre collettiva dei twittatori in estasi, fino a quando i tipi di Polyform Architets non hanno svelato l’arcano.
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Il motivo vero per cui tra i lastroni di cemento del porto dirimpetto al Noma si è materializzato l’orto-giardino da 400 metri quadrati, è la frotta di curiosi che si addensano davanti alle vetrate del ristorante facendo sentire i clienti come pesci tropicali in un acquario. E non parliamo di quelli che scalpitano perché in ansia da selfie davanti al locale famoso, orami la torre di Pisa della cucina internazionale.
Essere ammirati e invidiati rende orgogliosi, ma ai commensali disposti ad attendere diversi mesi per provare le creazioni di Redzepi, tutto quello spiare non dev’essere andato giù. Anche perché, lo abbiamo scritto, nemmeno il Noma è scevro dal Cliente Terribile, quello che rubacchia le posate, fa sesso in bagno e si ubriaca in maniera molesta. Insomma, gli ospiti non si sentivano liberi di sputacchiare una corteccia troppo coriacea per paura di finire su Instagram con una foto titolata: “#Noma perde colpi: #clienteinsoddisfatto sputa #lichenefritto”.
Ed ecco la soluzione. La soluzione degna di un grande creativo. Altro che gente con il callo dello spadellatore.
Esclusi a priori gli orribili nastri bianchi e rossi, rivela Thomas Kock di Polyform Architects, lo studio che ha realizzato il progetto, Redzepi ha deciso di tirar su un “Nordic Landscape”, una zona cuscinetto dall’aspetto nordico con gli arbusti a complicare l’accesso alle finestre, e le api come ultimo baluardo difensivo per sparpagliare i turisti impiccioni.
Senza escluderli, si capisce, piuttosto “inserendoli nell’esperienza del Noma” compreso il brivido da tundra.
Il cibo è una delle poche cose che oggi come oggi emoziona la gente. Forse perché, felice intuizione del socratico Rezepi raccoglitore d’erbe, la gente di oggi è fatta più di “pubblico” che di “clienti”.
[crediti | Link: Domus Web, Guardian. Immagini: Domus Web]