L’emirato di Dubai è la destinazione turistica ideale per un feticista del Guinness dei Primati: a Dubai c’è il grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa (insidiato da una torre in costruzione a Shanghai), a Dubai si festeggia il Capodanno con il più imponente spettacolo di fuochi artificiali al mondo, a Dubai c’è anche l’hotel più alto del mondo.
Lì, ovvero al JW Marriott Marquis, ho trascorso alcuni giorni.
La caratteristica più vistosa del soggiornare nell’hotel più alto del mondo è che i tragitti dalla hall alla stanza e viceversa sono una faccenda simile a prendere la metropolitana da Caiazzo a Garibaldi: l’ascensore va atteso per un paio di minuti, e la durata del viaggio dipende dalle fermate per far salire e scendere i passeggeri.
Inoltre, vi diranno che a Dubai convivono fianco a fianco i costumi più liberali degli occidentali con l’atteggiamento più conservatore dei paesi arabi, ma non capirete esattamente cosa intendano fino a quando non vi troverete, con indosso solo un copricostume (qui per “costumi occidentali” intendo letteralmente un bikini) in ascensore a fianco di un uomo che indossa l’abito tradizionale, il dishdash, e passerete il tempo a evitarvi con lo sguardo come nella terrorizzante scena dell’horror The Eye (attenzione: incubi).
Ciò detto, molto meglio essere testimone di questo record mondiale rispetto all’unico altro riportato nei miei viaggi: aver mangiato nel McDonald’s più a nord del mondo, a Rovaniemi in Finlandia (un pallino su Tripadvisor!).
Ma veniamo a noi: a Dubai il turismo è una delle industrie principali, e una popolazione composta per l’80% di stranieri fa sì che la varietà di esperienze gastronomiche sia pressoché infinita. Qui restringo la selezione a 10.
1. Datteri di Bateel
Un dattero è un dattero è un dattero, pensavo io, stolta, prima di scoprire quelli di Bateel. Le piantagioni, condotte in agricoltura biologica, stanno a Al-Ghat, in Arabia Saudita, e producono più di 20 varietà diverse di datteri, che variano in meravigliose tonalità dal giallo intenso al marrone scuro. Sono un alimento perfetto, molto nutriente e pressoché senza grassi. Certo, sono anche calorici come i panzerotti pugliesi, ma questo non mi impedirà di indulgere alla mia ossessione.
Nota a margine: per scrivere queste quattro righe sui datteri ho mangiato tre datteri. Prevedo crisi iperglicemica prima della conclusione.
2. Camelccino, ovvero cappuccino con latte di cammello, del caffè The Majlis
Il latte di cammello non è come me lo immaginavo: pensavo avrebbe avuto una nota ruspante simile al latte di capra, mentre ha l’aroma garbato del latte vaccino. Pensavo sarebbe stato ricco come quello di bufala, e invece ha un contenuto molto basso di grassi. Ha, tuttavia, una nota salata piuttosto marcata.
Il caffè The Majlis, dentro al tentacolare Dubai Mall (che sarebbe il più grande centro commerciale al mondo se non fosse per degli zelanti canadesi: record sfumato per un pelo, dannazione) serve tutti prodotti a base di latte di cammello, che proviene da una bella fattoria alle porte della città. Curiosità: dato che i cammelli non sono, tradizionalmente, animali da latte, la razza non è mai stata selezionata a questo scopo. Perciò la mungitura non si può meccanizzare: le mammelle di ogni cammello sono troppo differenti tra loro (ecco una frase che non avrei mai pensato di scrivere!).
3. Branzino al latte di cocco del Ristorante Rang Mahal di Atul Kochhar
Il ristorante dello chef inglese, di origini indiane, Atul Kochhar è uno dei 13 locali all’interno del JW Marriott Marquis. Questa è una curiosa peculiarità di Dubai: qui gli alcolici possono essere serviti solo negli hotel, e così i grandi ristoranti si concentrano in queste strutture.
Kochhar, il primo chef a ricevere una stella Michelin per la cucina indiana nel Regno Unito, si è unito alle folte schiere dei celebri chef che aprono una succursale nell’emirato.
4. Falafel mahshi di Qwaider Al Nabulsi
La Dubai più frequentata dai turisti prevede grattacieli, cupcake di Magnolia Bakery e scarpe firmate. La vita sociale si svolge prevalentemente al chiuso, in ambienti parecchio climatizzati. E anche se non ha senso concepire rigide divisioni tra autentico e inautentico – cosa lo è, in fondo, in una città che esiste in questa forma da poco più di vent’anni? – di certo vale la pena cambiare rotta per esplorare, a piedi, la Dubai fatta di case basse e i quartieri che ricordano, finalmente, altri luoghi del Medio Oriente.
