20:55 | Un altro anno, un’altra The World’s 50 Best Restaurants di San Pellegrino e Acqua Panna. Questa volta sono venuta fino a Londra per raccontarvela. Sulle ragioni per cui è un evento, se vuoi discusso, ma cruciale nel settore dell’alta cucina vi rimando all’ottimo post di Camilla Micheletti. Sul perché quest’anno vincerà (oppure no), l’Osteria Francescana di Massimo Bottura, al pezzo instant classic di Fabio Cagnetti.
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21:07 | La cerimonia è trasmessa live qui, per una serata frizzantina potete associarla al mio spumeggiante liveblog.
21:10 | Si vede che ho bevuto Champagne fino a un minuto fa, sì?
21:11 | Il compito che resta a me è riempirmi le fauci di tartine, ambito nel quale, senza falsa modestia, eccello.
21:12 | Un evento discusso, dicevamo. Si veda ad esempio Enzo Vizzari de L’Espresso:
[La 50 Best Restaurants] funziona proprio come Tripadvisor. Eppure…eppure quei 50 passano ormai, per definizione, per “i migliori del mondo”. E gli sponsor, San Pellegrino in testa anche se negli ultimi due anni si è parzialmente defilata, fingono di non sapere quanto poco serio sia il tutto. Basta che se ne parli.
21:12 | Sul valore della classifica, su quanto sia una fotografia realistica dei migliori ristoranti al mondo, il dibattito è aperto. Più difficile mettere in discussione il suo peso: l’appoggio al Noma, in cima alla classifica dal 2010 al 2012, è stato un fattore decisivo per la crescita non solo del ristorante ma dell’intera Nuova Cucina Nordica. Nel 2013, la vittoria ha trasformato i fratelli Roca in vere rockstar – e infatti quest’anno porteranno il ristorante in tour per gli Stati Uniti e il Sudamerica.
21:15 | Inoltre, tartine.
21.17 | Tutte le persone del settore che ho incontrato nelle ultime 24 ore sembrano concordare: sarà Massimo Bottura, al numero 3 della classifica del 2013 dei migliori ristoranti, a strappare il primo posto quest’anno. Lo chef modenese, avvistato con al collo un vezzoso fazzoletto tricolore che gli dà un’aria appropriatamente da eroe risorgimentale, è l’unico che non concorda, scommettendo che El Celler de Can Roca la spunterà per il secondo anno consecutivo.
21:18 | Di questo ho discusso poco fa con Lotta e Per-Anders Jörgensen, gli editori di Fool Magazine, che proprio a Bottura ha dedicato la copertina dell’ultimo numero monografico sull’Italia. “L’anno scorso il favorito era Alex Atala del D.O.M di Sao Paulo, finito al numero 5”, mi dice Lotte. “Come si dice, he who goes in the conclave as pope, comes out cardinal, Chi entra al conclave papa, esce cardinale”, replico io. Lotta: “Che cosa affascinante, le espressioni idiomatiche. In finlandese si dice: Non leccare finché la goccia non è caduta”. Io: “Si dice non dire gatto finché non l’hai nel sacco”.
21:20 | Nelle scorse edizioni la lista è sempre filtrata in anticipo, perciò quest’anno nessuno sa niente, o fa un ottimo lavoro nel dissimulare. Se volessimo essere facili profeti, potremmo dire che quest’anno ci attendiamo un peso maggiore delle regioni emergenti dal punto di vista gastronomico: America Latina (il Perù di Gaston Acurio e Virgilio Martinez in particolare) e Asia.
21:21 | Si comincia: sul palco William Drew, l’editor di Restaurant Magazine, ringrazia gli chef e i rappresentanti più autorevoli della stampa mondiale, riuniti qui.
21:22 | Ma di niente, Will, grazie a te delle tartine.
21:27 | Il pubblico applaude agli annunci degli sponsor, il pubblico ulula di compiacimento per le spiegazioni sul funzionamento della serata, il pubblico è indiscriminatamente entusiasta. Si vede che hanno bevuto Champagne fino a un attimo fa, sì?
21.29 | Si comincia, si comincia.
