In principio fu l’hamburger, prima tacciato di essere il male assoluto e poi trasformato nel protagonista della dieta ufficiale del foodie. Archiviati ufficialmente i tempi dell’infausta demonizzazione del junk food, il 2014 é stato l’anno della definitiva consacrazione nell’olimpo gourmet di tanti piatti che prima erano considerati spazzatura.
Altro che ossimoro: oggi il junk food gourmet is the new black.
Sta bene al bar, fa figo al baracchino, dona un tocco più pop allo stellato, regala inaspettate standing ovation a casa con gli amici. Un boccone di chianina di qui, un morso di camembert al posto dello squaquerone nella piadina, le patate fritte cacio e pepe e il gioco é fatto: resta la sostanza, cambia la forma e il contesto tanto da trasformare il caro, vecchio, unto kebab in un cibo dall’allure decisamente più aristocratica.
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In un momento storico in cui la destra e la sinistra sono fuse in un magma informe difficilmente scindibile, anche nel piatto il rosso e il nero si fondono in nome di uno slogan trasversale: gourmetizzazione. Ne é passata di acqua sotto i ponti da quando l’hamburger apripista ha iniziato a nobilitarsi, tirandosi dietro via via tutto il resto del carrozzone junk.
Fino ad arrivare ad oggi, in cui il cerchio si é chiuso e la trasformazione é compiuta, in tantissimi ambiti. Volete qualche esempio?
1. HAMBURGER: DA MC JUNK AL FOIE GRAS
Era La schifezza per antonomasia. Per anni ci hanno raccontato che il fast food, impersonificato dal Re hamburger, ci avrebbe rovinato la vita, la dieta e il metabolismo. Oggi, gourmet-victim che altro non siamo, lo abbiamo messo su un piedistallo e lo trattiamo come un piccolo Buddah sulla tavola, con un misto di rispetto e stupore per le miriadi di varianti chic che se ne possono ricavare.
Mc Donald’s lo fa con la chianina, e ora pure con la marchigiana. I ristoranti con velleitá lo hanno inserito di diritto nel menu, infarcendolo all’occorrenza con foie gras, kobe e altro. Il pane non é più la melassa gommosa e zuccherina di un tempo, ma biologico e fatto con lievito madre.
2. PATATE FRITTE, DALLA MANINA AL PEPE 3 COLORI
Lontani i tempi in cui si vendevano i classici sacchetti di plastica di chips con dentro l’ambitissima manina appiccicosa da tirare sui vetri. Banditi ormai i regalucci da bambini, oggi il mercato delle patatine punta più in alto: agli ex bambini trasformatisi oggi in attenti scandagliatori di etichette.
Fino a qualche anno fa la versione più coraggiosa delle patatine industriali era al gusto pizza o formaggio. Oggi la gourmetizzazione ha preso il sopravvento del mercato, complice anche il Cracco nazionale che ci ha messo la faccia.
Ci sono quelle al lime e pepe rosa, aromatizzate al timo, salvia e rosmarino, quelle al sale marino e cotte a mano, viola, fritte sottovuoto, fritte nell’olio EVO. Per non parlare del packaging gastro-fighetto in sacchetti radical chic di carta.
E per non dimenticare un’altra categoria diversamente gourmet ci sono anche quelle Veg aromatizzate a spinaci e pomodoro. Della versione classica (ma ricercata) ce ne eravamo già occupati con la nostra classifica delle migliori chips.
3. PIADINA DI RANGO SUPERIORE
Lo strutto nobilitato? Sì, in alcuni casi avviene grazie alla farcitura da mille e una notte che riesce a trasformare la piadina tradizionale in qualcosa di molto più appetibile a palati superiori.
Ne parlavamo giusto quest’estate, c’é chi l’ha rivisita in total black con impasto all’olio e nero di seppia, poi la farcisce con mazzancolle, insalata e pomodoro.
C’é chi ci mette il pecorino barricato, i fichi carmellati, le mandorle tostate, chi la serve aperta, chi sostituisce lo strutto con un impasto al burro e la riempie di alici del mar Cantabrico che stanno al posto del sale.
