L’ultima creatura nata dal connubio tra cibo e arte si chiama Forgotten Meal. Non si tratta della funambolica arte di saltare i pasti, bensì, come recita lo slogan che accompagna il progetto fotografico, “dell’altra faccia del cibo, quella marcia”. Ritratti di piatti cucinati e poi lasciati marcire ci invitano a riflettere sugli sprechi ma soprattutto sulla nostra abitudine di fotografare il cibo e postarlo sui social.
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I fotografi sono Chiara Allione e Luigi Ceccon, scoperti durante la presentazione di Play with Food a Torino, un festival dove si parla di cibo e arte in maniera alternativa.
Se non volete arrivare fino a Torino per godervi lo spettacolo delle immagini che giocano sul contrasto dei colori tra le muffe fluorescenti e i piatti vivaci, vi offriamo una piccola anteprima. Con annesso invito di usare i commenti per rispondere alla provocazione che i due fotografi ci hanno voluto lanciare.
Abbiamo più volte menzionato l’instagrammazione di massa, e voi ci avete seguito. Ma com’è la situazione della fotografia gastronomica?
Il pungolo è rivolto ai fotografi più blasonati o a noi comuni mortali che ci cimentiamo in improbabili ritratti di pesci lessi e insalatine con i fiori?
Siamo tutti schiavi della gastropornografia?
Lo so, vi abbiamo confuso.
Per rispondere abbiamo bisogno di un parere più autorevole del nostro, e chi meglio di Bob Noto, un fotografo con una lista di collaborazioni lunga così, nonché ironico gourmet, potrebbe aiutarci a capire meglio?
“In questo caso l’idea è originale e l’effetto emozionante, anche se la provocazione basata sul cibo andato a male ha una lunga storia”
Bob Noto ci sta forse dicendo che con le muffe abbiamo una lunga love story?
“Penso, ad esempio, al cinema, a Peter Greeaway che ha ritratto un intero camion di carne avariata nel film Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante o ai grandi chef che stanno facendo ricerche sulle muffe come Davide Scabin. Ma non serve spingersi ai livelli più alti della ricerca culinaria. Nella nostra esperienza di tutti i giorni la muffa dona prestigio al formaggio e ai vini di vendemmia tardiva come i Sauternes”.
Quindi si potrebbe parlare di gastropornografia anche in questo caso?
“La cosiddetta gastropornografia è basata sul fondamento che il cibo ritratto deve sembrare appetitoso. Anche se penso che sia una catalogazione inutile, così come sono inutili le polemiche sulla condivisione estrema di foto di piatti sui social network”
Ebbene sì, finalmente l’abbiamo detto. Siamo in un paese democratico, ognuno ha il diritto di pubblicare quel che vuole. Se non ci piace, basta non guardare.
Poi arriva la grande rivelazione. Ci voleva Bob Noto. Se Instagram non fosse esistito, queste foto, forse, non ci sarebbero state. Vuoi per la provocazione, vuoi per la moda di fotografare il cibo. E noi non avremmo potuto godere del voyeurismo che deriva dal guardare qualcosa di disgustoso, ma ritratto alla perfezione.
[Crediti: Forgotten Meal di Chiara Allione e Luigi Ceccon]