Io ho partecipato – e non posso raccomandarlo abbastanza – a un tour a piedi organizzato dalla bravissima Arva Ahmed di Frying Pan Adventures: una maratona gastronomica di 6 ore che consente di provare specialità tipiche di molte tra le nazioni che hanno fatto di Dubai la loro casa, dall’Egitto all’Iran, dalla Palestina alla Turchia. Questi falafel di ceci ripieni di pasta di peperoncino e cipolla, fatti sul momento in un baracchino all’angolo di una strada anonima, sono un’esperienza memorabile.
5. Baklava e caffè arabo di Samadi Sweets
Esperienze precedenti con i baklava, dolci a base di zucchero, frutta secca e miele tipici dei Balcani e del Medio Oriente, mi avevano persuaso che non facessero al caso mio: li trovavo stucchevoli.
Assaggiando i Bukaj – baklava a forma di saccoccino, con il ripieno in vista – al pistacchio di Samadi Sweets mi sono convinta che o i baklava precedenti non erano altrettanto buoni, oppure ho smesso di credere che esista una categoria dello spirito corrispondente a “troppo dolce”. Secondo tradizione, i baklava non si mangiano come dessert: si offrono come dono (c’è della saggezza qui, da qualche parte. Cercatevela da soli).
6. Couscous del Ristorante Nawwara
Il couscous è uno di quei cibi senza pretese di cui è difficile vedere l’appeal preso fuori contesto. Come per i tedeschi avvezzi a mangiare la pasta scotta come contorno, o gli americani che chiamano risotto il riso bollito, così per chi conosce solo il cous cous a cottura rapida epidemico nelle insalatone del bar è impossibile capire i vertici che può raggiungere quando è perfettamente cotto, ogni granellino scisso dall’altro, e ricoperto da una pellicola d’ olio profumato.
E così: “Ma quanto era buono il cous cous?!” è diventata la frase che ho detto più di frequente nel mio soggiorno a Dubai, seguita da: “Ma voi non avete freddo?”
7. Pakora e tè con latte e zucchero nello Spice Souk
Tra le comunità più numerose dell’emirato c’è quella indiana. Proprio dietro lo Spice Souk comincia una Little India, le cui minuscole viuzze ho percorso a fatica, fendendo la folla che procedeva in senso contrario diretta al tempio induista. A una bancarella ho comprato per due monete una pakora (frittella di verdure) e un bicchiere di tè caldo servito con latte e zucchero.
Ho mangiato il mio spuntino sulla barca che mi riportava sull’altro lato del creek, il fiume salato di Dubai, sotto gli sguardi cupidi dei gabbiani.
8. Gelato Boozah al pistacchio di Asail Al Sham
Questo gelato tradizionale si fa aggiungendo all’impasto gomma arabica, cioè una resina ottenuta dal lentisco.
La consistenza diventa molto resistente ed elastica, e il gelato va, in effetti, masticato: non è affatto spiacevole, seppur vagamente straniante. Viene impiegato esclusivamente pistacchio di Bronte (si scherza, mi piace farvi agitare. Si tratta di pistacchio siriano).
9. Beverone analcolico di Al Mallah
Nel mio primo giorno in città mi sono dedicata a esplorare il grande mistero del cosa bere a cena quando non si bevono alcolici. Tra le risposte più perturbanti c’era il “frullato di frutta” del ristorante Al Mallah, preso d’assalto da moltissime famiglie locali determinate a godersi la brezza fresca della serata marzolina.
Con atteggiamento improntato, vista l’assenza di alcolici, al “tanto peggio, tanto meglio”, ho ordinato la versione maxi del frullato della casa: un enorme mangia e bevi con frutta a pezzi, noci e nocciole, miele, panna. Impegnandosi un po’, il picco glicemico ricorda la sensazione di ebbrezza.
10. Birra Heineken della piscina del JW Marriott Marquis
Una birra a bordo piscina, in un lunedì mattina qualunque, mentre il sole splende sul tetto dei palazzi in costruzione (cit.), è l’equivalente della cioccolata calda bevuta dentro lo chalet innevato.
Un’esperienza sensoriale perfetta, anche se è una Heineken, e anche se costa l’equivalente di 8€.
[Crediti | Link: Mashable, Marriott, Telegraph, YouTube. Immagini: JW Marriott Marquis, Bateel, The Majlis Cafè. Flickr: Zeetz Jones, Krista, Philip Smith, The Food Pornographer]