21:30 | Il primo premio attribuito è il One to Watch: quello nuovo, insomma. Si tratta del Saison di San Francisco, il cui sito vi invito a cliccare prima che crashi. Lo chef è pettinato come il Paul McCartney degli anni d’oro. NON HO ALTRO DA DIRE.
Al numero 50 è tornato Waku Ghin di Singapore. Al 49, il Coi di Daniel Patterson, a San Francisco (BAY AREA FOR THE WIN!). Al 48 Test Kitchen in Sudafrica, che l’anno scorso era The One the watch.
Al 47 il Fat Duck, precipitato bruscamente dal 33: sono lontane le glorie della prima posizione, nel 2007. Blumenthal non è contento.
Al 46 il primo posizionamento italiano: Le Calandre, pure loro in discesa dal 27. Mai una gioia. Al 45, il belga Hof Van Cleve.
Al 44 (+3) The French Laundry di Thomas Keller. Al 43 Schloss Schauenstein, in Svizzera.
Intermezzo per il titolo di Miglior Pastry Chef, che va (non sorprendentemente) al geniale Jordi Roca, dell’omonimo Celler.
Al 42 c’è il Geranium di Copenhagen, il più classico e pettinato dei ristoranti danesi della Nuova Cucina Nordica.
Al 41 Quique da Costa, elegante e impomatato come sempre, il più dandy degli chef spagnoli.
Scende dal 29 al 40 Daniel, il ristorante ammiraglia di Daniel Boulud.
Al 39, +3 per il Piazza Duomo di Alba, secondo ristorante italiano della lista. L’occasione è propizia perché lo chef Enrico Crippa accenni un composto buonumore.
Ci sono Pascal Barbot e il suo Astrance di Parigi al numero 38.
Tocca a un altro premio speciale, il vincitore del Ristorante più Sostenibile del Mondo è l’Azurmendi di Bilbao. Lo chef Eneko Atxa ha un orecchino, che consente di intuire la sua vibe ecologista/fricchettona.
Al 37 il Restaurant André di Singapore. Al 36 il Mani di San Paolo, in Brasile. Al 35, un ritorno in classifica per Martin Berasategui. Al 34 l’Asador Etxebarrri, dove anche ostriche e gelato sono grigliati: un ristorante per cui ho maturato un’ossessione dopo la lettura di Cooked, l’ultimo libro di Michael Pollan, che gli dedica un affascinante profilo.
Al 33, Nihonryori RyuGin di Tokyo. Al 32, Attica di Ben Shewry, a Melbourne, un altro dei fautori del foraging.
L’Atelier Saint Germain de Jӧel Robuchon è il primo francese della lista, al numero 31. Mangiate il purè di Robuchon prima o poi, questo è l’unica cosa che ho il tempo di dirvi. Al 30, in brusca discesa dalla posizione numero 11, il Per Se di Thomas Keller a New York. Al 29, rientra in classifica Librije, nei Paesi Bassi. Al 28, Aqua a Wolfsburg, Germania.
Al numero 27 resiste piuttosto in alto (seppur in discesa dal 18) l’archetipo del gastrobistrot, il controverso Chateaubriand di Inaki Aizpitarte, a Parigi.
Elena Rizzo del Mani di San Paolo, la cui somiglianza con Penelope Cruz mette in dubbio la mia teoria secondo cui non si trova più di una dote in una sola persona, è la Migliore Chef dell’Anno.
Al 26, di nuovo Azurmendi. Al 25 L’Arpege, in discesa dal 16. Alain Passard è l’antesignano del cuoco-celebrità idolatrato dalle signore. Egli cucina soprattutto verdure. Vorrei dirvi di più ma non c’è tempo. Al 24, l’Amber di Hong Kong.
Al 23 uno dei capisaldi della Nuova Cucina Nordica, il Restaurant Frantzén di Stoccolma. Al 22 Vila Joya ad Albufeira, Portogallo.
Al 21 il classicissimo Le Bernardin di New York.