4. KEBAB 2.0
Nella maggioranza dei casi si assiste ancora al tranello turco di metterci dentro tutto, comprese patatine fritte, ma oggi anche il kebab ha le sue isole gourmet, come da Grillé a Parigi, nuova icona della trasformazione del kebabbaro in abile social media gourmeting. I parigini sembrano dare i numeri per questo nuovo classico rivisitato con crema di formaggio al rafano ed erbe.
I milanesi, dalla loro, da qualche mese hanno la loro kebabberia gastronomica, dove si assiste all’imborghesimento del panino e alla sua trasfigurazione mistica in oggetto del desiderio gourmet.
Eccone quindi la versione chic con sola carne italiana senza conservanti, pane arabo oppure piadina della casa, ingredienti insoliti come la’nduja, la guacamole, i frutti del cappero e i germogli di soia. Fusion e personalizzabile: e giá il ricordo del Mesopotamia style si fa più labile.
5. TRAMEZZINO IN FASE DI RESTYLING
Sulla strada obbligata della gourmetizzazione c’é anche la seconda vita del tramezzino, a Venezia un vero must, ma che ha tardato a dare il colpo di reni rispetto al cugino hamburger. Difficile oggi togliersi la patina consolidata del cibo dalla consistenza ospedaliera per far posto alla versione gastronomica, ma qualche tentativo c’é.
Ancora una volta siamo a Milano, dove si cerca la svolta definitiva iniziando dalla maionese fatta in casa, meno globalizzata e più leggera. Ma anche le farciture prendono sempre più la strada della rivisitazione gastro-chic con la versione al Gorgonzola dolce DOP e mela verde, oppure quella con finocchiona e pecorino toscano.
6. POP CORN VERSIONE CUCINA MOLECOLARE
Quando una tendenza nasce dal bisogno collettivo di impreziosire un alimento, a costo di privarlo della sua buona e “sana” dose di schiettezza, nascono obrobri infausti come i pop corn da gourmet. Avvistati di recente al bar del cinema, ho sentito un disagio fortissimo.
La gourmetizzazione, a volte, è solo una facciata patinata che si riempie la bocca di ingredienti ritenuti “fighi”, poca importa se nella sostanza si sposano bene con la base o sembrano buttati a caso in un calderone.
La marca è Jimmy e vanta alcune variazioni sul tema a dir poco esilaranti: al jamon de Espana, al wasabi, al cioccolato bianco, al cocco e caramello, ai frutti di bosco e al latte macchiato. Sì, ho detto jamon. Io non ce la posso fare.
7. FISH & GOURMET
Ancora a Parigi il fish & chips modaiolo si chiama Sunken Chip. Il gourmet parigino può scegliere tra i pesci della tradizione, decidere per la frittura del pescato del giorno, il tutto rigorosamente innaffiato da salsa tartara fatta in casa.
La ricerca delle materie prime, le combinazioni personalizzate, le nuggets di pesce, le bevande tipicamente inglesi: tutto concorre alla riscoperta fighetta di uno dei piatti più semplici e diffusi al mondo.
8. RAMEN PER GENTE ALLA MODA
Non si tratta di punk food, ma merita una citazione anche il selvaggio imborghesimento del ramen, impensabile fino a pochi anni fa. A quei tempi lo avremmo definito “cibo per anzianotti”, causa presenza del brodo.
Oggi, invece, dopo la costante scalata della cucina giapponese nelle nostre abitudini alimentari, il ramen ha bisogno di essere rivitalizzato con una gourmetizzazione d’obbligo.
A Milano succede a Casa Ramen, un locale che cuoce il brodo di maiale per 14 ore e, soprattutto, presenta il ramen in maniera impeccabile, in puro stile Pinterest. Sembra di plastica, da quanto è perfetto: roba per golosoni chic all’orientale.
Le regole della gourmetizzazione
– Impreziosire, ma mai dimenticare le origini popolari (citate nel menu)
– Usare la carta oleata per il fritto
– Packaging hipster nella grafica, riciclato o riciclabile
– Almeno un ingrediente esotico
– Almeno un ingrediente preso da menu di un ristorante stellato
– Eliminare il quid base che rende un alimento junk (lo strutto, l’olio di palma, tutti gli ingredienti di scarsa qualità)
– Aumentare di quasi il doppio il prezzo.
Ne avete altre di regole per la tendenza del 2014?
[Crediti | Link: Dissapore, Scatti di Gusto]