Galeotto fu l’aglio in camicia e chi lo aggiunse: Carlo Cracco scivola su uno spicchio d’aglio attirandosi le ire del comune di Amatrice, culla del sugo all’amatriciana. Dove l’aglio, secondo De.Co. (la ricetta approvata con Denominazione Comunale) proprio non va. Questo pochi giorni dopo il caponatagate di Tiziana Stefanelli, vincitrice della seconda edizione di Masterchef e rea di unire il dado alla celebre ricetta siciliana.
[Fateci caso, il post è illustrato con le foto del profilo Instagram di Dissapore, nuovo di zecca, che siete invitati a seguire in massa, grazie]
AMATRICIANA: FILOLOGIA COMPARATA
Per approfondire la questione, prima di arrivare alla ricetta dell’amatriciana approvata dal suo comune di nascita, ho fatto una rapida ricerca comparando le versioni di testi diversi, tutti comunque autorevoli, per scoprire che non mettono l’aglio ma… la cipolla. E non prendetevela con me.
Per il Carnacina si tratta comunque di aggiunta facoltativa: il guanciale, “tagliato a pezzi piuttosto grossi” (cit.), è rosolato nell’olio e poi tenuto da parte, nel suo fondo si porta a cottura il sugo di pomodoro, con o senza cipolla, pepe o peperoncino a piacere, infine si riunisce il guanciale croccante.
Marco Guarnaschelli Gotti, nella sua Enciclopedia, soffrigge insieme cipolla e guanciale, a dadini, nell’olio, poi aggiunge il pomodoro, pepe o peperoncino e fa “ritirare la salsa a fuoco allegro” (cit.). Ne dà anche una versione più elaborata che non riporto perché davvero macchinosa, ma in cui l’aglio compare, seppure solo come profumo (messo intero e poi tolto).
Analoga, infine, la versione del Talismano della Felicità in cui, però, il guanciale è tritato insieme alla “famigerata” cipolla e rosolato nello strutto prima di aggiungere il pomodoro e portare a cottura a fuoco brillante.
In ognuna delle versioni non manca mai, naturalmente, il pecorino romano grattugiato e abbondante.
RICETTA DI AMATRICE
Estremamente rigorosa, la ricetta di Amatrice prevede l’utilizzo tassativo (e uno) di guanciale amatriciano, tagliato a listelli di circa un cm, rosolato in poco olio e sfumato con poco vino bianco.
Dopodiché, si aggiunge peperoncino, pomodoro, sale se serve, pepe e si porta a cottura mentre cuoce la pasta, tassativi (e due) gli spaghetti.
Alla fine, tassativo (e tre) il pecorino di Amatrice, definito come delicato e poco salato, vivamente sconsigliato il romano.
Insomma, se volete mangiare l’amatriciana, vi tocca andare ad Amatrice, che i prodotti locali non sono esattamente diffusi su tutto il territorio nazionale.
Applausi, quindi, all’intraprendenza del consiglio comunale, geniale nel portare l’acqua al suo mulino (e i buongustai nei suoi ristoranti) e che ora, grazie allo scivolone di Cracco, sta godendo di una bella campagna promozionale gratuita.
LA VERSIONE DI FRM
Volete sapere la mia?
Quel che penso, è che le ricette tradizionali italiane dovrebbero essere un patrimonio di tutti e, come tali, permettere un minimo di interpretazione.
— Che senza scadere nei Bucatini with spicy tomato and pancetta sauce, ovvero i Bucatini all’amatriciana nella versione della chef televisiva Nigella Lawson, si possono azzardare personalizzazioni che assecondino il proprio gusto, e la disponibilità degli ingredienti, senza per questo snaturare la ricetta.
— Che il guanciale mi piace a pezzi grossi, rosolato, sfumato con il vino, poi tenuto da parte e riunito alla fine al pomodoro.
— Che io un po’ di cipolla la metto volentieri, fatta soffriggere nel fondo del guanciale prima di aggiungere il pomodoro.
— Che i pomodori migliori, secondo me, sono i pelati perché, data la cottura rapida, quelli freschi per 9 mesi all’anno sono troppo acquosi, oltre che spesso acidi.
— Che il pecorino lo scelgo non troppo stagionato, e mai e poi mai aggiungo sale al sugo, ma pepe abbondante sì.
— E che a volte, invece degli spaghetti grossi o dei vermicelli, uso i rigatoni perché mi piace quando il pezzetto di guanciale ci si infila dentro.
Ora, aspetto un commento del sindaco di Amatrice. O, in mancanza, tutti i vostri.
[Crediti | Link: Dissapore, Instagram, Wikipedia, Nigella. Tutte le foto sono di Rossella Neiadin]