Basta poco per mangiare bene, ingegnarsi, bussare alla porta delle nonne, conoscere i prodotti e sapere dove comprare.
Le mode alimentari ci intasano la dispensa di abitudini poco economiche, il poco tempo ci fa infilare la mano dentro i freezer dei surgelati in direzione del salto in padella, la voglia di frutta esotica innesca acquisti di cui fino a qualche anno fa non sentivamo il bisogno.
Una via d’uscita c’è, si chiama creatività, che insieme al ricordo di quello che ci somministravano da piccoli, può aiutarci.
La gallina che non vuole nessuno per esempio, in un attimo mette in tavola tre piatti.
1. “Una volta che l’abbiamo bollita, con il brodo possiamo prepararci la stracciatella o il risotto.
2. Con la carne delle cosce, una insalatina con giardiniera per antipasto.
3. Mentre il petto si può accompagnare a una vellutata di asparagi aromatizzata con poco di limone: degli asparagi è sufficiente il gambo, da arricchire con qualche foglia di spinaci; le punte potranno essere utilizzate un’altra volta con l’uovo e una spruzzata di parmigiano”, ha racconta al Corriere della Sera, lo chef stellato Fabio Baldassarre del ristorante “Unico” a Milano.
Mangiare bene spendendo poco è un’arte riservata a pochi, eppure se buttiamo un occhio ai piatti della tradizione, il gioco viene facile.
Provo a resuscitare i piatti poveri della mia tradizione umbro toscana, ci aggiungo qualche contaminazione obbligatoria e confido nelle vostre doti di sapienti cucinieri risparmiatori per aggiungere altre ricette del risparmio.
Antipasti: miseria e nobiltà
— Panzanella. Pane raffermo e verdure che vi capitano tra le mani, senza fare i sofisticati.
— Patè di fegatini. Frattaglie di pollo, un’acciughetta, qualche cappero e il gioco è fatto.
— Misticanza o erbette, quelli che la nonna raccoglieva passeggiando. I duri e puri sanno riconoscerla, i nostalgici si ricordano ancora il sapore, tutti gli altri sono destinati a mangiare la lattuga acquosa che ci offre il supermercato.
Primi piatti: datemi un pomodoro e vi solleverò il mondo
— Pasta al pomodoro, il re dei primi, il più buono, quello che ancora mi fa leccare i baffi. Ma anche aglio e olio, burro e parmigiano.
— Zuppe di legumi, di cipolla o di patate. La cianfotta (o uno degli altri duecento nomi che ha) con patate, fave, piselli, caciofi, qualche asparago selvatico.
— Sugo genovese: cipolle e un taglio di carne non pregiato, va bene anche la spalla di manzo ricca di tessuto connettivo pronto a sfaldarsi con una pazientosa lenta cottura. Anni fa, la quantità di carne serviva a misurare la ricchezza della famiglia.
In ogni caso, primo e secondo di lusso erano assicurati. Ma non voglio fare l’errore di dimenticarmi cacio e pepe, ribollita, pappa al pomodoro, pasta con le sarde. O tutta la pasta fatta in casa: tagliatelle, gnocchi e ravioli.
Carne e pesce: se nessuno ti vuole, io ti compro
— Carne: Biancostato, punta di petto, spalla, la parte anteriore del bovino in genere per farci spezzatini, brasati senza barolo, pepati, stracotti, stufati.
Le spuntature di maiale, il rognone, il lampredotto o la trippa.
Gallina e pollo, rispolverati di gran carriera anche nei menù dei ristoranti più chic.
— Polpette e polpettoni: nessuno sa di preciso cosa ci va dentro, eppure basta qualche avanzo di carne, pane raffermo, uova, una spolverata di parmigiano, prezzemolo e sale per ringalluzzire i nostri palati distratti dal foie gras.
— Alici e sarde: Di pesci in Umbria se ne vedevano pochi: alici e sarde erano in testa alle classifiche. Davano e danno ancora tante soddisfazioni.
Dolci: scarsi ma sacrosantemente buoni
Me ne ricordo pochi e pochi ne riproduco a essere sincera:
torta di pane, sanguinaccio, crema, e frittelle di riso quelle che mi passavano più spesso sotto al naso e al palato.
L’intoccabile merenda: pane al pane
La divinità pane e pomodoro, seguito dalla fettunta o per gli amanti del dolce: pane vino rosso e zucchero, pane burro e zucchero, riso latte o lo zabaione montato dal polso bionico delle nonne.
Speciale menzione alle uova. La proteina più economica e versatile a cui dichiaro spesso il mio amore. Uova sotto la cenere, sode, fritte, strapazzate, girate, in camicia, rivoltate. Bastano a sé stesse o si arricchiscono con una verdura dell’orto. Fondamentali per produrre pasta, dolci, salse e polpette.
Poi ci sarebbe da fare un lungo discorso sullo street food o sui tanti libri (Vivere con 5 euro al giorno), i progetti (vivere con 1,20 al giorno promosso da Global Poverty Project), l’arte del riciclo e un risotto squisito mangiato di recente fatto con le bucce delle fave bollite e saltate insieme a un cipollotto.
E voi? Spendete montagne di danari per comprare o guidati da ingegno e ricordi mangiate bene spendendo poco? Avete ricette da condividere come bravi fratelli dell’Internet?
[Crediti | Link: Età dell’acquario, Live below the line, EcoCucina. Immagine: Bon Appetit]