L’unico momento in cui si può esser certi di qualcosa è quando si è certi di aver sbagliato. E quando si sbaglia un piatto unico come il gattò napoletano, what happens? Per contraddire la legge di Murphy ci vuole la ricetta perfetta.
L’ultimo Monzù
Alla ricerca di spunti e fonti attedibili mi ritrovo a sfogliare “La cucina napoletana” di Antonio Tubelli, patron del ristorante/bottega Timpani&Tempura, volume carinissimo che dedica un intero capitolo all’epoca dei cosiddetti “mangiafoglie”, periodo antecedente alla diffusione di pasta e affini sul territorio partenopeo.
Alla voce gattò di patate recita così:
“Questo termine, così caro ai napoletani, ricalca la storpiatura dialettale del francese “gateau” e indica la caratteristica torta confezionata con patate schiacciate, formaggi e salumi tritati la cui origine è legata alla cucina monastica delle clarisse”
La ricetta è piuttosto semplice, simile a quella descritta nell’omonimo libro di Jeanne Caròla Francesconi, ma senza l’aggiunta di parmigiano e di albumi montati a neve.
Dagli chef agli sciemful.
Surfando da un sito all’altro mi imbatto nella versione tradizionalista firmata dallo chef Alessandro Teo, dello storico ristorante “Umberto” e in quella fancy dello chef Pietro Parisi del ristorante Era Ora (Palma Campania, Napoli), con salame di Nola e pane alle olive. Segue il bello ed il brutto dall’universo food blogger, dalla versione pulita e essenziale de Il Pasto Nudo a inquietanti declinazioni con aggiunte di Emmental o prosciutto crudo.
Il Sud con “S” maiuscola.
Sono le 19:30 e la voce di Marianna Vitale, chef del ristorante Sud (Quarto, Napoli), è forte e diretta. Mi spiazza con una domanda : “Quanti gattò fatti bene hai mangiato a Napoli?” Non molti, devo ammetterlo. Il gattò, mi dice, è una pietanza difficile da preparare, bisogna scegliere le patate giuste (vecchie, perchè meno acquose) e rispettare i tempi della preparazione.
Preferisce non utilizzare parmigiano o pecorino, gli unici formaggi concessi sono la provola e il fior di latte, stempera le patate con il latte e farcisce esclusivamente con salame tipo Napoli. Mi consiglia di far stazionare il gattò in frigorifero per due o tre ore prima di procedere alla cottura (180°C per quaranta minuti circa) e di utilizzare la sugna al posto del burro per ungere il ruoto (teglia per i non napoletani). Consiglio che avrei accettato volentieri, se solo la spacciatrice di fiducia (mia nonna) non ne fosse stata sprovvista.
La ricetta perfetta.
dose per un ruoto da 24cm
Ingredienti:
1,5 kg di patate vecchie
120 g di burro più un altro po’ per imburrare la teglia
100 g di parmigiano grattugiato
4 uova intere
130 g di salame tipo Napoli tagliato a listarelle
100 g di provola fresca affumicata
100 g di fior di latte
latte intero q.b. (ne ho usati 200ml)
100 g di pangrattato (ho passato al cutter del pane tostato)
sale e pepe nero macinato
prezzemolo fresco tritato q.b.
Lesso le patate e le sbuccio ancora incandescenti, togliendole una alla volta dall’acqua bollente e imprecando a intervalli regolari.
Le schiaccio con lo schiacciapatate a fori piccoli facendole cadere in una ciotola d’acciaio, precedentemente riscaldata in forno a 70°.
Lavoro la purea di patate con una spatola per qualche minuto, fin quando non risulterà ben amalgamata, aggiungo il burro, il parmigiano e continuo a mescolare fino a completo assorbimento. Incorporo le uova intere ed il salame tagliato a striscioline, aggiusto di sale e pepe e regolo la consistenza con il latte.
Imburro per benino la teglia e cospargo la superficie con abbondante pangrattato. Faccio un primo strato ricoprendo la base e i lati della teglia, aggiungo i cubetti di provola e fior di latte al composto di patate e continuo a riempire. Faccio dei piccoli solchi con i rebbi di una forchetta, ungo con olio extra vergine di oliva utilizzando un pennello e spolvero uniformemente con il pangrattato.
Aggiungo qualche fiocchetto di burro e inforno a 180°C per quaranta minuti circa. Faccio raffreddare e servo tiepido con un po’ di prezzemolo tritato al momento.
[Crediti | Link: LaFeltrinelli, Dissapore, Penna e forchetta, Hoepli, Ristorante Umberto, Pietro Parisi, Il pasto nudo, Sud. Immagini: Rossella Neiadin]