Cene galeotte è uno dei più moderni esperimenti di riabilitazione carceraria. L’idea è che una volta riformati, i detenuti del carcere di Volterra possano lavorare nei ristoranti della città. In attesa del prossimo insegnante, Massimo Bottura, abbiamo chiesto a Paolo Gori della Trattoria Da Burde (Firenze) di raccontarci come è andata. Aiutandosi con questo video.
Le porte si aprono e si chiudono alle spalle, una guardia mi scorta lungo i corridoi freddi di una fortezza che di gente ne ha vista passare. La cucina è più fredda di una cella frigorifera, intorno ci sono i volti della mia brigata di cucina. Per un giorno e una notte. Presentazioni di rito, illustrazione del menù, i fuochi si accendono e tutto si scalda.Le cose da fare sono tante, non c’è tempo di fermarsi in cucina. In breve non si capisce più chi è fuori e chi è dentro, siamo solo la squadra che deve preparare la cena.
Certo, coltelli e mestoli di acciaio vengono contati ossessivamente (siamo sempre in un carcere!) ma per il resto tutto scorre in modo naturale. Vengo trattato con i guanti bianchi: di lavare una pentola o pulire un banco neanche se ne parla, pensano a tutto loro che lucidano tutto senza una attimo di sosta. Poi esce fuori un caffè che schiuma e riscalda come quello del bar, con una crema densa e compatta tipo moka. Ma come fanno? E a tagliare cipolle con coltelli che non son buoni neanche per il burro?
Al momento della cena tutto è pronto, aspettiamo con calma i nostri ospiti. Nel frattempo, ecco la numerosa e impeccabile brigata di sala che viene a prendere gli aperitivi. Fila tutto liscio, in breve la cena è servita. Possiamo andare a prenderci l’applauso della sala. Atmosfera calda, i camerieri mi fanno da corona e la sala applaude per la cena. Mi giro per ringraziare la brigata di cucina e sono solo.
Gli altri hanno preferito dormire qualche ora in più e farsi una doccia, domani si serve la colazione alle 6.30. Per me le porte si riaprono, è ora di tornare a casa.
Da Dissapore dico grazie alla brigata di cucina, di sala, alle guardie carcerarie, all’amministrazione penitenziaria, ai numerosi ospiti e a tutti quanti rendono possibili queste cose.