Gattini di pane in cassetta, dolcissimi panda di sushi, paesaggi marini fatti con piselli e bacon. Diciamocelo: se avessimo ancora tra i 6 e 9 anni, forse non parleremmo così, ma questa dilagante tendenza della “food art” ha raggiunto livelli a tratti imbarazzanti.
Propinati a cadenza piuttosto regolare sui social network, siamo letteralmente invasi da varie tipologie umane convinte di far bene nell’usare il cibo per comporre quadri che non hanno nulla a che fare con la cucina e nemmeno con l’arte.
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Sul web spopolano riuscendo a strappare sorrisi ai bambini, e anche qualche imprecazione alle mamme costrette a replicare a casa senza avere lo stesso successo di like.
Ecco i 10 scatti di food-art più fastidiosi raccolti nel web.
10. Dark e horror, perché?
Piccoli food-artist in adorazione di Tim Burton crescono. Svezzati a tartare e “Sposa Cadavere” riescono a creare delle immagini spaventevoli usando ciò che dovrebbe solo scatenare acquolina.
Invece di salivazione, tentano disperatamente di suscitare quel virtuoso mix tra orrore e In effetti ci riescono: fanno orrore.
9 Papille lisergiche.
Altro che farvi venire fame o toccare le corde delle vostre emozioni. I nostalgici dell’LSD che fotografano dessert arcobaleni, dai colori non propriamente naturali e commestibili, provocano un corto circuito cognitivo tra salivazione pavloviana e reminiscenze del “Mio mini pony”.
Nemmeno al mio cane piacerebbero le torte di Iridella.
8. La corrente Dada-food.
Geni incompresi con evidenti deficit di accudimento, in cerca di gastro-consensi che non mi spiego come possano arrivare, la categoria dada è puro nonsense.
Se gli altri tentativi di food art nascono con lo scopo puro di piacere, questi rivoluzionari credo (spero) vogliano lasciare senza fiato. O con un solo filo di voce, per chiedersi “ma perché mai?”
7. L’avanguardia dei surrealisti.
Il surreale è tra noi, che ci piaccia o no. E l’attualità daliniana impera anche nel food.
Come può la mente umana prendere spunto dalla realtà gastronomica per trasformrla in sogno molesto ad occhi aperti (o a schermo acceso)? Misteri dell’arte.
6. I Cupcakeristi seriali.
Li sognano, li bramano, li cucinano e li fotografano.
I food-artist del cupcake sono degli inarrivabili maestri nel trasformare un dolcetto forse non eccellente ma almeno carino, in un soggetto che resce a far rabbrividire al solo pensiero di infilarlo in bocca.
5. Pizzartisti si nasce.
La pizza è santa, ma non tutti se lo ricordano. Soprattutto quelli che si lasciano tentare dalla sua forma piatta e spaziosa che invita i blasfemi ad usarla come una tela, per poi comporre ritratti chiaroscuri, che sarebbe più corretto definire pomomozzarellari, simil Banksy.
Mica pizza e fichi.
4. Mielosi coccolo-amorosi.
Campioni mondiali di ruffianeria, i food artist spesso giocano facile coi sentimenti. Ecco una indicile e incalcolabile (sono tantissimi) schiera di cagnolini tenerini, micetti da mangiare, dolcezze dolciose.
Sì, sì, carini. Mò basta però.
3. Snaturatori cubisti.
La geometria gastronomica è la loro più grande perversione. Questione di tagli maniacali e prospettive scientifiche, et voilà il cibo diventa simmetria e matematica.
Pasticceria e misurazioni esatte a parte, ecco che un food artist riesce nel compito di trasformare qualcosa di buono e “spontaneo” nel suo esatto contrario.
2. More is more: i fuori-scala.
Arte è portare all’estremo, andare oltre i limiti, parlare una lingua che non tutti comprendono. E loro ci riescono: con le loro installazioni riescono a toccare vertici che nemmeno Botero nelle sue più giganti creazioni.
Ecco a voi stadi di prosciutto e pan carrè, ma anche modellini di Stone Edge Stonehenge per manti dei latticini.
Arte neurologica da manicomio.
C’è chi si spinge oltre la semplice fruizione visiva della food art, e si lancia in messaggi subliminali per i cuochi creativi che sono in ognuno di noi.
Su tutti vince l’artista da neuro che è riuscito a diffondere questa meraviglia d’ingegneria culinaria.
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