Dalla recente uscita della nuova Guida Michelin sto meditando sul da farsi. Sono sempre stata un po’ Michelin-victim, ma ultimamente bisogna dirlo quasi sottovoce, se no tutti giù a gridare allo scandalo, perché le guide hanno fatto il loro tempo, perché non sono sempre così affidabili, perché gli ispettori non pagano il conto e bla bla bla.
Va bene, non lo nego, la Rossa come tante sue colleghe sono strumenti un po’ datati, un po’ settari, non sempre trasparenti, a volte sembrano studiati ad hoc per creare sottoboschi simil-massonici di seguaci veneranti, con giudizi che sembrano scritti nella pietra manco fossero i comandamenti.
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É facile cadere in trappola: non potendo conoscere tutto, tutti, sempre e ovunque, ci affidiamo a quella che la storia gastronomica ha incoronato nei decenni come LA guida. E le mille alternative alla Michelin ci aiutano a campare quando siamo fuori provincia: ho visto scene di panico alla ricerca del 3G per aprire applicazioni che avrebbero salvato dal cannibalismo orde di amici in gita fuoriporta.
Istinto pavloviano: Iyo prende la stella – mai sentito nominare – domani ho prenotato per due. #Michelin makes the difference
— Luca Iaccarino (@LucaIaccarino1) November 12, 2014
Un tweet del giornalista e critico gastronomico Luca Iaccarino, poi, mi spinge a due ulteriori riflessioni: la prima é se siamo tutti davvero così sprovveduti pecoroni alla mercè dei critici col burka, e la seconda (che ignora la prima, ma non la esclude) é quali nuovi stellati voglio-devo-ambisco provare da qui a pochi mesi.
Non sono un mostro di coerenza, lo so, ma sto lavorando sulla mia bipolarità nei confronti della Michelin. Faccio il possibile, ma intanto sono giá iniziati gli spot natalizi in tv e io voglio farmi dei regali.
IYO, MILANO
Su tutti, seguendo le scie di bava del cane di Pavlov, la curiositè più grande é per lui: Iyo, il primo stellato fusion a Milano. Dai, specie dopo la recensione di Dissapore non si può non essere almeno un po’ curiosi.
Un maestro giapponese, Haruo Ichikawa e uno chef italiano, Lorenzo Lavezzari, che mescolano stranezze nipponiche e ingredienti delle nostre isole.
So già cosa ordinare: Yume Roll (roll con fiore di zucca in tempura ripieni di gamberi, avvolto in carpaccio di tonno scottato e marinato in salsa di soia con semi di sesamo aromatizzati al wasabi), ma anche lo Special Lobster (roll di astice intero con shiso e tartare di pomodoro sardo con salsa kaisen) e assolutamente la Tempura royal con aragosta, king crab, funghi, asparagi e radice di loto.
Sì, sarò pure mainstream, ma da Iyo ci voglio andare.
L’IMBUTO, LUCCA.
Curiositá anche per L’Imbuto, il ristorante all’interno del Museo d’arte contemporanea di Lucca.
I menu degustazione di Cristiano Tomei, il più spietato tra i giudici di I Re della griglia in onda su dMax, sono decisamente alla mano: 40, 60 o 90 euro.
Assaggerei volentieri il manzo su corteccia di pino, ma non alla ricerca di sapori redzepiani, piuttosto ispirandomi ai formaggi chiusi nelle cortecce. Se il risultato é simile, devo andarci per forza.
LA GALLINA, GAVI.
Una puntatina si potrebbe fare anche a Gavi, che ne so, a pranzo da La Gallina e poi a fare un giro per cantine. Sì, potrebbe trasformarsi in una gita perfetta.
Cervello, pollo, anatra, foie gras, scamone, giancia, agnolotti: una sorta di paradiso country chic per chi, come me, ama la carne.
Ecco, il Natale si avvicina e io ho scritto la mia letterina, ma caro Babbo Natale non dimenticare di mandarmi anche una nuova guida gastronomica online, semplice, credibile, bella, affidabile. Insomma, caro Babbo Natale, fammi guarire da questo giogo Michelin, ora e sempre.
[Immagini La Gallina: Ricette e Racconti, Merano Wine Festival]