Cose da non mettere in valigia in previsione di un weekend a Bruxelles: la capacità di conteggiare le calorie, il senso di colpa. Ah, le linee aeree low-cost: odi et amo. Ogni volta che acquisto un volo che mi consentirà di passare un weekend in una città europea per una manciata di € quasi mi commuovo per avere il mondo a portata di mano.
Quando però il venerdì mattina la sveglia suona alle 4 per consentirmi di prendere il volo delle 7, maledico Easyjet e la mia inveterata taccagneria.
La buona notizia è che a metà mattina sono nella Grand Place di Bruxelles con il naso all’insù, ammirando gli sfarzosi palazzi delle gilde. E un’ora dopo è già aperitivo, allo storico café À la Mort Subite: fané eppure bello, vale una visita anche se le birre che serve non sono artigianali – La Mort Subite è un brand che si trova anche al supermercato.
La Kriek, birra acida aromatizzata alla ciliegia, mi ha aperto lo stomaco: per fortuna subito dietro La Bourse, in rue Tabora, c’è la friterie Tabora, che da quasi 40 anni serve patate fritte secondo tradizione. Le frites sono croccanti fuori e cedevoli al morso, come vuole l’ortodossia; da evitare invece le salse industriali in accompagnamento.
Una lunga passeggiata semplifica in qualche modo la digestione, e il pomeriggio è dedicato allo straordinario Musée Magritte, aperto nel 2009. Esco all’ora di merenda (incredibile come sia quasi sempre l’ora di un pasto, se si è creativi) e passeggio fino al Grand Sablon fino al celebrato maître chocolatier Pierre Marcolini, dove divoro un enorme eclair al caramello.
Lo stordimento glicemico porta con sé un po’ di sonnolenza. Mi riaffaccio alla coscienza guidata dal pensiero della cena: moules frites , ovvero un pentolone di cozze servito con una pantagruelica porzione di patate fritte (lo so, di nuovo) a lato. Non lontano dalla mia casa a Bruxelles c’è Le Zinneke, che utilizza soltanto ingredienti biologici ed è orgogliosamente affiliato a Slow Food. Le cozze sono enormi, quasi impudiche nella loro carnalità: in uno slancio di fiducia verso il mio metabolismo, dal lungo menu scelgo la ricetta alla panna e bisque di crostacei.
Il giorno dopo mi infliggo un altro risveglio all’alba: lo scopo originario di questo viaggio a Bruxelles era visitare Cantillon nel giorno di una cotta pubblica. Oggetto di culto per gli appassionati in tutto il mondo, questo birrificio produce birre a fermentazione spontanea affinate in legno per anni. La produzione si fa solo nei mesi freddi, quando gli indomabili lieviti nell’aria di Bruxelles non devono convivere con batteri cattivi che potrebbero danneggiare la birra. Arrivando lì alle 7 e 30 trovo caffè e brioche in omaggio. Dopo la visita è il momento della degustazione: non sono ancora le 9 quando mi scolo, vergognandomi un po’, un bicchiere di Rosè de Gambrinus, ottenuta da lambic cui sono stati aggiunti lamponi freschi.
Un giro al mercato delle pulci di Place du Jeu de Balle, nel quartiere popolare di Marolles, e poi a pranzo al Restobieres, dove la birra non solo si beve ma viene anche utilizzata in cucina. Il menu è da brasserie, i piatti sono muscolari e molto conditi, ma l’insalata di formaggio di capra caldo alla Kriek è una piccola festa e si abbina perfettamente alla lieve ebbrezza che mi accompagna ormai da un giorno intero.
Dedico il pomeriggio al Museo del Fumetto, dove dopo vent’anni di dubbi scopro finalmente come Puffetta sia arrivata tra i Puffi.
Sabato sera: espiazione.
Domenica mattina c’è ancora tempo per qualche tappa – e per qualche altra birra: l’aperitivo è al Moeder Lambic di place Fontainas, beer pub gradevole e un po’ pettinato che offre più di 40 birre alla spina, una selezione splendida per qualità e varietà. Gli appassionati preferiscono l’altro Moeder Lambic – l’originale – in rue de Savoie, ma è più periferico e l’orario del volo di ritorno non mi consente la deviazione.
A pranzo, faccio un spuntino a La Mer du Nord, un chiosco che offre qualche semplice piatto di pesce – crocchette di gamberi, tonno alla piastra, zuppa di pesce – da mangiare in piedi nella piazzetta di fronte al locale.
La mezz’ora del mio pasto è abbastanza per generarmi un principio di assideramento, perciò è un sollievo passare la mia ultima ora a Bruxelles all’accogliente cioccolateria di Frederic Blondeel. La carta delle cioccolate calde, da cui scelgo la versione con pistilli di zafferano, mi fa considerare l’ipotesi di perdere il volo, e svernare qui.
Una breve consultazione con il mio fegato mi fa decidere che non sarebbe una buona idea.
[Crediti | Immagini: à la mort subite, Becin Brussels, Madverve, Expatinterviews, At Cas, Inbirrerya, Cityplug, Flickr/Mathilde Vandier Keats]