Il momento dello Chef’s Choice Award, che premia il ristorante preferito dagli altri cuochi nella classifica: è il D.O.M di San Paolo, Brasile. Lo chef Alex Atala non c’è, il conduttore dice che per via di “circostanze inattese” non ha potuto venire, ma lui avrebbe dichiarato, un po’ bruscamente, che “viaggia già troppo”. Viene trasmessa una segreteria telefonica di Atala che raccomanda di divertirsi al party.
Al 20 c’è Pujol, di Città del Messico. Al 19, il remotissimo Faviken di Magnus Nilsson, nel profondo nord della Svezia. Al 18 Astrid Y Gaston, il ristorante di Lima di Gaston Acurio (in leggera discesa, tanto per dimostrare che le mie teorie sono sempre infondate).
Al 17 la nuova entrata più alta, il Gaggan di Bangkok, in Thailandia. Più Asia! Confermando le mie predizioni!
Ora smetto di prendere sul personale i risultati di questa classifica.
Al numero 16 Steirereck a Vienna, Austria, che esce dalla top 10.
Al numero 15, il ristorante che è cresciuto di più in classifica: il Central di Virgilio Martinez, a Lima.
Al 14, Narisawa a Tokyo.
Al 13, il ristorante piazzato più alto in Asia: il Nahm dell’australiano David Thompson.
Al 12, Vendôme in Germania. Al numero 11, il Mirazur di Menton, Francia, dove ho fatto il mio pranzo migliore del 2013.
Sì sì, “sticazzi” ce lo metto.
Arriva la Top 10, ma prima il Lifetime Achievement, attribuito allo chef Fergus Henderson del St John Restaurant, teorico del mangiare dal naso alla coda di un animale (una cosa che esiste, ha anche un nome tecnico cioè nose-to-tail).
Al numero 10, The Ledbury di Londra. Al 9, Alinea di Grant Achatz, anche noto come il ristorante meno kid-friendly del mondo. All’8, Arzak di San Sebastian, Spagna.
Al numero 7, il D.O.M. di San Paolo, in discesa di una posizione. Al 6 il Mugaritz di San Sebastian, in discesa di due.
Al numero 5, il Dinner di Heston Blumenthal, tempio della cucina britannica antiquaria.
Al numero 4 l’Eleven Madison Park di New York, di Daniel Humm e Will Guidara. Loro fanno adeguatamente finta di essere contenti, ma volevano tantissimo essere primi, e continueranno a provarci.
A litigarsi il podio rimangono Noma, El Celler de Can Roca e Osteria Francescana. Quasi mi emoziono persino io, che sono ormai esausta.
Eh no: “conservando la sua posizione…”, comincia a dire il presentatore, e noi italiani in sala stampa facciamo subito NOOOOOOOOOOOOOOO come ai rigori sbagliati di Usa ’94, perché questo non può voler dire altro: l’Osteria Francescana di Massimo Bottura è rimasta al numero 3.
Colpo di scena! Il Celler de Can Roca di Girona, vincitore nel 2013, scende al numero 2, tra lo sconcerto degli astanti. E allora non c’è altra possibilità: un nuovo vincitore, o anche un vecchio vincitore.
Al numero 1 ritorna il Noma di Copenhagen. Io non ne avevo idea, e secondo me nemmeno lo chef Rene Redzepi, perché altrimenti si sarebbe tagliato i capelli.
Peraltro, il look scruffy non gli sta affatto male. Redzepi è talmente avvezzo alla faccenda che sta leggendo il discorso di ringraziamento che si era preparato nel 2010, visto che non aveva avuto il coraggio di leggerlo all’epoca.
Nel discorso di Redzepi, la parola “fuck” compare più spesso che nel film The Wolf of Wall Street. Ricorda i tempi duri degli inizi, quando venivano apostrofati come “seal fuckers”, che con una certa libertà espressiva potremmo definire “quelli che si in**lano le foche”.
L’ha detto Rene, no io.
La festa impazza, ma non è stato un gran anno per l’Italia: dei 4 ristoranti in classifica nel 2013, è uscito Combal.Zero di David Scabin.
Ne restano 3: con questo memo (idea e fotografia di Bob Noto, ovvero The Notorious B.O.B.) non vi potete sbagliare.
[Immagini: 50 Best Restaurants]