E’ martedì, sono quasi le quattro e leggi un post qui, su Dissapore, in cui si parla di “A qualcuno piace Cracco“, nuovo libro dell’omonimo chef e di una sua impasse culinaria, la misteriosa e fino ad ora sconosciuta “Torta delle quattro città”. Il giorno dopo ti comunicano che tu, proprio tu, dovrai replicare la fantomatica torta, della quale nessuno sa una cippa, con tanto di documentazione fotografica che sarebbe stato meglio immortalare un chupacabra.
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L’unica consolazione, aggiungono, è che non esiste la ricetta perfetta, solo “la” ricetta.
Di fighi e fichi
Non mi fido delle foto riportate nell’articolo, voglio il libro, ne ho bisogno.
Sfoglio nervosamente il volume e alla voce “Torta delle quattro città” Cracco esordisce così:
“Ho scoperto l’esistenza di questa torta parlando con Iginio Massari. Mi ha raccontato la storia di un dolce la cui origine è contesa tra le città di Verona, Vicenza, Mantova e Modena. Si tratta di una torta composta da un fondo di frolla, con un ripieno a base di mandorle e scorze di arance, la cui caratteristica è quella di essere ricoperta in superficie con delle vere tagliatelle di pasta all’uovo”.
Mi vengono in mente la torta di tagliatelle di Mantova e la torta ricciolina emiliana, ma dopo una prima lettura di ingredienti e procedimenti mi rendo conto in quali terribili perigli mi sono cacciata. Tutto karma positivo, continuo a ripetermi.
Le modifiche apportate dallo chef sono l’aggiunta di fichi e l’utilizzo di una sottilissima sfoglia drappeggiata al posto delle tradizionali tagliatelle.
Buttate via l’agenda, avrete bisogno di una buona dose di tempo, pazienza e soprattutto uova.
La ricetta perfetta.
Torta delle quattro città per una tortiera da 18 cm*
Ingredienti:
50 g di pasta fresca all’uovo ( la proporzione è 100 g di farina + 1 uovo + 1 pizzico di sale)
Per la frolla
300 g di farina
200 g di fecola
150 g di burro
150 g di zucchero a velo
140 g di uova intere ( circa 3)
2 g di sale
3 g di lievito chimico
Per la crema pasticcera (ne servono 150 g)
200 ml di latte
1/2 baccello di vaniglia
180 g di tuorli (circa 9)
150 g di panna fresca
120 g di zucchero semolato
18 g di farina
Per il ripieno
150 g di burro
150 g di farina di mandorle
100 g di zucchero a velo
25 g di rum
scorza grattugiata di 1 arancia non trattata
scorza grattugiata di 1 limone non trattato
5 o 6 fichi maturi ( o confettura di fichi)
1/2 cucchiaino di noce moscata
1/2 cucchiaino di cannella
1/2 cucchiaino di cardamomo
1/2 cucchiaino di zenzero
*Ho utilizzato uno stampo da sedici, a fine giornata avevo una torta in più.
Faccio un respiro profondo e impasto quest’ovetto solitario con la sua dose di farina. Copro la graziosa pallina e metto da parte.
Verso il burro morbido e lo zucchero a velo setacciato nella ciotola della planetaria armata di frusta piatta e lavoro il composto fin quando gli ingredienti sono ben amalgamati. Aggiungo le uova ed il sale e faccio incorporare.
Setaccio la farina con la fecola ed il lievito chimico, verso nella planetaria e spengo dopo pochi secondi, la frolla non va lavorata troppo. Mi sposto sul tagliere leggermente infarinato, formo un panetto e faccio una leggera pressione. Copro con pellicola e lascio riposare in frigorifero per una mezz’oretta.
Faccio bollire il latte e la panna con il baccello di vaniglia privato della polpa. Unisco i tuorli (tanti tuorli) allo zucchero e ai semini di vaniglia, batto velocemente con una frusta ed aggiungo la farina setacciata.
Verso il latte – privato della vaniglia – nei tuorli, riporto sul fuoco e faccio addensare mescolando continuamente con la frusta. Verso in una ciotola ampia, copro con pellicola a contatto e lascio raffreddare.
Lavoro il burro morbido con lo zucchero a velo e la farina di mandorle con una frusta, senza montarlo, ed aggiungo la scorza grattugiata di arancia e limone. Aggiungo 150 g di crema pasticcera a temperatura ambiente, amalgamo con cura ed aggiungo il rum.
Stendo la pasta frolla sulla spianatoia leggermente infarinata ad uno spessore di circa 1 cm e fodero un anello da pasticceria del diametro di 16 cm (non avevo uno stampo da diciotto) poggiato su una teglia rettangolare coperta con carta forno, creando un bordo alto 3 cm. Faccio aderire la frolla alle pareti dello stampo aiutandomi con una pallina di impasto: leggo che a Cracco non piacciono le ditate.
Rifilo i bordi con una rotella , riempio con la crema di mandorle fino a metà stampo (a questo punto andrebbero aggiunti i fichi privati del picciolo e tagliati in quattro) e finisco spolverizzando con il mix di spezie. Inforno a 170° per circa trenta minuti, incastrando un cucchiaio di legno tra lo sportello ed il forno.
Lascio intiepidire e sforno il dolce con delicatezza; non voglio fare disastri, e di conseguenza giocare a freccette con la copertina del libro.
Stendo la sfoglia con il matterello. Quella di Cracco è un velo, la mia un copriletto di pile.
Recupero l’anello che ho utilizzato per la cottura e dispongo all’interno la sfoglia, creando movimento come se stessi maneggiando un pezzo di stoffa. Le pieghe devono essere ampie, dobbiamo evitare che si crei umidità in forno.
Faccio cuocere a 190° fino a leggera doratura e spolverizzo con lo zucchero a velo. Ripasso in forno a 210° per pochi minuti, lo zucchero deve trasformarsi in caramello. Ma, cito testualmente, “..se anche non caramella perfettamente non fa niente”. Mai parole furono più gradite.
Stendo un leggero velo di confettura di fichi sulla superficie del dolce e completo con la corona di sfoglia.
Ecco, tutto qui.
[Crediti | Link: Dissapore, Rizzoli. Immagini: Rossella Neiadin]