Saccaromiceti? Biga? Poolish? Il mondo del cibo è fatto di fraintendimenti, mistificazioni e parole altisonanti. Tutta colpa del lievito madre, dalla sua entrata in scena la confusione regnò sovrana. Arditi termini tecnici entrarono nel vocabolario di chi era convinto che il salame Felino si facesse con la carne di gatto. Esemplari giovani, non più di tre mesi di età. Le incomprensioni divennero così quotidiane e alimentarono nuove leggende.
Una delle parole più diffusamente equivocata degli ultimi tempi è “glutine”, creatura mitica, per tanti ancora avvolta da un alone di mistero.
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Ricordo ancora la conversazione metafisica avuta in merito con un amico, Arcezio. Andò all’incirca cosí:
Arcezio: «Glutine è un termine vago. E’ qualcosa che viene utilizzato per le cose che fanno male. Sai, il colesterolo e il grasso, ad esempio. Quando esco a mangiare chiedo sempre piatti senza glutine perché ci tengo alla salute. La strana coincidenza è che il cestino del pane non mi arriva mai e il cameriere di turno rimane sempre basito dal fatto che gli chieda di portarmelo!».
Io: «E come dargli torto. Probabilmente qualcuno ti ha detto che non mangia glutine per non stare male, e adesso pensi anche tu che sia una scelta salutare evitarlo».
Arcezio: «Esatto, la penso proprio così. Il glutine fa male!».
Io: «Oh villico, tu non hai la più pallida idea di cosa sia il glutine. »
Poco dopo il sacro fuoco della conoscenza inondò l’amico Arcezio, che finalmente capì cosa diavolo fosse il glutine, e realizzò di essere stato lo zimbello di molti camerieri.
Il glutine è semplicemente un complesso proteico presente in alcuni cereali come: frumento, segale, orzo, avena, farro, kamut, triticale. Una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine è la prolamina, responsabile dell’effetto tossico per il celiaco. La prolamina del frumento viene chiamata gliadina, per questo motivo spesso si sente parlare di gliadina e prolamina associate al glutine. In termini spicci il glutine è come un amico che, alla vostra festa, decide di imbucare anche la sua fidanzata festaiola, un tipo poco raccomandabile che finisce per ubriacarsi e distruggervi la casa.
Il mito del glutine è solo l’inizio perché di parole dal significato scontato e banale per i food addicted che possono risultare incomprensibili ai più, ce ne sono diverse.
Come dimenticare un grottesco episodio a cui assistetti non molto tempo fa. Ero seduta al tavolo di un ristorante e sentii un distinto signore ordinare Chardonnay e del salmone per sé e per la moglie. Quando, poco dopo, il piatto venne servito accompagnato da brioche salata e panna acida, il raffinato signore divenne paonazzo, inveii contro il cameriere e accusò lo chef di incompetenza.
Il motivo di tanta ira?
Secondo lui la cucina stava tramando alle loro spalle cercando di avvelenarli con del pesce completamente crudo. Il poverino non aveva idea di che cosa fosse l’affumicatura.
Caro signore dai modi tanto gentili, se mi stai leggendo, te lo spiego ora. Esistono diverse tipologie di affumicatura: con fumo liquido, a caldo, semicaldo e a freddo. Normalmemnte per i salmoni si utilizza quest’ultima, con temperature inferiori ai 29°C. Si tratta di un processo utilizzato sia per la conservazione dell’alimento, sia per indurre piccole variazioni d’aspetto, sapore e consistenza del prodotto.
Tecnicamente un salmone affumicato non è paragonabile a uno crudo perché è stato lavorato, sottoposto a salagione e la sua carica microbica è notevolmente inferiore. Se poi il prode cavaliere voleva difendere la sua dama dagli eventuali composti cancerogeni derivanti da questo processo, beh, allora è un altro discorso.
Un’altra singolare vicenda di cui sono stata testimone mi piacerebbe intitolarla: “Il mistero della bassina”.
Non mi trovavo sull’Orient Express, ma su un comune e sporco treno regionale e, non avendo niente di meglio da fare, decisi di origliare senza pudore il concitato discorso di due pingui comari: «Mi hanno detto che ci sono dei dolci deliziosi prodotti da una bassina» diceva una. «Da una bassina? Non sará mica la Maria?» replicava l’altra. Suvvia signore, ma quale sciura Maria! La bassina non si riferisce all’altezza di chi li produce, ma all’impianto utilizzato per la confettatura. Bassinato è solo un altro erudito modo di dire confetto.
La mia favola preferita rimane quella della nonnina che un bel giorno tentò di temperare letteralmente il cioccolato. Per questa fase del processo di produzione del cioccolato non serve il temperamatite, ma solamente una spatola! Il burro di cacao può cristallizzare in sei forme differenti, la tempera fa si che cristallizzi nella forma corretta, chiamata forma V o β(V). Se ció avviene il cioccolato risulerà favolosamente lucente, deliziosamente scioglievole in bocca e si staccherà facilmente dagli stampi.
Va bene, non siamo tutti tecnologi alimentari e può capitare a tutti di pensare che la trafila sia una lunga pratica burocratica, che la zangola sia una pericolosa arma e che il luppolo abbia a che fare con l’antagonista di Cappucceto Rosso.
Il bello è che nel mondo del cibo c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Il ché mantiene sempre vivo l’amore nei suoi confronti.