Ogni spostamento fuori città effettuato da un gourmand degno di questo nome ha come fine ultimo l’approvigionemento di qualche eccellenza mangereccia. Questa volta un buon motivo per fare una gita ve lo fornisco io: se non temete la fatica fisica, se pensate di poter resistere alle intemperie, se non vi spaventa nemmeno la possibilità di imbattervi in qualche cacca di mucca… allora seguitemi, vi porto in alpeggio, alla ricerca del burro perduto.
Italia – regione Veneto – provincia Vicenza – Altopiano dei Sette Comuni – comune di Enego – località Valmaron. 1400 m slm. L’azienda a cui faccio visita si chiama “El Tabaro”. I titolari sono due fratelli, Andrea e Paolo Dalla Palma che hanno messo insieme 110 mucche, di cui 60 da latte, e hanno votato la loro vita alla creazione di prodotti caseari come tradizione comanda.
Ma quello che a me interessa oggi è il loro (Santo subito) burro.
Questi sono gli ultimi giorni per accaparrarsi il burro di alpeggio, quello giallino, profumato di erba fresca, incomparabile per sapore: fino al 23 settembre, giorno della festa della transumanza, le gentili giovenche se ne resteranno in villeggiatura estiva a ruminare erbette alpine, poi scenderanno dai monti e, con l’alimentazione, cambierà nel tempo anche il latte prodotto.
E poi voglio scoprire in cosa consiste il metodo tradizionale della zangolatura.
In Italia la maggior parte del burro è ottenuto per affioramento ed è un sottoprodotto della lavorazione di Grana Padano e Parmigiano Reggiano, quindi ricco di lipidi saturi (circa il 50 %) notoriamente dannosi. Se il burro è derivato dalla zangolatura (o centrifuga) i suoi grassi sono tutti insaturi, vi è una significativa presenza di vitamine A, D, E, la sua percentuale di colesterolo non disturba significativamente chi ha problemi di colesterolemia e, nel complesso, questo alimento somiglia molto all’olio extravergine, anch’esso ricco di grassi insaturi e vitamina E antiossidante.
Ecco come nasce:
(1) Si lascia sedimentare il latte crudo appena munto a temperatura fresca, in modo che affiori il primo sopranatante, ossia la crema di latte. Quindi si versa nella zangola, un utensile che agita e rimescola la crema.
(2) Dopo un tempo variabile dai 40 ai 60 minuti tutto il grasso solido si separa dal siero e si ottiene la tipica emulsione gialla.
(3) Il burro viene estratto dalla zangola e strizzato per eliminare il siero residuo.
(4) Quello che si ottiene è un burro giallino, che trasuda grasso e che al taglio presenta qualche gocciolina d’acqua imprigionata nella struttura.
(5) A questo punto il burro è pronto per essere pressato dentro agli stampi: quelli tradizionali sono di legno e hanno l’interno intagliato per imprimere amene decorazioni di ispirazione alpina al panetto, come se non bastasse la sua bontà a convincerci.
Quando capita di reperire un burro di qualità e di sicura provenienza, conviene comprarne una certa quantità, tagliarlo in pezzi da 100 gr e congelarlo. Il costo? 9 euro al kg. Oggettivamente poco rispetto a tanta meraviglia (ma non ditelo ai capi).
Un solo difetto, che lo rende assolutamente PERFETTO: questo burro ha un’anima e non è per tutti. Sono esonerati dalla fatica di salire in alpeggio a procacciarselo tutti coloro che schifano l’odore e il sapore “di vacca”, pregio non apprezzabile dai più avezzi alla monotonia del cibo industriale.
Azienda agrituristica didattica “El Tabaro”, via Tabaro 30 Enego (Vi). el.tabaro@yahoo.it (solo alla fine vi dico anche che tutto l’anno si trovano i loro prodotti anche a Bassano del Grappa, ogni domenica mattina al mercato contadino).
[Crediti: Il ruolo nutrizionale e terapeutico degli alimenti – F. Aufiero, M. Pentassuglia, Link: Le Scienze Blog, Immagini: international printing]