Il termine tecnico per definirle esiste, e si è pure meritato una voce su Wikipedia: supercouple. La coppia “ricca o famosa che intriga e affascina il pubblico in una maniera intensa, quasi ossessiva”. E visto che di neologismi non ne abbiamo mai abbastanza, ce n’e’ uno per ogni supercoppia. E se in America hanno i Bennifer, i Brangelina e i Tomkat, noi modestamente possiamo schierare il MasterDuo. E scusate se è poco.
Così titola il Corriere della Sera, che oggi dedica un lungo profilo a Rosa Fanti. Segni particolari: affascinante, trent’anni, romagnola. Moglie di Carlo Cracco. Non è la sua prima volta in un giornale: Vanity Fair l’aveva messa in copertina, per spiegare alle lettrici, che immaginiamo invidiosissime, come aveva conquistato l’illustre marito, il cui tasso di sdraiabilità, specie dopo MasterChef, è in effetti piuttosto elevato.
Vi sento. State obiettando che in questo preciso momento storico l’invadenza mediatica degli chef è già faticosamente sostenibile per dare spazio anche alle mogli, e che gli uffici stampa di costruzione dell’immagine -più familiare è meglio è- ci campano, ma tanta attenzione per Rosa&Carlo, paparazzati anche a Ibiza, dove sono in vacanza con il loro bambino, ha più di una spiegazione.
Cos’ha la storia che ci piace tanto? Cosa c’è nella loro unione che fa brillare gli occhi a tutte noi single/malmaritate/malfidanzate, o magari felicemente innamorate ma comunque disposte a dedicare cinque minuti a sospirare languidamente sognando l’arrivo del nostro Cracco?
Basta leggere l’intervista di Rosa al Corriere per capirlo.
C’è il senso di identificazione. Rosa è giovane, bella e bionda, ma di una bionditudine non appariscente, quasi rassicurante, ammesso che possa esisterne una. Potrebbe essere la nostra vicina di casa, forse siamo noi. Normale anche nella famiglia da cui proviene e nella laurea in Scienze della Comunicazione, accessoria e non esattamente irraggiungibile.
Ma c’è il colpo di fulmine. Niente a che vedere con gli insipidi abbordaggi su Facebook di cui siamo oggetto. Rosa cura le pubbliche relazioni di un evento in cui Carlo cucina. Si incontrano, si guardano, si piacciono. Immediato sms di lui (“Piacere di averti conosciuto”). 48 ore dopo è già in ufficio da lei con una scusa falsa che più falsa non si può (“Volevo dare un’occhiata al posto” “Ma non l’ha già visto l’altro giorno?”).
“E’ un po’ cupo, va bene. Ed è un testone. Ma è anche molto ironico. Ha avuto una formazione dura. E’ sempre stato uno che ha messo al primo posto il lavoro, le responsabilità, la fatica/dovere di emergere. Si è sempre concentrato più sul lavoro che sulle responsabilità. Ecco … io forse ho aggiunto questo tassello”
C’è la sindrome dell’io-ti-salverò. Io sarò la tua folgore, colei che porterà in superficie la tua parte migliore. E in effetti, chi conosceva la vita di Carlo Cracco, anche e soprattutto professionale, prima dell’avvento di Rosa, stupisce ancora per la svolta inattesa. Quasi un feuilleton.
“Esiste un nesso tra a sua svolta lavorativa e quella privata. Ma non sono la prima responsabile. Abbiamo condiviso le scelte insieme. Io ho accettato di fargli da spalla e lavorare dietro le quinte. Ho tirato fuori quella voglia di cambiamento che aveva dentro”
C’è la grande donna che è sempre dietro ogni grande uomo. Cosa s’intende per “svolta inattesa”? La metamorfosi che trasformato uno chef già bravo, ma controverso, e comunque orso oltre misura, nel giudice di Masterchef (e futuro protagonista di Hell’s Kitchen Italia) sogno erotico di metà italiane, nonché sicuro bestsellerista con Se vuoi fare il figo usa lo scalogno, uno dei libri di cucina più venduti degli ultimi anni giunto ormai alla edizione numero quattordici.
“Io sono la buona e lui il cattivo. Ma d’altronde, un testone è sempre un testone. Anche se sa cucinarti il risotto con lo scalogno”
C’è l’uomo che sa cucinare. Che guarda il tuo frigorifero semi-vuoto e ti impone la sua filosofia dai piacevoli risvolti: “Da domani la spesa la faccio io, non toccherai mai più un fornello”. Che ti fa capitolare un piccione con patate e castagne.
Mentre noi (io?) nell’attesa, aspettiamo un uomo che sappia almeno distinguere tra cipolla e scalogno.