Se io adesso scrivo Fabio Volo, per dire, e broccoletti…

Se io adesso scrivo Fabio Volo, per dire, e broccoletti…

Certo che con i broccoli abbiamo sbagliato proprio tutto. Nonostante Obama ci abbia rischiato la carriera politica, i medici ne celebrino da sempre le virtù e i ricettari la versatilità, ci voleva Fabio Volo per trasformarli in un trend topic su twitter e nell’evento letterario della settimana.

Tutto grazie al Corriere della Sera. Preoccupati di dover abbandonare la “splendida cornice” di via Solferino, hanno pensato di rinvigorire la cultura con la C maiuscola (forse per bilanciare l’articolo sull’espressione dei cani di fronte alla pappa?). E darcela in pasto nell’inserto della domenica, “La lettura”. Dove ora imperversa anche Fabio Volo con questo lungo e poco digeribile pezzo (non ancora online ma qui è possibile leggerlo) che sta facendo il giro della rete (e lì sono guai), e non solo.

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La disanima del diversamente Tolstoj ha uno scopo: legittimare se stesso criticando il valore snob e canceroso della nicchia presunta depositaria del sapere (in cui sto rientrando con la battuta sul romanziere russo?) al grido di “Perché non posso vedere sia Zalone che La vita di Adele? Perché devo scegliere?”.

Non dice neanche male, anche se gradiremmo che a scegliere fosse anche lui, decidendo dove vuole indirizzare questa bulimia: scrittore, attore, volto televisivo, poeta. Per dire: quando si faceva pagare per fare la bella vita a Barcellona io approvavo; quando ha messo il suo broncio sul già martoriato cinema italiano un po’ meno.

Però, senza divagare Fabio, ma che ci azzeccano i broccoletti?

Perché il nostro (o il vostro, fate voi) apre brillantemente con una massima sociologica ricevuta da un suo fan: “Racconti la vita di quelle case in cui si sente odore di broccoletti”. Ovvero? Le case di chi lavora? Di chi non ha la puzza sotto il naso perché abituata ai sentori invasivi dei broccoletti, appunto?

Ma il valore di un’invettiva sta nella sua sintesi, nel fornire un’immagine. No, Volo si fa prendere la mano e spinge la metafora ortofrutticola per qualche migliaio di battute e si becca lo scherno del giornalismo “alto” (obiettivo raggiunto?) e quello della rete.

Specie di Twitter, dove impazza il dileggio socratico con annessi bestemmioni catartici.

Alla fine, “mentre noi dobbiamo fare ancora la pace con l’intrattenimento” e Volo continua a portarsi appresso “quell’odore nei suoi personaggi”, a uscirne male è il povero broccoletto. Colpevole ora di essere anche il grande ispiratore della letteratura dell’uomo che voleva giustificare il suo successo.

Ma che ne ha probabilmente innalzato il prezzo, senza averlo magari mai accompagnato alla salsiccia o goduto nella minestra di pasta, assieme all’arzilla. La cui sacralità, quella sì, ha lungamente tremato dopo la petite madleine sui broccoletti dell’anima. O voi, non ditemelo, siete invece degli antisnob?

[Crediti | Dissapore, Corriere, Friendfeed]