Cosa sarebbe il mondo senza le sue ricette? (però niente copyright, okay?) Impossibile rispondere, facilissimo invece presentarvi una lista di desiderata che vorremmo (vorrei) trovarci nel piatto almeno una volta nella vita, con il loro contorno di poesia, folklore e golosità. Dall’Europa alla regione andina, passando per Regno Unito e Dubai, eccovi i piatti consolatori, i capisaldi delle diverse culture, i riti tribali delle cucine do munno.
Per dirci se, come e quando li avete mangiati, farvi storcere schifiltosi il naso, illanguidirvi le papille, o compiacervi invece, campanilisticamente, delle ricette di casa nostra.
1. Fish&chips – Londra
Se lo scomoda persino Dickens nel suo Oliver Twist un motivo ci sarà. Nella capitale lo trovi in mille versioni: da quella più fast che si consuma al pub con degno accompagnamento di pinta, alle versioni più elaborate e gourmand riproposte nei ristoranti più in. E sì che si parla di pesce fritto con le patate, ma tant’è: il mito vuole semplicità. Ottimi esemplari da Fish!, al Borough Market di Cathedral Street.
2. Mate – Buenos Aires
Non un piatto ma un rito, da celebrarsi con ospiti o senza. Un lento passaggio del recipiente (lo chiamano mate, per l’appunto, come l’erba triturata con cui si fa l’infuso) che dal capofamiglia, una volta capovolto e sorbito con la cannuccia, passa di mano in mano al resto dei convitati. Ora che anche papa Francesco s’è fatto recapitare il suo personale mate dalla presidente Kirchner, provate anche voi a fare qualcosa di fieramente argentino.
3. Ceviche – Lima
Pare ci sia un’influenza giapponese su questo piatto a base di pesce crudo, succo di lime e peperoncino. L’origine è precolombiana, ma solo di recente (anni Settanta del secolo scorso) i maestri del sushi hanno insegnato agli andini come trattare il delicato ingrediente, come tagliarlo in quadrati perfetti, come servirlo, come mangiarlo. La versione più diffusa vuole una base di frutti di mare, a cui si aggiunge una sapiente miscela acidula e speziata di succo, che “cuoce” di fatto il pesce, cipolla rossa, coriandolo e sedano. Se capitate a Lima, non fatevi mancare una puntata alla Pescaderìa, nel quartiere di Callao.
4. Hummus – Dubai
Si mangia in Israele e in tutti i paesi arabi. Ma diciamo pure ovunque, oramai, dato che si lega alla diffusione su larga scala del kebab, street food sovranazionale. La nota salsa è a base di ceci, si sreve con pane azzimo e a Dubai la trovate praticamente in qualunque ristorante. Per non sbagliare, scegliete il ristorante arabo Reem Al Bawadi a Jumeira Beach Road, poco turistico e molto meditativo-chic se fumate narghilé con tabacco shisha.
5. Carbonara – Roma
Capitolo ostico. Perché dovendo giocare in casa si diventa più arguti, esperti e si rischia sempre di eccedere con l’autoerotismo del tipo ” ‘a carbonara de’ mi’ madre nun la batte nessuno”. Ma come si fa? Annosa questione, dibattuta in lungo e in largo su queste pagine. Al di là delle misteriose origini (sarà stato davvero il piatto dei carbonari d’Abruzzo?), resta da manuale quella con la pasta lunga (spaghettoni), i tuorli senza albume, il guanciale ben rosolato e un etico bilanciamento fra parmigiano e pecorino. Per gli indirizzi giusti, leggete qui.
6. Patatas bravas con salsa pimenton – Valencia
Se penso tapas penso patatas, e penso a quelle, generosamente infuocate, che si mangiano accompagnate alla birra dalle parti di Valenzia, ma non solo. Le patate vanno a braccetto con la salsa di pomodoro, aglio e paprika o, ancora meglio, di pimenton, varietà di peperoncino che più iberico non si può. Quello che insomma le rende davvero bravas, cioè selvagge, maledette, mordaci nella loro sapidità.
7. PÂte a choux – Parigi
La pasta per bigné, come Dio comanda, è lussuriosa quanto i suoi ripieni, che spaziano dal dolce al salato, senza mai lesinare grassi viziosissimi. L’impasto è facile da preparare, salvo la duplice cottura su fiamma viva e poi in forno. Unico dramma è stabilire la temperatura giusta alla quale i bigné si gonfiano senza poi afflosciarsi ignominiosamente. Come per tutte le cose più buone, è sempre un discorso di misura.
8. Torta Sacher – Vienna
Hai voglia a inneggiare a sapori semplici e ricette popolari. La Sacher è stata inventata nell’Ottocento dal pasticcere eponimo in onore del principe Metternich, e già questo ci porterebbe a glorificare le disuguaglianze sociali. Prende il nome da Franz Sacher, il giovane pasticcere austriaco che, nel 1832, inventò questa torta per il principe Metternich. Pan di Spagna al cioccolato, confettura di albicocca e glassa sono gli elementi, la ricetta è segretissima, anche se tutti ci provano. L’originale si gusta ai tavolini del Caffè Sacher, al 4 di Philharmonikerstrasse.
9. Gulasch – Budapest
Carne, lardo, patate e paprica erano il robusto bagaglio dei mandriani, che cucinavano questo piatto per prrepararsi nel corpo e nello spirito al viaggio dall’Ungheria verso i mercati di tutta Europa. Poi, negli anni, tante variazioni e aggiunte di ingredienti locali. Non manca mai nei menù ungheresi tout court, ma assaggiate quello del grazioso ristorante Alföldi Kisvendéglo, nel centro di Budapest.
10. Gauffre – Bruxelles
La versione turismo di massa vuole la gauffre (cialda dolce dalla classica forma a gratella) cosparsa di ogni ben di Dio, ivi incluse panna montata, cioccolato o creme varie. I puristi, invece, la vogliono semplicemente corredata di burro e zucchero. Ma, indipendentemente dalla farcitura, le gauffres spopolano in Belgio dove tradizione vuole che si regalino in occasione del Sint Maartens Dag, la festa di San Martino. Da provare quelle di Le Funambole, microscopico locale nei pressi del Manneken-Pis.
[Crediti | Link: Dissapore. Immagini: Flickr/David Ascher, Flickr/Alfonso Cuitiño, Flickr/Bour3, Flickr/Naihar, Flickr/Janello, Flickr/formal phallacy, Flickr/abradyb, Flickr/Mac–Philco, Flickr/Grumpfschmusel, Flickr/Scissor.Studio]