Il più clamoroso 2 di picche della mia carriera sentimentale mi ha convinto che sì, ci sono posti giusti e posti sbagliati in cui portare a cena un uomo. Dopo cena, il giovane mi ha sì riaccompagnato a casa ma al nostro arrivo ha lasciato l’auto accesa e si è affrettato a dirmi: “Uh, che bella serata, domattina mi alzo presto, rifacciamolo…magari”, prima di sgommare via.
Ho quindi trascorso la notte rigirandomi insonne nel letto: Dove, dove avevo sbagliato?
Eppure l’avevo portato nel mio ristorante cinese preferito nella categoria “sordido”! Possibile che lui non fosse rimasto favorevolmente colpito dalla determinazione con cui avevo frantumato col martello il granchio stufato? E dalla sollecitudine da crocerossina con cui avevo rimosso gli schizzi dalla sua camicia utilizzando la salviettina per le mani all’aroma di limone? Che non avesse ammirato il mio rispetto della cultura cinese, incarnato dalla disinvoltura con cui avevo bevuto circa 8 birre TsingTao rigorosamente a temperatura ambiente?
L’esperienza è stata istruttiva. Quindi eccovi una proposta di serata perfetta a Milano quando si hanno velleità romantiche: seppur immaginata per milanesi che seducono forestieri (sulla falsariga del capitolo romano, qui), ha il potenziale per accontentare un po’ tutti. Tranne gli astemi.
Le regole base.
Uno: niente cinesi sordidi prima del terzo appuntamento.
Due: evitate i ristoranti che appartengano a ex fidanzati et similia (se questo riduce il campo in modo rilevante, ditevi che forse è giunto il momento di andare a portare scompiglio nel mondo gastronomico di altre città).
Cominciate con un bicchiere di vino alle Cantine Isola, in via Paolo Sarpi 30: posto conviviale e piacevolmente disordinato, ha scaffali alti fino al soffitto pieni di bottiglie selezionate con cura. Se serata memorabile deve essere, allora si apra dello Champagne: la selezione è meritoria e anche andando a caso pescherete bene. Non è un posto romantico, ma meglio così: niente aspettative eccessive (regola base numero 3).
Continuate con una cena Al V Piano, il ristorante in cima all’Hotel Grand Visconti Palace in via Mantova, 12 . In cucina c’è l’irrequieto e talentuoso Matteo Torretta: ex del Savini in Galleria, ex del Food Art in via Vigevano, ex del Resort Feudi della Medusa in Sardegna, tutto nel giro di 3 anni. I tavoli sono adeguatamente distanti gli uni dagli altri, le tovaglie sono lunghe (etichetta del ristorante: niente più del piedino, per carità). Ah, e si mangia molto bene.
L’ultima tappa è il bicchiere della staffa al Nottingham Forest, in Viale Piave 1: i cocktail migliori della città serviti in un minuscolo locale pieno di trofei di caccia alle pareti (valutate se concedervi una battuta di dubbio gusto, il mio consiglio è no ma vi capirei se cedeste alla tentazione). Se il vostro ospite è anglofono, questo è un ottimo momento per dire: “Ecco, una cosa che non mi è mai stata chiara è la differenza di pronuncia tra ‘sure’, nel senso di ‘sicuro’ e ‘shore’ nel senso di ‘spiaggia”. Quando lui, ammiccando, replicherà: “I’m sure I’d like to take you to the shore“, non vi resterà che prendere un taxi e farvi portare all’Idroscalo. Ehi, questo è quello che passa il convento in termini di spiagge a Milano.
[Crediti | Link: Dissapore. Immagini: Cantine Isola-Dave Yoder, Al V Piano-EventinMilan, Nottingham Forest-Tripadvisor]