Quando i politici snocciolano dati nei talk show serali tanto per darsi un tono cambio immediatamente canale. Sto per snocciolare dei dati ma non sono un politico, non cambiate blog vi prego, prometto di non esagerare.
Dunque, il grano duro italiano copre solo il 65 % del fabbisogno, dobbiamo importare frumento da Canada, Stati Uniti, Sudamerica e Ucraina.
Le nostre carni bovine coprono il 76% dei consumi, per il latte si scende addirittura al 44%. Anche per lo zucchero e il pesce fresco siamo costretti a chiedere altrove, assicuriamo solo il 24% e il 40% del consumo interno.
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Lo zucchero viene soprattutto dal Brasile, mentre il pesce da Paesi Bassi, Thailandia, Spagna, Grecia e Francia, oltre a Danimarca ed Ecuador.
Chi mi ha seguito sin qui deve essere senz’altro una persona paziente, allora ne approfitto per una domanda. Stamattina, malgrado il freddo polare, diecimila allevatori della Coldiretti erano al valico del Brennero per combattere la “Battaglia di Natale” al grido di “Salviamo il cibo Made in Italy”. In pratica bloccavano latte polacco, cosce di prosciutto olandesi e cagliate tedesche, merci finto-italiane o come si dice ora italian sounding, destinate a finire sulle tavole natalizie degli italiani.
Un’azione dimostrativa forse un po’ arrogante ma senza dubbio spettacolare, infatti ha ottenuto dai media tutta l’attenzione possibile.
Sono in debito di una domanda, non me ne sono dimenticato: cosa ci faceva con loro il ministro delle politiche agricole Nunzia Di Girolamo?
Ufficialmente invocava la tracciabilità dei prodotti alimentari, cioè l’etichetta obbligatoria con la provenienza degli ingredienti per capire se sono davvero italiani. Un modo per assicurare agli agricoltori e ai consumatori italiani una protezione maggiore.
Eppure la presenza del ministro è sembrata inopportuna ai più, buona parte dei quali si è sfogata su Twitter. Dove in mezzo al sostegno si sono letti commenti come questi:
“La De Girolamo ha trovato la sua dimensione ottimale: soubrette della Coldiretti”.
“I ministri non scendono in piazza, a meno che non sia l’unica cosa che sanno fare”.
Anche alla Coldiretti non sono state risparmiate critiche.
“Coldiretti si nasconde dietro la tutela dei consumatori, in realtà chiude i mercati per mantenere le aziende non competitive. Bravi”.
“Al Brennero per difendere l’ipocrisia. Cos’è il vero made in Italy? Questa è la domanda”.
Come mai tante critiche per un’operazione forse impropria nel metodo ma sacrosanta, viste le risorse che il finto-italiano sottrae ogni anno ai nostri agricoltori?
Sto per snocciolare altri dati, ma solo se promettete di seguirmi ancora per poco.
E’ vero, siamo autosufficienti per quanto riguarda riso, vino, frutta fresca, pomodoro, uova e pollo. In questi casi abbiamo la certezza di comprare un prodotto made in Italy al 100%. Ma la maggior parte dei legumi che mangiamo non sono italiani, le importazioni provengono da Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina.
Persino alcuni prodotti IGP (Indicazione Geografica Protetta) sono in realtà fatti con materie prime non italiane. La bresaola viene preparata con carne argentina o del Sudamerica perché la Valtellina non possiede allevamenti in grado di coprire l’intera produzione (17 mila tonnellate l’anno).
Scrive a questo proposito il sito del Fatto Alimentare:
“La provenienza di materie prime dall’estero non è sinonimo necessario di scarsa qualità: la sicurezza dipende dal rispetto delle regole. È più importante potenziare i controlli di un prodotto o di un ingrediente, a prescindere dalla sua provenienza geografica, piuttosto che ricercare l’italianità a tutti i costi, anche quando non è possibile”.
E così, chi si sta chiedendo se sia opportuno che il ministro di uno stato membro della Comunità Europea partecipi alla manifestazione che blocca un valico di frontiera, potrebbe in realtà porsi un’altra domanda. Perché il ministro De Girolamo invece di inseguire comparsate in tivù e spot elettorali come quello di oggi non legge il Fatto Alimentare?
[Crediti | Link: Il Sole24Ore, Il Fatto Alimentare]