Di ritorno da 10 bellissimi giorni in Giappone, dopo tanta bellezza e stupore, d’istinto vorrei scrivere 150 post su tutto quello che ho mangiato. Vorrei dirvi che oltre al sushi (ovviamente il migliore della mia vita) c’è di più, c’è tutto quello che io metà ignorante metà superficiale fino a ieri non sapevo, c’è una materia prima vasta e trattata al meglio, c’è una carne che non mangerò mai più così buona e non ho mangiato solo manzo di Kobe, poi c’è lo shabu shabu meglio di un parco giochi.
Una danza di sapori e ingredienti: alghe, tuberi, radici, cavolo, patate dolci, miso, pesce, carne, spiedini di ogni cosa, tempura delicata. Non a caso il Giappone è il paese che ha più ristoranti stellati al mondo. Anche lo street food con cui mi sono deliziata a Capodanno è vasto e complesso. A Tokyo, che i fighi dichiarano essere meglio di New York, ci sono piani -1 di food mai visti prima. E poi ci sono loro, i giapponesi. I più gentili, ospitali esseri umani che io abbia mai incontrato, ma come giri l’angolo, anche i più folli.
Il Giappone porta con sé anche il misterioso fascino dell’impossibilità di replicare, non abbiamo neanche 1/10 degli ingredienti, non potremo mai dire “sta sera ti faccio il sushi” e pensare di produrre qualcosa di vagamente dignitoso.
Oltre alle birre eccellenti, al tè verde, al cibo più simile ad un’opera d’arte, il ramen, gli udon, le bento box che non vorresti mangiare per quanto sono belle, oltre al sakè di cui non sappiamo davvero nulla, perché è come venire in Italia e dire di aver bevuto vino (si, ma quale?). Oltre a tutto questo, tirando una pernacchia al Grom nipponico (sì perché c’è, coi cartelli in italiano anche) ho trovato un tema, a me molto caro, da sottoporvi. Prima degli altri seriosi 20 post che tesseranno le lodi della cucina giapponese, ecco il mio migliore divertimento.
Chiudete gli occhi ora e pensate a tutti gli oggetti inutili che albergano impolverati nei cassetti delle vostre cucine. Provate ad immaginarne di nuovi: spaziate con la fantasia, siate perversi, osate persino!
Ecco i 5 migliori oggetti inutili che hanno partorito le folli menti giapponesi. Non li avevo mai visti prima e superano di gran lunga il cuscino per le uova, che deteneva il titolo in una precedente classifica.
Le forbici amiche dell’arancia.
Guai ad utilizzarle con altri frutti o per altri scopi. Le famose forbici amiche delle arance ci aiutano nella difficile pratica della sbucciatura, dello spicchietto simulato, o per i perfezionisti anche nel rimuovere la pellicola del singolo spicchio. Forse anche per scrivere il proprio nome con la buccia.
Il verza guerriero.
Un pratico oggetto che infilato nel posteriore del vostro cavolo verza, vi supporterà nel togliere la parte centrale della verdura. Mai nella vita avrei pensato di affrontare da questo punto di vista una povera verza.
Questione di gradi
Quando affilate le vostre lame da cucina, quando io dovrò affilare il mio prezioso souvenir giapponese, di quanti gradi inclinate il coltello a contatto con la pietra? No problem, questo affascinante oggetto vi faciliterà il compito.
Lo sgrana pannocchia.
Tutti i giorni a piangere chicco dopo chicco, sulle pannocchie versate. Basta così, il pratico sgrana pannocchia una volta infilato, farà la ceretta alla vostra pannocchia di mais. Poi, con i chicchi singoli, fateci un po’ quel che volete.
Il togli etichetta.
Il mio preferito in assoluto. Avete acquistato un oggetto nuovo di pacca e non sapete come togliere l’etichetta adesiva? Rimane lì, anche dopo numerosi sforzi, appiccicata per metà. Oppure avete acquistato un regalo e da bravi vi apprestate a togliere il prezzo. Non contano le unghie, l’acqua calda, o tutto il resto. Il togli etichetta è lì per supportarvi.
Ecco che c’è posto per tutti, ecco che mi sto per inventare lo sbuccia lichies, l’estrai kiwi, gli occhiali da sole per l’ananas. Voi che vi volete inventare? Dite pure e se ne possedete già di più perversi, parlate ora.
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Luxirare, Cristina Scateni]