Siamo andati a trovare chef Antonello Colonna a Vallefredda, in quel di Labìco. A proposito, ricordate Labìco? Il ristorante con la porta rossa, lo sciame di stelle Michelin a illuminare la provincia romana, la cucina che ha fatto tendenza per molto decenni? Forse è necessario un breve riassunto.
Ai tempi della sua piccola attività a gestione familiare, Colonna è un cuoco: cappello bianco, Bragard, torcione e parannanza. Riesce a imporsi all’attenzione del mondo come ambasciatore della cucina italiana, apre ristoranti all’estero, tiene conferenze, insomma, diventa un punto di riferimento.
La prima grande trasformazione arriva con l’apertura dell’Open Colonna, al centro della capitale, nel Palazzo delle Esposizioni. Non più solo cuoco ma imprenditore alla guida di un ambizioso ristorante stellato di tipo multifunzionale, con colazioni, aperitivi, pausa pranzo e seducente spazio eventi.
Ma Colonna è curioso, infaticabile, quindi riparte, si sposta. Lascia tutto in mano ai fidati collaboratori e torna alla sua Labìco, stavolta su 20 ettari di terreno coltivato intorno ad una struttura ultra moderna: il Vallefredda Resort. E da cuoco e imprenditore, il nostro trasmuta ancora e diventa contadino, allevatore, patrocinatore d’arte e primo insegnante della sua nuova scuola di formazione, ruolo a cui pare tenere più degli altri.
Durante la nostra visita di qualche giorno fa, in effetti, non ha parlato che di quello. Noi incantati tra sole, verde, alberi e grano, lui impaziente di farci conoscere fino all’ultimo dei suoi allievi che oltre a cucinare, imparano a somministrare nel senso più ampio, e a gestire un’attività legata alla ristorazione. A diventare, in fondo, cuochi imprenditori come lui.
I ragazzi della scuola, li vedete nel video qui sopra, hanno età, obbiettivi e background diversi, ma tutti vorrebbero lavorare nella ristorazione. Come ricorda Colonna, ristorazione non vuol dire solo stelle, gamberi e forchette da appendere al muro. E tanto meno vuol dire programmi televisivi, autografi e donne svenevoli. Vuol dire dare da mangiare a qualsiasi livello. Anche un chioschetto sul mare è un’attività di somministrazione e tutte, nessuna esclusa, necessitano delle stesse capacità di gestione che vanno al di là del talento in cucina. Questo vorrebbe insegnare Antonello Colonna.
E mentre ero lì, sferzata dal vortice di racconti dello chef, ho pensato a cosa mi sarebbe piaciuto fare nell’ambito della ristorazione, se fosse stata quella la mia scelta di vita.
Mi sono tornate in mente le signore belle, paffute e sorridenti che dominano il bancone dove si compra la porchetta, ad Ariccia. I gesti sapienti nell’affilare grossi coltelli e incartocciare salumi e formaggi, olive e carciofini, e servire al tavolo con le tovaglia di carta, la Romanella e il pane casereccio di Genzano. Ecco, un bel chiosco della porchetta, una Fraschetta ai Castelli romani, questo farei.
E voi? Panini allo stadio? Tapas bar al centro storico? Baracchino dello street food? Dopo teatro? Se doveste scegliere un’attività qualsiasi di somministrazione che non sia il classico ristorante, cosa fareste?
[Crediti | Immagini: Manuela Giusto, video: Lorenza Fumelli]