C’è una vecchio detto secondo cui il critico ambisce segretamente a passare dall’altra parte della barricata. Il mio contributo alla discussione è minimo, se c’è una categoria che non invidio è proprio quella dei ristoratori. Più li conosco più capisco che non potrei mai gestire un locale: drammi burocratici, difficoltà organizzative, fisime dei clienti.
Ecco, soprattutto loro, i clienti. Temo finirei ben presto per lanciare addosso a qualcuno padelle e registratore di cassa. Ammiro l’impassibile gentilezza con cui (la maggior parte delle volte) i ristoratori accolgono le nostre richieste. In realtà ho scoperto che parlano una specie di linguaggio cifrato, per capirlo servirebbe un dizionario italiano-ristoratore. Cosa si nasconde dunque dietro sorrisi melliflui e carezzevoli parole? Scopriamolo insieme.
Dicono: “Aspettiamo l’arrivo dei vostri amici per farvi accomodare. Spero non vi disturbi attendere qualche minuto“.
Vorrebbero dire: “No, non ci fidiamo a farvi sedere in quattro in un tavolo da 10. Perché se gli altri commensali non arrivano, cosa che succede con preoccupante regolarità, ci ritroviamo con 6 coperti vuoti. Quindi sì, dovete aspettare il resto della compagnia per piazzare il vostro sedere su una sedia. Sono in ritardo? La prossima volta sceglietevi amici migliori”.
E non citiamo casi clinici come le comitive romane, dove sopra le 6 persone, il ritardo medio accumulato è 2 ore.
Dicono: “I signori gradiscono un altro giro di amaro o vi faccio portare il conto?”
Vorrebbero dire: “Avete idea di cosa significa incastrare numero di commensali e orari di prenotazione? Per organizzare le serate calcoliamo una durata media del pasto: sforare è un diritto del cliente, ma ci complica orribilmente la vita. Fidatevi, non ci divertiamo a girare intorno al tavolo come avvoltoi assumendo un’espressione di finta indifferenza. Sappiamo che ci viene malissimo, percepiamo il vostro fastidio. Ma vorremmo tanto sapere quando intendete alzare i tacchi”
Insomma, non ce l’avete una casa? O un amico single, con casa grande e attitudini suicide, da cui andare a fare baldoria?
Dicono: “Nel caso vogliate cancellare la prenotazione fatecelo sapere con ampio anticipo“.
Vorrebbero dire: “A voi sembra una sciocchezza, per noi è vitale. Cancellare un tavolo da 8 poco prima dell’orario previsto vi costa il tempo di una chiamata, a noi un sacco di soldi. Forse abbiamo rifiutato altre prenotazioni, oppure quel tavolo non riusciamo più a occuparlo. E non parliamo di quando non vi prendete neanche la briga di disdire la prenotazione“.
In quel caso è ovvio che meritiamo una serata con Alfano come punizione.
Dicono: “Sì, quei tavoli sono prenotati. No, non potete sedervi lì, è già stato riservato. No, neanche in quell’altro”
Vorrebbero dire: “Solo perché la sala è mezza vuota adesso, non significa che lo sarà tra 40 minuti. O anche tra 15. Essere arrivati a ristorante appena aperto non vi autorizza automaticamente a scegliere il tavolo. Comportatevi civilmente e sedete nel tavolo che noi vi indichiamo”.
Dicono: “Ricapitolando: lei è vegano, la signorina è intollerante al lattosio e il signore è celiaco? Fatemi parlare con lo chef“.
Vorrebbero dire: “Potete avvertirci in anticipo la prossima volta? Capiamo ogni tipo di malattia, allergia e intolleranza. Di conseguenza, comprendiamo qualsiasi scelta alimentare (tranne i fruttariani, ecco, i fruttariani no). Ma almeno avvertirci in anticipo: non abbiamo sempre gli ingredienti giusti a portata di mano, o l’alternativa qualcosa-free a ogni piatto”.
Dicono: “Ma certo, i signori possono fermarsi quanto vogliono“.
Vorrebbero dire: “Lo sapete quanto ci costa, a fine serata, quella mezz’ora che passate al tavolo a cincischiare? Al di là delle spese di elettricità e riscaldamento smetteremo tutti di lavorare più tardi. State bene da noi, siamo contenti, ma il fatto che siate gli unici clienti rimasti, non dovrebbe suggerirvi qualcosa? E non gnorreggiate fingendo di non capire i segnali lanciati dal cameriere che si toglie il grembiule o abbassa la serranda”.
C’è sempre la casa dell’amico suicida di cui sopra. O del solito cugino Astolfo!
[Crediti | Link: Serious Eats, Immagini: Serious Eats]