Niente da fare, il mondo gastrofighetto guarda sempre con sospetto la frutta. Sarà colpa delle mamme o del solito servizio su Studio Aperto dove ci illustrano come in estate bisogna mangiarne in abbondanza, ma finiamo sempre col relegarla in quel luogo ameno che amiamo chiamare salutismo tritagonadi. Questo perché immaginiamo la frutta più classica e istituzionale; così rassicurante da essere priva di guizzi. O forse perché quando è buona costa come una manufatto di gioielleria.
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Ma dimentichiamo troppo spesso di quella buona, pulita e giusta: insomma dei grandi prodotti d’eccellenza per i quali valgono dispute e flame inauditi.
Siete pronti per un tour italiano alla ricerca della migliore frutta di stagione che plachi la vostra sete di vitamine e di ricercatezza?
MELONE DI VIADANA
Questa varietà è presente nelle campagne mantovane sin dal XV secolo e si è mantenuta intatta fino agli anni ’60. Di forma ovale con buccia liscia, ha colore giallo paglierino striato di verde e polpa arancio carico.
Al sapore è particolarmente dolce e molto aromatica.
MELONE DI CANTALUPO
Di media grandezza, con buccia liscia e polpa giallo-aranciata.
Deve il suo nome ai missionari asiatici che lo portarono in dono al Papa nel castello pontificio di Cantalupo, in provincia di Rieti in epoca Medioevale.
MELONE PURCEDDU DI ALCAMO
Il nome deriva dalla buccia, verde, costoluta, rugosa e dalla forma ovale che ricorda appunto un maialino.
La polpa invece è bianca e succosa.
Per la quota cultura del territorio: il melone rappresenta da sempre uno dei prodotti fondamentali dell’agricoltura trapanese grazie anche alla durata da record: seminati a maggio e raccolti non ancora del tutto maturi ad agosto, possono durare fino a Natale.
Nella tradizione culinaria sicula, il porceddu è usato soprattutto per gelati, confetture e la mitica granita.
PESCHE DI VOLPEDO
Questa pesca succosissima viene prodotta in provincia di Alessandria. Disponibile tra giugno e settembre, ha polpa gialla, media pezzatura e profumo intenso, ma delicato.
Quando i frutti raggiungono la grandezza di una noce, il contadino ne elimina il 70% in modo da permettere al restante 30% di maturare con dimensioni notevoli e sapore eccellente.
PESCHE DI MONATE
Questo frutto compariva già in epoca medioevale e rinascimentale sulle tavole degli Estensi. Cresce sulle sponde del lago di Monate, nella provincia di Varese e nonostante la produzione sia decisamente limitata rispetto a 50 anni fa, il microclima della zona ne favorisce la coltura.
Le Pesche di Monate sono raccolte all’alba solo da mani esperte (dopo si innervosiscono…) e si consumano rigorosamente sciroppate.
PESCHE DI LEONFORTE
Dagli anni ’70, la Pesca di Leonforte rappresenta un motore importante per l’economia locale di quest’area della Sicilia, tanto da avere una sagra annuale dedicata ogni prima domenica di Ottobre.
La comparsa delle pesche nella zona risale all’inizio del secolo scorso, dapprima ad uso esclusivamente familiare. Ha un profumo molto intenso e colore giallo intenso dorato. Ciò che la distingue dalle altre varietà è la maturazione tardiva, a settembre.
CILIEGIE DURONE DI VIGNOLA
Conosciuto anche con il nome di Durone Nero, ha buccia rosso-nerastra, polpa soda, poco succosa e di colore rubino scuro.
Cresce nelle campagne di Vignola, nella provincia di Modena, insieme alle sorelle Mora di Vignola, rossa e dolciastra e Ciliegia Duronata.
Compatte e carnose da sole sbalordiscono nella preparazione delle confetture.
CILIEGIE DEL MONTE SOMMA
Questo frutto cresce alle pendici del Monte Somma, in zona Vesuviana. Presente sin dall’epoca angioina, ha frutti molto grossi e bicolori: giallo-rosato da un lato e rosso con punteggiature gialle sull’altro.
La polpa è chiara, molto succosa, croccante e ha un delicato retrogusto acidulo.
CILIEGIE DI MAROSTICA
Un frutto sodo, sferico e dal colore rosso intenso. È la prima ciliegia in Italia ad aver ottenuto il marchio IGP e per disciplinare non può essere venduta con calibro inferiore ai 23 mm di diametro. L’idea di portarmi il compasso per comprarla personalmente mi eccita alquanto.
Cresce tra i monti vicentini e pare sposarsi perfettamente con i piatti di carne.
SUSINA DI DRO
Questa susina trentina si coltiva tra l’Alto Garda e la Valle dei Laghi. Ha un sapore decisamente acidulo e un colore violaceo intenso, polpa soda e alto contenuto di vitamine.
La sua complessa coltivazione dovuta al clima rigido e ai terreni di origine glaciale, fino agli anni ’50 era limitata all’orto domestico.
SUSINA BIANCA DI MONREALE
Dal colore giallo chiaro, piccola e dolcissima. Le susine di Monreale, in provincia di Palermo, venivano incartate in sottili fogli di carta velina e appese in un luogo fresco per disidratarle e consumarle in inverno nei giorni di festa.
Le varietà conosciute sono due: la sanacore e la ariddu di core. La prima deve il suo nome alla credenza circa le proprietà curative del frutto, la seconda alla forma del suo seme, appunto un cuore.
RAMASSIN DELLA VALLE BRONDA
Una susina blu-violetta che cresce solo in terra piemontese. Il termine dialettale deriva dalla parola damaschina che a sua volta riconduce a Damasco, città da cui pare provenire il frutto.
Grazie al particolare microclima e all’altitudine, ogni anno tra le colline sopra Saluzzo si ottiene una eccellente produzione di questo frutto quasi dimenticato.
Le anziane signore piemontesi ve la consigliano essiccata o cotta e conservata per l’inverno in vetro.
FICHI BIANCHI DEL CILENTO
Consumato essiccato o al forno, deve il nome al colore giallo chiaro ed uniforme che assume una volta disidratato.
La polpa è pastosa, zuccherina e di colore ambrato.
Pare sia stato importato da coloni Greci attorno al VI secolo a.C. e prima di diventare un prodotto di pregio era considerato “pane per poveri”.
ALBICOCCA DI VALLEGGIA
Raccolta da metà giugno a metà luglio, questa albicocca ligure è riconoscibile dal delicato colore arancio picchiettato di marrone e dalla buccia molto sottile.
Fino alla fine degli anni ’70 ha rappresentato il 70% della produzione della provincia savonese, salvo poi essere espiantata per lasciare spazio a serre ed edilizia turistica.
ALBICOCCA DI GALATONE
Questo presidio Slow food pugliese è tipico della provincia di Lecce. Sono albicocche delle dimensioni di una noce, molto profumate e si riconoscono per la presenza di macchioline scure attorno al peduncolo.
È una varietà molto longeva in quanto è in grado di fruttare per oltre 50 anni e la leggenda narra che il frutto sia stato introdotto in terra pugliese dai Templari.
[crediti: | link: Wikipedia, Slowfood, Agraria, Corriere, Gente del Fud, Agronotizia, Pesca di Leonforte, ciliegie di Marostica, PalazzoRoccabruna | foto: Frutta Barbieri, Wikimedia, Altissimoceto, Ciboleggiando, Wikipedia, Coop, Pentole-fornelli, Mi dai la ricetta]