“Signorina, mi scusi. Cos’è?” fa un passante. “Un diner en blanc” m’accomodo la bocca io. E, subito, mi vergogno. Perché, non è una critica a livello di principio, ma la ricercatezza del nome, l’origine parigina dell’evento e il piglio sofisticato di questi commensali albescenti mi dà un po’ di prurito dello spirito.
Ebbene sì. Sono stata alla cena in bianco, il flash mob dedicato ai golosi incolori. Quella di ieri sera, a Milano, Arco della Pace. Ho issato il mio tavolino di legno, spiegato la mia tovaglietta, tirato fuori la mia schiscetta (non vi dirò MAI, nemmeno sotto tortura, cosa c’era dentro) e condiviso questa strana convivialità da eden profano con un centinaio di persone.
Una cosa che ho notato subito: non sarà come a Parigi davanti a Notre Dame, ma i milanesi si industriano un sacco per non essere da meno. Gentiluomini con cravatte immacolate e baschetto sulle ventitré, signore e signorine con cappelli a larghe tese e gioielli vistosi. E tavole magnifiche – le più. Con tovaglie di lino, stoviglie rigorosamente VERE, posate di peltro, flûte traboccanti di champagne e moscati, pirofile di porcellana con ogni ben di Dio, candelieri, orchidee.
Ma cosa si mangia a una cena in bianco? “Anche la cena deve essere in bianco” mormora P. studentessa, con l’aria più seria del mondo, mentre scodella alle tre amiche ‘insalata russa’ (con maionese allo yogurt, patate e uova) e posiziona i grissini al sesamo come centrotavola.
M., impiegato trentaquattrenne, ha un aplomb da lavandaio seduttore mentre versa Nature Antinori alla collega.
Nei vassoi abbondano formaggi, torte salate, i classici spiedini con mozzarella e… pomodorini (eroi: hanno scelto quelli il più possibile diafani, quelli che di solito al supermercato si scartano perché sanno di cimici).
Poi insalate di riso e uova, focacce allo stracchino… c’è persino chi s’inchina alla tradizione francese del diner en blanc (trentennale) con un croque madame traboccante di besciamella.
Ma a farla da padrona è, manco a dirlo, l’arte bianca. Michette e panini d’ogni tipo – dal latte al grano duro, coperti di semi di girasole, avena, sesamo bianco e farciti con tenui colori – tradiscono la natura perlopiù vegetariana di questo live network del gusto. Ti pareva, gli etici germogliano come funghi.
“E lei, cosa mangia?” “Sfilacci di cavallo” – sollevo lo sguardo e incrocio il suo, altero come quello di un semidio. Sto per mormorare je t’adore, perché quest’aria compassata da campi elisi mi pare già un po’ stucchevole – cfr. il prurito di cui sopra. C’era bisogno di un po’ di carnazza per sdrammatizzare. Quasi quasi fingo di non avere la schiscetta e sposto lo sgabello al tavolo di questo Prometeo vestito da Mastro Lindo.
N.B. È solo per adeguarmi all’allure un po’ figadilegno della serata che non ho spiegato cos’è il croque madame.
[Crediti | Link: At Casa, Simple Confort Food, immagini: Prisca Sacchetti]